Nel teatro integrato non conta l’età, non conta la conformazione fisica, la struttura mentale, le prestazioni, non c’è giudizio. È un percorso che stimola ognuno a superare i propri limiti, mette in luce le risorse di ognuno, in cui ognuno si sente accolto e parte attiva del gruppo. E nel quale dall’io si passa al noi.
Elisa ce lo racconta nell’esperienza della figlia Veronica con suo marito Alessandro.
Il teatro, fare teatro integrato, diventare attore per una rappresentazione, può aprire porte in ciascuno di noi che altrimenti sarebbero rimaste lì chiuse a chiave. Spesso non si ha la voglia di andare a cercare quella chiave e la curiosità di vedere cosa c’è dietro quella porta si ferma proprio davanti ad essa. Il teatro integrato è spesso quella chiave che non soltanto apre alcune porte ma ci dà la possibilità di varcarne la soglia. Una volta entrati lo stupore, l’incredulità, la paura iniziali lasciano il posto all’incontro, alla soddisfazione, alla gioia.
Questo è ciò che si prova alla fine di una rappresentazione dove gli attori, disabili o no, si integrano, si fondono a tal punto da risultare una vera felice famiglia. I risultati che si ottengono quando si parla di teatro integrato sono stupefacenti. Non vi è soltanto fusione, aiuto reciproco, comprensione, rinascita, vero amore ma anche una sensibilità e pazienza senza confini. Il teatro così concepito è luogo di crescita, dà la possibilità di uscire da sé, di incontrare l’altro, di confrontarsi, di aprirsi al cambiamento, di prendere coscienza delle proprie capacità e soprattutto di essere gratificati. Tutto ciò, per esperienza diretta, ha permesso a mia figlia e al marito di rafforzarsi, di far emergere le proprie potenzialità, di vedere riconosciute le proprie capacità, con conseguente aumento dell’autostima, in fondo di riconoscersi. Si sono sentiti maggiormente all’altezza in varie situazioni. Durante quest’ultimo triste periodo che tutti abbiamo vissuto, hanno gestito autonomamente ed egregiamente il quotidiano. Hanno organizzato le loro giornate cadenzando varie attività, rispettando orari e modi. Si sono cimentati in cucina diventando cuochi e pasticceri, fino a superare nella riuscita di piatti e dolci anche me. L’esperienza del teatro integrato li ha spinti ad avere iniziativa, una particolarmente lodevole. Tutti i giorni, dall’inizio della pandemia e sfruttando le qualità canore, regalano il video di una canzone, sempre diversa, a tutti gli amici. Questo è diventato un appuntamento fisso e atteso ogni giorno da tutti e che ancora continua. Importante perché fatto di impegno, costanza e tanta voglia di migliorare e diversificare la loro performance. Si sono dimostrati sempre attenti a supportarci esternando il loro affetto senza farci mai mancare un sorriso.
Mia figlia dislessica ha associato allo spettro (per lei) della lettura un momento ludico con i nipotini che adora, leggendo loro ogni pomeriggio una storia; ha avuto così motivazione, si è messa in gioco mettendo da parte l’ansia prestazionale.
Ho chiesto ai ragazzi di dare il loro parere e le loro riflessioni e Alessandro mi ha detto: «Prima di entrare in questo percorso di teatro integrato sei fuori e hai un momento di riflessione, poi una volta dentro ti rendi conto che stai iniziando una nuova avventura che comporta delle difficoltà nascoste. Quando inizi il percorso le cose da affrontare sono l’accoglienza e la collaborazione e soprattutto devi pensare che non deve diventare un momento di esclusione dal gruppo perché, durante il cammino, difficilmente capita che non ti fanno partecipe del programma».
E Veronica: «Ci vuole buona volontà, saper essere attenti, essere nel momento presente, serve studio, impegno. All’inizio io non volevo andare, poi spinta dagli altri mi sono trovata bene. Mi sono sentita gratificata, sono meno timida, più sciolta, mi sono aperta e ho imparato a trovare soluzioni immediate».
Il teatro integrato è quindi soprattutto scoperta, plasma, trasforma fino a farti recitare una nuova, diversa, migliore e a volte inaspettata realtà.
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