Io all’aperto non la levo la mascherina, la tengo anche quando sto per strada, e vedo chi ce l’ha diversa da me, colorata e di un altro tipo, forse comprata in un altro posto o in farmacia. È un accessorio noioso, non poter vedere la bocca; serve per nascondere la barba ma per le donne non si vede il rossetto. Mi fa male alle orecchie, mi fa venire la crosta. Io se per caso me la dimentico, devo pagare la multa, specialmente in treno; quando c’è l’annuncio di evitare di toccarsi la faccia, ma sono fatti miei, è istintivo per me toccare la faccia. Una scocciatura cambiarla ogni giorno… ma quando verrà il momento di levarla del tutto sarà una gioia per tutti. Parlo di quello che so, non è inventato, è una realtà. Certe volte rimpiango il passato, chi c’era prima e che ci ha aiutato a recitare per fare lo spettacolo, alla fine. Per me non è facile migliorare le persone, fargli fare una crescita stando assieme. Non sapere quando ci vediamo in comunità, non incontrarsi è per me una lontananza e poi in ogni casetta bisogna organizzare cosa fare, e l’attività del pomeriggio. Non solo io sento la mancanza di tutti, di chi non c’è, non potersi vedere con i mezzi pubblici e la metropolitana perché sono in altre zone di Roma. Un modo per avvicinarmi è chiedere l’amicizia su Facebook, o telefonarmi per vederci e partire per un viaggio. Io in realtà sono stato in un posto di chiesa, anche all’estero. Però c’è il problema del cibo, perché io non mangio cose che non conosco.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 157, 2021
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