Un invito a cogliere il superpotere dentro ognuno di noi, a vedere oltre quelle barriere, oltre la disabilità, e a ingaggiare sempre una relazione con chi ci appare diverso o più fragile. Cece Bell è il nome di una scrittrice e illustratrice americana che nel 2014 ha raccontato la sua infanzia di bambina sorda in El Deafo, un libro a fumetti di incredibile successo negli Stati Uniti che le è valso un Eisner Award (prestigioso riconoscimento per i fumetti, al pari degli Oscar) come miglior pubblicazione per ragazzi. El Deafo è arrivato in Italia con il titolo di Supersorda (Piemme 2017, traduzione di Elena Orlandi), e da gennaio è diventato una miniserie animata sulla piattaforma di streaming a pagamento Apple Tv+. Tre episodi di mezz’ora per raccontare la storia della piccola Cece: diventata sorda a 4 anni come conseguenza della meningite, per lei l’uso di quell’apparecchio acustico così ingombrante era persino più doloroso della sua stessa disabilità.
Erano gli anni Settanta e gli strumenti non erano ancora discreti come li conosciamo oggi: costringevano le persone sorde a indossare una scatolina sul petto (la cassa che riceveva i suoni), alla quale erano collegate delle cuffie con filo; un’esperienza sensoriale tutt’altro che agevole già solo in casa, figuriamoci tra compagni di classe o amici. Nella serie questo disagio è reso, oserei dire con discreto coraggio, ovattando la quasi totalità dei dialoghi: per restituire allo spettatore le stesse sensazioni che prova Cece, tutte le voci (a parte la sua come narrante) si sentono esattamente come le sentirebbe lei: basse, disturbate e poco chiare. Un effetto persino più efficace degli espedienti grafici del fumetto originale, dove la sordità è espressa tramite la distorsione di alcune parti di testo. Per chiudere il cerchio dalla rappresentatività e della fedeltà sensoriale, sia in originale che nella versione italiana, Cece è interpretata da una doppiatrice sorda: negli Stati Uniti è la stessa Cece Bell scrittrice a raccontarsi, in Italia è Deborah Donadio, già doppiatrice Lis in Lampadino & Caramella (vedi Ombre e Luci n. 150) e insegnante Lis per cinema e teatro.
Quando Cece si rende conto che quell’apparecchio le permette di ascoltare le persone anche a notevole distanza, si ritrova un passo avanti rispetto ai compagni. Da qui il suo fantasioso calarsi nel ruolo di supereroina: le basta indossare il suo Orecchio Fonico e, mantello sulle spalle, in un attimo è pronta a difendersi da compagne e professori insensibili! Questo le consente prima di tutto di diventare di colpo la più apprezzata della classe, e inoltre – ed è qui il punto di forza di Supersorda – di ribaltare totalmente la prospettiva della sua disabilità, da invalidante ad arricchente. Sebbene possa sembrare un espediente banale e non ripetibile con altre disabilità, offre invece l’occasione per capire che, più dei singoli sensi, sono le relazioni a essere fondamentali nella vita di una persona. Durante il racconto, Cece non si focalizza troppo sull’impossibilità di sentire, quanto su tutte le barriere relazionali che la disabilità le mette davanti; il rapporto con le amiche, con il ragazzo che le piace e con i professori sono il motivo principale del conflitto con sé stessa. Per questo Supersorda è un invito a cogliere il superpotere dentro ognuno di noi, a vedere oltre le barriere, oltre la disabilità, a ingaggiare sempre una relazione con chi appare diverso. Ripeterlo, anche con una serie tv, non è mai abbastanza.
English version:What if being deaf was a superpower?
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 157, 2021
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