C’è un film del 2007 diretto da Julian Schnabel che s’intitola Lo scafandro e la farfalla e si basa sull’omonimo libro autobiografico di Jean-Dominique Bauby, in cui quest’ultimo descrive la sua vita dopo aver avuto un ictus ed essere rimasto, all’età di 43 anni, totalmente paralizzato: l’unico mezzo che l’uomo, compianto redattore capo della rivista «Elle», possiede per comunicare col mondo è il battito della palpebra sinistra e, proprio tramite il suo occhio, riesce a scrivere il volume, trasposto poi cinematograficamente.
Ebbene, oggi, a scrivere con gli occhi sono anche Pippo Musso, Claudio A.F. Messa e Luigi Picheca (residenti nella RDS San Pietro – Progetto SLAncio, promosso dalla Cooperativa La Meridiana di Monza) insieme a tutti coloro i quali che, parimenti conviventi con la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), contribuiscono alla realizzazione di una vera e propria testata giornalistica online (Roberto Mauri ne è direttore editoriale e Fabrizio Annaro direttore responsabile). Il suo nome è, non a caso, «Scriveresistere. Il magazine di chi scrive con gli occhi».
Frutto di un laboratorio di scrittura intrapreso all’interno della citata residenza, la rivista mensile, non appena registrata nei primi mesi del 2021, ha pure visto ampliare il nucleo originario della relativa redazione. Non solo infatti Musso, Messa e Picheca: a loro si sono aggiunti, in qualità di ospiti della RDS San Pietro o di collaboratori esterni, Angelo Fardello, Laura Tangorra, Julius Neumann e Paolo Marchiori.
Lontanissime dal mondo della scrittura – almeno per gli studi intrapresi e per le professioni precedentemente svolte (tra loro, un chimico, un asfaltista di strade, un geometra, un manager e via discorrendo) – le firme di «Scriveresistere» alle parole si sono avvicinate con l’avvento della malattia (c’è pure chi è diventato giornalista e chi ha scritto vari libri). «La scrittura è stato il modo migliore per coltivare una certa apertura al mondo. Se la SLA ti rende immobile e tu hai solo il pensiero per uscire da te stesso e toccare gli altri, scrivere diventa, per l’appunto, il contatto con la realtà esterna, l’espatrio dal letto in cui ti trovi», spiega Luisa Sorrentino, psicologa e coordinatrice editoriale della rivista.
È a lei che abbiamo chiesto, non solo come sia nata l’esperienza di «Scriveresistere», ma anche, tra le altre cose, in che modo prenda vita un numero. «Dopo diversi momenti di scrittura personale e soprattutto di prove e di educazione all’utilizzo del pc a impulso oculare (le lettere dell’alfabeto presenti sullo schermo del computer vengono selezionate con gli occhi, ndc) – prosegue Sorrentino -, abbiamo iniziato a redigere articoli in totale libertà, su svariati argomenti: memorie, attualità, ampie riflessioni. Ci siamo, quindi, resi conto che creare una rivista non sarebbe stato impossibile. Eccoci qui, perciò; io – dice ancora – sono un po’ la sarta del progetto, quella che costruisce l’abito su cui mettere insieme i contributi, i pensieri e le idee dei redattori che sì, con la scrittura, si salvano dalla solitudine, fanno sentire la loro voce, superano i limiti che all’inizio sembravano insormontabili, sgretolano la sensazione di impotenza e acquisiscono nuovamente consapevolezza di sé, scoprono di amare la vita anche così».
Numero dopo numero, pertanto, c’è chi scrive di un’esperienza personale, chi lancia messaggi all’altro e chi, ancora, inventa storie di pura fantasia. «Qualunque sia la tematica affrontata – continua Sorrentino -, ogni articolo ha una sua morale e non è un gioco. Presto, probabilmente, lanceremo un Premio SLAncio di scrittura, rivolto non solo a chi è malato di SLA, ma pure verso chi vive una particolare condizione di “immobilità”, per esempio il detenuto. L’obiettivo non sarà constatarne le capacità letterarie in senso stretto, quanto la possibilità di sensibilizzare, abbattere pregiudizi, superare, attraverso il racconto, il dramma di sentirsi inascoltati».
A Luisa Sorrentino poniamo, infine, un’ultima domanda: riguarda ciò che la psicologa, a prescindere dalle sue competenze professionali, abbia imparato coordinando «Scriveresistere» e il lavoro dell’intera redazione. «Quando ho conosciuto Pippo, Claudio, Luigi e gli altri (che in media sono 60enni e convivono con la SLA da tempo, chi da 20 e chi da 5 anni), i miei ritmi di vita sono cambiati, ho trovato un tempo terzo, quello della lentezza e della riflessione. Poi – dichiara Sorrentino – ho capito ancor di più quanto sia importante dare valore al quotidiano, ai dettagli, godere delle piccole cose. Sono state le mie “penne” a insegnarmi che per essere contenti non bisogna necessariamente andare sulla Luna, basta pure il ricordo di una gita. Ho imparato, in ultimo, a sentire la mosca che vola, a dare e fare attenzione: si tratta di una lezione di vita e di speranza che questi uomini – conclude – hanno sottolineato anche nel corso della pandemia, vissuta con intelligenza. In altre parole, nonostante abbiano sicuramente risentito del fatto di non poter incontrare i rispettivi familiari, mi hanno comunicato che sì, anche io, anche noi possiamo rimanere fermi e farcela».
Insegnamenti che, dunque, hanno a che fare con il rispetto della vita, col «non compiangersi». Lo dice, nel film di cui sopra, Jean-Dominique Bauby: «Ho deciso di non compiangermi mai più perché, con l’occhio, altre due cose non sono paralizzate: la mia immaginazione e la mia memoria, i mezzi che ho per evadere dal mio scafandro». E così, attraverso la fantasia e nel silenzio, il battito del cuore può davvero diventare lo sfrigolio delle ali di una farfalla, che su «Scriveresistere», dove nessuno può bloccare il pensiero, viene descritto in tutti i suoi particolari.
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