Io quando non voglio stare nella mia camera, a vedere foto, dico a mia madre che cuce e fa le pigotte: «Cosa facciamo oggi che è una bella giornata di sole?» Non abbiamo altro posto oltre Nettuno, dove c’è la casa. Dalla finestra vedo il treno, appena arrivato. Io non ci vado molto spesso perché noi due siamo legati a Roma per il lavoro e le amicizie. Per andare al mare si deve fare il biglietto, mentre io sono seduto in un vagone, ci sono altre persone di altre età. Quando siamo giunti al capolinea, scendiamo e andiamo a casa, non c’è niente per posta ahimè, ci spero sempre in una cartolina, per sapere che qualcuno mi pensa, oppure basta il ricordo vero.
Al bar beviamo un cappuccino, e noto che stanno ripulendo i palazzi, bella cosa per i turisti, è una bella città poco valorizzata secondo me, senza attrattive e c’è calma piatta, ma noi la vogliamo così, tranquilla. Poi io preferisco andare al mare, perché mi piace il colore della spiaggia, con la sabbia marrone da tenere pulita, con le rocce con accanto i fiori, e il panorama, la cosa negativa è che non conosco nessuno intorno, io a volte mi aspetto novità, chi mi viene a trovare, io ci spero sempre, la vita al mare non è brutta si respira lo iodio al contrario di Roma Termini. Si vedono le barche lasciate li per parcheggio a pagamento. Io devo stare vestito perché non mi piace spogliarmi, è una mia indole. Il mare ha le onde, la salsedine, i pesci in fondo. C’è chi gioca l’estate specialmente ad agosto, ma ci vanno le persone tutto l’anno, è sicuro. Io faccio le buche con la paletta e mi bagno i piedi o mangio il gelato di cioccolato. Io spero che succeda qualcosa di bello, non lo so neanche io, fortuna in amore. Io ci spero sempre.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 158, 2021
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