Le immagini parlano spesso ben più delle parole: ce ne siamo resi conto seguendo il Festival dei Diritti Umani di Milano (quinta edizione) dedicata al tema della disabilità. Il titolo scelto Da vicino nessuno è disabile è stato esplorato da esperti e testimoni invitati a farsi conoscere e a sfatare luoghi comuni, per riflettere insieme su una delle categorie di persone maggiormente discriminata nei suoi diritti primari (salute, lavoro, mobilità, istruzione, voto, libera scelta di vita…). Il festival ha una vocazione fortemente educativa che si realizza in un coinvolgimento diretto degli studenti di alcune scuole superiori e dell’Università Statale di Milano; avrebbe dovuto svolgersi in sedi diverse e in tempi più lunghi ma l’emergenza covid ha costretto gli organizzatori a riprogrammarlo in una versione ridotta e solo online. Purtroppo gravi problemi tecnici ne hanno impedito una fluida fruizione nella prima giornata e in parte della seconda. Problemi ai quali si è deciso di supplire con una giornata supplementare di incontri. Resta comunque un sito abbastanza ricco di stimoli e lo streaming per chi volesse rivedere alcune conversazioni.
Una riserva va espressa, secondo noi, nella scelta di toccare anche temi legati ad altre marginalità esistenziali (come la malattia mentale, l’immigrazione, l’istituzione segregante carceraria) che rischiano di fare poca chiarezza sulla condizione di disabilità così come intesa anche dalla Convenzione Onu che dal 2006 è riferimento imprescindibile per i diritti delle persone con disabilità.
L’universo delle disabilità – come sottolineato ad esempio dalla scrittrice Claudia Durastanti nel suo intervento – è già così variegato e scarsamente rappresentato che continua a correre sempre il rischio di venire rimosso. Ricordava d’altronde il sociologo Ciro Tarantino, citando Julia Kristeva, che la disabilità dichiara la fragilità esistenziale di cui tutti siamo portatori ma che cerchiamo in ogni modo di dimenticare.
Un discorso a parte va fatto per la pregevole selezione di foto, corti, documentari e film, fatta per raccontare la disabilità. Ad esempio nel progetto di Paolo Manzo che ha incontrato Mario, paraplegico in seguito a un tuffo in mare. Il loro incontro ha determinato la possibilità di un racconto per immagini dal titolo M: tre declinazioni della lettera nella vita di Mario, di sua madre e del rapporto mai cessato con il mare, a Napoli. Una vita che ha sempre più necessità di attingere alle forze non solo della madre per essere parte attiva della sua comunità. Il reportage di un incontro che riesce a entrare nel quotidiano e personale di Mario, riuscendo a farlo con tangibile attenzione.
O nel corto La sedia di cartone in cui Marco Zuin racconta la creazione di un oggetto semplice, geniale – e bello! – per un bambino keniota. Se prima il piccolo, con una importante idrocefalia, non poteva che star accomodato dalla mamma in un divano oppure in braccio a lei, l’arrivo della sedia gli consente nuove prospettive e soprattutto lo rende visibile allo sguardo degli altri nella sua comunità. La costruzione della sedia, fatta da mani abili e creative, con un materiale spesso di scarto ma anche leggero e resistente, è molto suggestiva.
Le foto, come anche quelle create da Paola Cominetta che raccontano il daltonismo (vedi foto in fondo all’articolo), o i documentari (When We Walk, À l’école des Philosophes e L’estate più bella, tutti in anteprima sul canale Vimeo per i giorni del festival) sono un mezzo fondamentale per creare immedesimazione con la condizione che si vuole raccontare. Primo passo per avviare il necessario cambiamento di sguardo e sensibilità, e sostenere una maggiore educazione per una “collettività nazionale come quella italiana” che, sottolinea Luigi Manconi in una delle conversazioni con la sua voce “tonitruante”, sembra avere “una persistente, testarda, ostinatissima arretratezza nel senso civile”* proprio nei confronti delle persone con disabilità. Cui è necessario, davvero, porre rimedio.
* (così l’ha definita lui stesso dopo che il conduttore l’aveva annunciata invece come stentorea…)
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