Il nome del nostro movimento, Fede e Luce, è composto da due parole bellissime. Indicano due dimensioni della nostra esistenza senza le quali sarebbe difficile sopravvivere alle difficoltà che, più o meno quotidianamente, tutti incontriamo. E se non tutti credono nel valore della fede – se percepito nel suo senso religioso- sappiamo almeno, perché la vita abbia davvero un qualche senso…, quanto fondamentale sia la fiducia tra esseri umani che dall’aver fede deriva. Eppure, nel raccontare la nostra esperienza di comunità, nell’invitare nuovi amici e nuove famiglie, spesso, anche solo nominandoci come Fede e Luce, sperimentiamo una certa difficoltà e diffidenza, facciamo fatica a far capire chi siamo, cosa viviamo insieme, quali sorprese di bene si esprimano negli incontri che riuniscono persone con disabilità mentale, le loro famiglie e i loro amici. Spesso preferiamo superare l’ostacolo dicendo Vieni e vedi perché, in effetti, è questo l’obiettivo… coinvolgere in questa storia, dove si sperimenta l’amicizia in modo nuovo.
Gli auguri dei coordinatori provinciali per questo Natale appena passato, esplicitano queste dimensioni: Liliana Ghiringhelli ci fa partecipe della gioia di tante feconde opportunità e ringrazia Dio di “averci chiamato in questa storia”; Pietro Vetro ci ricorda le ragioni del chiamarci Fede e Luce, anche con le parole di Mariangela Bertolini: ci chiamiamo “Fede” perché “siamo tutti amati da Dio così come siamo” e ci chiamiamo “Luce” perché i “piccoli” mettono in noi una luce che ci rivela la nostra vera persona; Vito Giannulo augura memoria – nel saper “ricordare i frutti del suo amore”- e coraggio – “ci vuole coraggio ad ammettere che le cose belle, per chi crede in Dio, superano quelle brutte. Parafrasando il nostro motto, si può dire che ci vuole più coraggio ad accendere una luce che a maledire l’oscurità” (le lettere integrali sono disponibili sul sito fedeeluce.it).
Come scrive ancora Pietro Vetro nei suoi auguri, abbiamo scoperto “la gioia di stare insieme”: chi porta ferite a volte tanto evidenti – e di cui non ha nessuna colpa- e che proprio per quelle ferite viene messo da parte- e chi ha ferite forse meno visibili; imparando, ogni volta ad ogni incontro, a farci i conti insieme: sperimentare una vera umanità non illudendoci mai di essere perfetti, compiendo errori. Quella umanità che non ci fa chiudere in noi stessi, che ci fa guardare all’altro, anche in questo tempo di venti tanto contrari, in cui ci fidiamo sempre meno gli uni degli altri, che tanto spinge ad alimentare le nostre paure e poco le nostre speranze.
Ci stiamo interrogando parecchio su come raccontare Fede e Luce ora che stiamo sempre più movimentando i nostri modi di comunicare e raccontare attraverso i canali social. Ultimi arrivati, Whatsapp e Instagram, dopo la pagina Facebook e Twitter. E vorremmo farlo nel modo più efficace e corretto possibile. Chi può e vuole, ci tenga d’occhio e ci dica se lo facciamo nel modo giusto.
Anche con Ombre e Luci, l’obiettivo è sempre quello di raccontare l’esperienza vissuta nelle comunità, più o meno esplicitamente. Così anche in questo numero troverete testimonianze come quella di Arianna, che si è messa in gioco per coltivare le proprie amicizie senza l’uso di braccia e gambe, di Lucia, per tanti anni a servizio del movimento, di chi ha riconosciuto un compagno di viaggio preziosissimo in Angelo Volpi e di altri che attraverso le loro associazioni o i loro libri, testimoniano con coraggio la memoria di essere in cammino, insieme. Ciascuno in movimento, in un viaggio che confidiamo sia illuminato dalla guida di una preziosa stella e in cui cerchiamo e riconosciamo, con il cuore di un bambino, la buona méta.

Epifania, festa dei cercatori di Dio. (…) Il Vangelo racconta la ricerca di Dio come un viaggio, al ritmo della carovana, al passo di una piccola comunità: camminano insieme, attenti alle stelle e attenti l’uno all’altro. Fissando il cielo e insieme gli occhi di chi cammina a fianco, rallentando il passo sulla misura dell’altro, di chi fa più fatica. Poi il momento più sorprendente: il cammino dei Magi è pieno di errori: perdono la stella, trovano la grande città anziché il piccolo villaggio; chiedono del bambino a un assassino di bambini; cercano una reggia e troveranno una povera casa. Ma hanno l’infinita pazienza di ricominciare. Il nostro dramma non è cadere, ma arrenderci alle cadute. (…) Il dono più prezioso che i Magi portano non è l’oro, è il loro stesso viaggio (…). (padre Ermes Ronchi, Avvenire 3/1/2019 – grazie a Bruno Galante che l’ha condivisa con noi!).

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.144, 2018

Copertina_OeL_144_2018

In movimento ultima modifica: 2019-01-14T15:58:56+00:00 da Cristina Tersigni

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