In attesa che il vaccino inneschi la svolta nella gestione della pandemia – come fanno ben sperare gli esempi dei Paesi che sono riusciti a portarne avanti la diffusione nel contrasto ai contagi – si fa sempre più urgente guardare all’ultimo anno, ricordare cosa abbiamo vissuto senza cedere alla naturale inclinazione di sperare che tutto torni come prima e aprire gli occhi su quanto stiamo vivendo. Molti osservatori hanno espresso chiaramente l’importanza di non archiviare semplicemente un anno considerato orribile, nonostante la tentazione sia proprio questa. Il miraggio della ripartenza – soprattutto quella economica – rischia di suggerire la possibilità di un annullamento di quanto di brutto e doloroso abbiamo vissuto, che invece deve essere elaborato. Tra questi, un osservatore sempre d’eccellenza nella lotta alle ingiustizie e nello sforzo continuo di dar voce a chi non ce l’ha, è Amnesty international con le sue campagne di informazione e sensibilizzazione ai diritti sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. Il portavoce Riccardo Noury e il giornalista Luca Leone hanno curato per Infinito Edizioni un libro da tener presente, I dimenticati. Coloro che non sono ripartiti dopo la pandemia (2021). «Se davvero si parla di “ripartire come prima” allora vorrà dire che… questa esperienza collettiva… non ci avrà insegnato niente». Perché questa ripartenza lascerebbe dietro di sé parecchi temi e persone che hanno patito la pandemia ancora di più e sotto vari punti di vista: pandemia che non solo ha creato una crisi globale come evento del tutto inatteso (in realtà, non inattendibile) ma ha soprattutto reso evidenti le molte fragilità che accompagnavano già prima le nostre esistenze e i nostri territori. Il tessuto sociale ha mostrato tutte le sue disparità e irregolarità, rivelandosi ancora lontano dall’idea di comunità che cerchiamo di costruire, garante di diritti che riteniamo indispensabili alla dignità di una civiltà che vuole ritenersi tale.
Nel libro viene condiviso un progetto collettivo con alcune personalità riconosciute per le loro competenze e la loro passione civile; a queste i curatori affidano di sottolineare e descrivere le fragilità emerse in questo periodo. Il lungo elenco di temi spazia dai bambini e gli adolescenti agli anziani; dagli alunni con disabilità e i loro genitori ai minori stranieri non accompagnati; dalle persone a rischio di usura ai braccianti sfruttati; dai senza casa e i baraccati ai carcerati; dai tanti operatori dello spettacolo a quelli del terzo settore… mettendo in fila le tante realtà ed esperienze nelle quali la pandemia ha però solamente reso evidente una già nota debolezza. Tutte condizioni che non hanno trovato giovamento dalla rete di protezione familiare, amicale, sociale e culturale che anzi, in alcuni casi, sembra essersi trasformata in una ragnatela che ha solo intrappolato. Quando siamo precipitati nella prima fase della pandemia, l’urgenza ha fatto sì che tante di queste fragilità, tra le quali quelle delle persone con disabilità, fossero dimenticate dai provvedimenti iniziali, corretti poi in fase di chiarimenti successivi. Per tante di loro, neanche la fine del lockdown più duro ha potuto significare “la boccata d’aria tanto attesa”, come sottolinea Alessandro Forlani nel capitolo dedicato alle difficoltà vissute dalle persone con disabilità: se per alcuni è stato possibile uscire solo accompagnati, altri in case famiglie o istituti, sono rimasti di fatto confinati nelle loro abitazioni/residenze; per quelli che usufruivano di centri diurni, ogni attività fuori casa è stata sostanzialmente ridotta o del tutto bloccata, con immaginabili ricadute sulle persone stesse e sui loro caregiver.
In molte altre situazioni, il senso di solitudine ha portato con sé molti amari frutti insieme all’ansia e all’angoscia; tutte quelle situazioni già connotate da fragilità personale o del sistema familiare di appartenenza hanno visto un incremento di disturbi psicologici. Nei bambini e negli adolescenti – sottolineano Chieffo e Moriconi del Gemelli di Roma – è stata registrata una maggiore sofferenza psicologica laddove è emersa un’insufficiente connessione emotiva con i familiari dovuta una ridotta condivisione tra le mura domestiche. La dimensione “casa”, poi, è tematica decisamente trasversale, come quella dell’occupazione più o meno precaria: entrambe hanno comportato, nella loro assenza o precarietà, situazioni di grosso svantaggio che sarà necessario sanare. Difficile scegliere quale delle categorie investigate meriti attenzione più di altre, evidentemente nessuna.
Scorrere questo rapporto, le cui pagine a volte sono fin troppo rapide ed essenziali, nello stile di una denuncia che tende però a tralasciare – forse per l’urgenza – una indispensabile complessità che attraversi le differenti tematiche, lasciano quasi tramortiti dalla mole di questioni che pongono, di ingiustizie delle quali rischiamo di divenire complici. Le indicazioni finali a cura di Amnesty sull’utilizzo degli importanti investimenti annunciati con il Recovery Fund non bastano a tranquillizzarci che saremo in grado dare le giuste risposte ma almeno ci aiutano a dare carne e ossa a chi ha rischiato, e rischia, di sopravvivere, nella migliore delle ipotesi, solo come un fantasma.
I dimenticati. Coloro che non sono ripartiti dalla pandemia
Autore: Riccardo Noury e Luca Leone
Editore: Infinito edizioni
Pubblicato: Pagine: 125 pagine
Prezzo: 12€
ISBN: 8868614863
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