Come ogni grande evento cinematografico, anche il Locarno Film Festival, arrivato alla prestigiosa 75ª edizione, fornisce un’utile mappa per capire come il mondo del cinema contemporaneo sia capace di rappresentare le diversità e le problematiche sociali. Se spesso ci si concentra sui contenuti, vale invece la pena raccontare qualcosa del percorso virtuoso che Locarno sta mettendo in pratica per potenziare altri due aspetti altrettanto rilevanti: l’accessibilità alle proiezioni e l’accessibilità all’industria audiovisiva.
Anche a Locarno la maggior parte dei luoghi di proiezione è accessibile a chi ha mobilità ridotta, come ormai indispensabile in ogni grande evento che si rispetti; spostarsi per la città può essere più complicato, soprattutto nelle strade con ciottolati, ma i bus gratuiti che spostano tra i vari luoghi del festival fortunatamente sono anch’essi accessibili. Nel loro sito internet, la cui sezione sull’accessibilità è ben curata, ci sono informazioni complete, fotografie, e un numero da chiamare per chi abbia necessità un aiuto pratico. L’accessibilità quindi è non solo garantita, ma anche ben dettagliata per chi ne abbia bisogno.
Abbiamo già scritto in passato che per i grandi festival che presentano opere in anteprima mondiale è molto difficile poter offrire versioni di questi film per chi ha disabilità sensoriali, un’altra fetta di pubblico che rischia di essere completamente esclusa. La lingua ufficiale del festival è l’italiano, ma l’evento è poliglotta, per cui i sottotitoli sono più spesso in francese o tedesco che in italiano. La grande novità è che ci sono anche ben cinque film con audiodescrizioni (in francese). Predisporre in poco tempo una buona audiodescrizione non è cosa da poco, ed è il motivo per cui i festival ne sono generalmente sprovvisti: è una grande opportunità quella di poter offrire con questo sistema anche un film del concorso ufficiale e uno di quelli per il grande pubblico proiettati di sera nella Piazza Grande da ottomila posti, oltre ad altri tre film in sezioni minori. Nel programma sono riportati anche alcuni titoli proiettati in modalità relaxed screening: luci soffuse, volume più basso, possibilità di uscire e rientrare durante la proiezione, per venire incontro al pubblico con particolari esigenze sensoriali.
A certificare l’impegno per l’inclusività senza barriere, il Festival ha organizzato anche un panel internazionale dal titolo “Disability & Inclusion in the Audiovisual Industry”. Durante il dibattito, è stato ricordato che il 25% degli svizzeri ha qualche forma di disabilità, ma non è ancora così per il 25% del numeroso pubblico che affolla le sale e che quindi non rappresenta correttamente la popolazione locale. Sono poi stati messi in luce due argomenti rilevanti che riguardano l’industria audiovisiva: la quota di mercato che riguarda la rappresentatività di chi ha una disabilità è ancora tutta da esplorare e potrebbe generare un giro di affari notevole; gli artisti con disabilità non vogliono quote di mercato obbligate, ma chiedono di potersi fare strada con il loro talento a parità di condizioni per tutti. Al panel ha partecipato Emmanuel Kelly, che con la sua compagnia di produzione Outlyer è interessato soprattutto a dare opportunità lavorative a chi si voglia cimentare anche in ruoli tecnici, come la regia, il montaggio o ogni altro mestiere di cinema e tv, anche avendo una disabilità: è lui ad avere ricordato più volte le inesplorate opportunità economiche di un’industria più in inclusiva.
L’attore Giovanni Venturini, che a Locarno ha accompagnato il cortometraggio Big Bang, ha raccontato dei suoi esordi nel circo, che dà opportunità lavorative ma in cui i corpi vengono sostanzialmente solo sfruttati, tanto che poi ha sentito l’esigenza di ribaltare la maniera in cui usare il suo corpo, creandosi da solo progetti artistici di cui avere maggiore controllo creativo. La regista Daniela Muñoz Barroso ha fatto presente come il cinema possa aiutare ad abbattere le barriere sensoriali, ad esempio quando la musica può essere percepita non solo come suono, ma anche come ritmo da parte di chi non la può ascoltare; anche la regista stessa, che ha perso gran parte della capacità di ascolto e ha imparato, come cineasta, ad ascoltare con gli occhi. Infine Melanie Hoyes del British Film Institute ha raccontato di quanto sia utile un confronto franco con le comunità delle persone con disabilità, allo scopo di correggere le proprie politiche produttive e conseguentemente spingere gli aspiranti artisti con disabilità a proporre senza remore i propri progetti.
Locarno ama definirsi il più piccolo dei grandi festival o il più grande dei piccoli festival. È però sicuramente il primo di tale importanza a impegnarsi così concretamente per una migliore inclusione di tutti gli spettatori e artisti: gli altri festival non potranno che seguire questo percorso, ancora in via di definizione ma già ottimamente tracciato.
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