Lo sport non contempla diversità. Per praticarlo è necessario il rispetto di un’unica regola: essere disposti ad accettare se stessi e gli altri. Negli spazi dell’associazione culturale WSP Photography, lo scorso 22 novembre è stata inaugurata la mostra fotografica En Garde a cura di Fabio Renzi, incentrata sulla vita di Andrea Pellegrini, campione paralimpico di scherma. Con uno sguardo sincero e senza filtri, gli scatti in bianco e nero raccontano le difficoltà e i sacrifici che si celano dietro una medaglia. Ripercorrendo i momenti significativi della vita di Pellegrini, a partire dal tragico incidente ferroviario che, a vent’anni, lo privò di uno degli arti inferiori, la macchina fotografica di Renzi non sembra essere interessata tanto alle vittorie sportive di Andrea, quanto alle piccole conquiste della vita quotidiana; quelle di un padre e di un uomo che ha saputo reinventarsi, trovando del buono in ciò che la vita gli ha riservato. La storia dell’atleta paralimpico Pellegrini, così come la mostra, ha inizio il 24 novembre 1991 alla stazione ferroviaria di Ladispoli, di cui vediamo una fotografia in apertura dell’esposizione.
Vittima di un incidente e trasportato d’urgenza all’Aurelia Hospital, Andrea subisce vari interventi, ma nonostante gli ottocento punti di sutura perde una gamba. Il giovane vede dunque svanire la possibilità di tornare a praticare qualsiasi disciplina sportiva che – come l’amato surf da onda – implichi l’uso delle gambe. “Dopo l’incidente – racconta – dovevano legarmi al letto, non facevo che urlare. Guardavo la gamba amputata e pensavo che tutto fosse tremendamente ingiusto. Non mi accettavo”. Il ricovero è duro, ma in ospedale Andrea fa la conoscenza di alcuni ragazzi che gli cambiano la vita, aiutandolo a recuperare la speranza. Uno di questi, paralizzato dalla vita in giù, un giorno lo fa riflettere su quello che, di fatto, non ha perso, ovvero la mobilità degli arti inferiori (perché avere entrambe le gambe non significa necessariamente poterle usare). Da quel momento la prospettiva di Pellegrini cambia radicalmente e per la riabilitazione, su consiglio dei ragazzi, si rivolge all’istituto Santa Lucia di Roma, eccellente centro di recupero che vanta una serie di aree attrezzate per l’attività fisica, e che offre l’opportunità di seguire varie discipline, tra cui il basket e la scherma. Per quest’ultima Pellegrini sviluppa una grande passione che lo porterà a ritagliarsi un posto nella squadra della nazionale paralimpica. Numero uno nella sciabola, Pellegrini emerge anche nel basket, come rivelano gli scatti presenti in mostra, mentre nella scherma ottiene nove medaglie – di cui un oro ad Atene nel 2004 – diventando fonte d’ispirazione per molti. La scherma è la sua resilienza, la disciplina che gli permette di migliorarsi giorno dopo giorno, accettando se stesso e imparando a convivere non solo con le vittorie ma soprattutto con le sconfitte. “Si vince e si perde. Nella vita – ha affermato durante l’inaugurazione – non è sempre tutto bello, e quando il destino ci riserva una vittoria, dobbiamo saperla riconoscere e tenerla a mente”.
Oltre ad Andrea Pellegrini, il 22 novembre erano presenti Fabio Renzi e Diana Pintus – coordinatrice del progetto Storie Paralimpiche, blog itinerante che segue gli atleti con disabilità in diversi paesi del mondo – che hanno colto l’occasione per presentare al pubblico la biografia dell’atleta dall’omonimo titolo En Garde, un libro finanziato da ITOP SpA Officine Ortopediche in cui immagini e testi restituiscono una descrizione intima e fedele della personalità di Andrea. Ciò che sorprende dell’esposizione (che resterà aperta fino al 12 dicembre) è la scarsa quantità di foto relative ai momenti di gloria agonistica dell’atleta, come quella in cui sferra il colpo decisivo all’avversario durante i Mondiali del 2017. Il fotografo, infatti, preferisce mostrare la semplicità del quotidiano di Pellegrini, che ritrae a casa, insieme ai figli, durante il ritiro prima di una gara o mentre compie azioni comuni, come farsi la barba. Lo scopo del progetto è dunque quello di mostrare le vulnerabilità di un uomo che, gracile come la sciabola che impugna, si flette senza mai spezzarsi, e forte del suo difficile trascorso va incontro al futuro mettendo la vita “in guardia”. Una mostra suggestiva, che sprona a seguire l’esempio di vita del campione che nel 2018 si è ritirato dalla nazionale per dedicarsi ai ragazzi del centro Santa Lucia di Roma, nella speranza che “grazie allo sport” tornino a “sorridere” e a “regalare sorrisi”. Una possibilità – afferma – che ho avuto io, dopo il mio incidente”.