Cinema e disabilità: i 3 film di Armando D’Amato
Abbiamo chiesto ad alcuni critici e appassionati di cinema di elencare 3 film che affrontano il tema della disabilità. Armando D’Amato ha scelto questi.
Armando D'Amato
Classe 1976, brillante nell’istruzione di Stato fino al ‘99 anno nel quale comincio un percorso psicoterapico. Le mie due grandi passioni sono suonare la chitarra acustica e cantare e studiare.
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Indice Cinema e Disabilità
Introduzione
Gli altri siamo noi di A De Simone
3 Film secondo
Federica Aliano
Claudio Cinus
Alessandro De Simone
Adriano Ercolani
Andrea Guglielmino
Gabriele Niola
Emilio Ranzato
Emanuele Rauco
Enrica Riera
Valerio Sammarco
Giorgia Sdei
Boris Sollazzo
Edoardo Zaccagnini
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Ho scelto questi film, che non affrontano direttamente il tema della disabilità, perché sono i primi che mi sono venuti in mente, e penso che mi sono venuti in mente perché mi hanno richiamato il mio sguardo disabile, di me disabile che affronto un’opera d’arte. Perché mi hanno emozionato?
City of God
(Cidade de Deus, Brasile, Francia, USA, 2002, durata 130 minuti) – Regia di Fernando Meirelles. Con Alexandre Rodrigues, Matheus Nachtergaele, Seu Jorge, Leandro Firmino da Hora, Alice Braga
City of God mi ha aperto il mondo della vita nella favela brasiliane. Luoghi estremi dove la povertà fa da padrone e dove c’è una vitalità e una voglia di vivere capaci, talvolta, di trasformare la sofferenza nell’esaltazione della vita. C’è poi il personaggio di Buscapè che nel film viene trattato come un bianco in mezzo ai neri e incitato a diventare giornalista. Ho provato una forte immedesimazione nei suoi confronti perchè anche io, a Torre Maura, il quartiere dove vivo, mi sono sentito spesso come un bimbo nero in mezzo a tanti bianchi che mi hanno incoraggiato a studiare e a migliorare me stesso.
La 25ª ora
(25th Hour, 2002, durata 134 minuti) – Regia di Spike Lee. Con Edward Norton, Philip Seymour Hoffman, Anna Paquin, Rosario Dawson, Brian Cox.
Questo film esprime il rifiuto del bullismo e del nonnismo, cose che ho subito forti sulla mia pelle di bambino. Ai miei occhi di disabile ciò che risalta più di tutto è che la figura di uno spacciatore sia una figura assolutamente morale (richiamando un altro film Sweet Sixteen, di Ken Loach ma magari ne parliamo un’altra volta) al quale tocca – quasi come ulteriore condanna – di avere 3 giorni liberi prima di entrare in carcere. Il boss gli suggerisce di malmenare un detenuto che non ha amici per ottenere un duplice risultato: dimostrare rispetto per le persone che contano in carcere e fare il lavoro sporco. Questa pusher, questo poco di buono, si rifiuta coinvolgendo il suo più caro amico. Questa scena, molto forte, mi ha fatto pensare al concetto di “fuoco amico”, cioè quando che è un amico a farti del male nella speranza di ridurre un male maggiore. E al concetto di guerra giusta e ingiusta: esistono guerre giuste?
L’uomo del treno
(L’homme du train, Francia, 2002, durata 90 minuti) Regia di Patrice Leconte. Con Jean Rochefort, Johnny Hallyday, Jean-François Stévenin, Charlie Nelson, Pascal Parmentier.
L’uomo del treno è apparentemente un film più leggero, ma, come tutti i film francesi, molto profondo. Il film racconta di come si intreccino i destini di un professore di provincia con quello di un bandito, rapinatore di banche. La domanda di fondo sottesa al film è chiedersi come possa nascere un’amicizia così intensa e profonda fra due persone agli antipodi. I loro destini si incontrano quando entrambi rischiano la vita: uno perchè ferito durante una rapina e l’altro per un infarto e la conseguente operazione chirurgica a cuore. Anche qui ritorna il tema dell’amicizia, trattato in questo caso in maniera sottile e delicata. Mi sono immedesimato in entrambi i personaggi sentendomi, paradossalmente vicino ora a uno ora all’altro.
Speciale Cinema e disabilità
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