All’epoca vivevamo in Belgio e Gianluca ha avuto la fortuna di iniziare dall’età di due anni un programma sperimentale utilizzato con i bambini Down che prevedeva l’inserimento di un linguaggio gestuale fin da molto piccoli. Negli anni seguenti, ritornati in Italia, ci furono poi molti tentativi per sviluppare la comunicazione di Gianluca usando varie tipologie di comunicazione aumentata alternativa finché a 12 anni mi resi conto che la logopedia classica con Gianluca era arrivata ad un punto morto.
All’epoca la poca comunicazione passava attraverso gesti “personalizzati” e comprensibili unicamente alle persone che lo seguivano quotidianamente e fu in quel periodo che sentii parlare della dottoressa Luisa Gibellini, fondatrice della Cooperativa Le Farfalle che usava la LIS con bambini disabili udenti. La contattai e le chiesi se pensava poter prendere mio figlio in terapia. Da lì iniziò il cambiamento di Gianluca.
Molti hanno considerato questa mia scelta un azzardo! Più di 10 anni fa, e spesso ancora ora, si considerava che introdurre la LIS come canale di comunicazione principale avrebbe significato ghettizzare i ragazzi, avrebbe impedito loro di imparare a parlare. Pochi realizzavano il valore di sviluppare una forma di comunicazione che permettesse di soddisfare i bisogni cognitivi e comunicativi. Infatti, come spiega Valentina Colozza in un recente articolo, «Il ruolo dello sviluppo del linguaggio nei primi anni di vita del bambino è fondamentale per uno sviluppo egosintonico*: l’impossibilità o l’interruzione di questa capacità ha conseguenze infatti su tutte le aree dello sviluppo, da quello cognitivo a quello psichico. Non poter esprimere i propri pensieri, porta la persona a dover usare il corpo per esternare le emozioni producendo condotte aggressive verso se stessi o gli altri, disturbi del comportamento, ma anche sintomi legati alla somatizzazione (dolori fisici cronici, eczemi, asma e dermatiti)».
Quando iniziai il percorso con Gianluca non avevo ben chiaro cosa fosse esattamente la LIS e come la maggior parte delle persone pensavo alla LIS come ad un linguaggio mimico. Seguendo i corsi invece scoprii che è una lingua sotto tutti i punti di vista, che utilizza un canale visivo-gestuale in cui gli occhi ascoltano e le mani producono, che ha regole di grammatica e una sintassi. Pensavo fosse una lingua universale, invece le lingue segnate sono differenti per ogni paese esattamente come le lingue vocali e sono ricche di variabili dialettali. La LIS si impara infatti esattamente come qualsiasi altra lingua vocale!
Gianluca ha dunque cominciato ad imparare a 12 anni questa nuova lingua! Una lingua che richiede un buon livello di motricità fine, lateralizzazione, coordinamento, riconoscimento dell’altro. Tutte abilità che Gianluca non aveva ma che ha sviluppato motivato dalla voglia di comunicare, dal fatto di avere uno strumento alla sua portata. Non è stato facile, ha dovuto lavorare molto, ha avuto persone che si sono dedicate con entusiasmo all’insegnamento della LIS. Seguiva tre ore di logopedia la settimana in LIS, è stato aiutato da un programma di sviluppo neurologico studiato dagli Istituti Fay, che ha lavorato sulla implementazione delle capacità di base, dalla presenza a scuola di Silvia l’assistente alla comunicazione, e di Fabiana a casa, dalle sorelle, da Fattha (l’assistente personale di Gianluca, ndr) ed io che abbiamo tutti imparato e usato la LIS a casa. Una vera full immersion!
Tutto questo è servito. Gianluca ora si fa capire sulle cose semplici verbalmente e per le cose più complesse con la LIS, segue una terapia da una psicologa segnante che gli permette di affrontare i propri disagi, ha iniziato un percorso di vita autonoma con i gruppi dell’Associazione Ceralaccha, fa teatro con il Laboratorio integrato Julien e guida i go-kart…
Non credo esista una soluzione unica o perfetta per risolvere le difficoltà di comunicazione dei nostri figli ma non prendere in considerazione l’uso della LIS è privarsi di uno strumento potentissimo, duttile e gratificante.
Certamente le difficoltà ci sono… quando Gianluca ha un problema in tram non può chiedere aiuto, se si perde non può chiamare casa e dirci il nome della strada, i suoi coetanei lo guardano come un UFO così come la gente per strada… Ma la scelta è tra comunicare con solo una piccola parte della popolazione o non comunicare proprio, è tra sviluppare le proprie abilità e rimanere senza speranza.
Gianluca ha fatto tanta strada, l’ha fatta grazie a delle persone che si sono impegnate a mille! Tante, tante persone da ringraziare dal più profondo del cuore per avere creduto in lui e averlo sempre sostenuto!
*In psicologia si dice egosintonico un qualsiasi comportamento, sentimento o idea che sia in armonia con i bisogni e desideri dell’Io, o coerente con l’immagine di sé del soggetto.
La comunicazione multimodale
La dott.ssa Gibellini spiega alcune caratteristiche dell’approccio comunicativo che ha utilizzato con Gianluca e con tanti altri bambini sordi o udenti.
La comunicazione multimodale é l’approccio educativo che la Cooperativa Le Farfalle propone per i bambini/ragazzi udenti che presentano una grave disabilità comunicativa. Non è un metodo ma una metodologia che si avvale di molti strumenti: la lingua italiana in ogni sua forma (orale, scritta, segnata), la lingua dei segni italiana (LIS), i simboli e le immagini.
Quando il bambino manifesta l’intenzione di voler comunicare ma ha difficoltà ad esprimersi con la voce si può, tramite la LIS, offrire una lingua alternativa che almeno momentaneamente risponda alle sue esigenze comunicative, senza escludere la possibilità che poi in futuro possa apprendere e parlare la lingua italiana.
I primi tentativi a Roma risalgono al 1996. Precedentemente alcuni operatori si erano impegnati ad offrire un approccio educativo bilingue ai bambini sordi ritenendo giusto e rispettoso offrire loro la possibilità di acquisire spontaneamente la propria lingua naturale.
«Ogni bambino sordo, qualunque sia il livello della sua perdita uditiva, dovrebbe avere il diritto di crescere bilingue. Tramite la conoscenza e l’uso della lingua dei segni come della lingua orale, nella sua forma scritta e, ove possibile, parlata, il bambino potrà acquisire appieno le sue capacità cognitive, linguistiche e sociali». (Francois Grosjean) Grazie alle esperienze acquisite nel campo dell’educazione bilingue per i bambini sordi, abbiamo insegnato ai bambini udenti con grave disabilità comunicativa a far “parlare le loro mani”.
All’inizio si è pensato solo di offrire una lingua alternativa viste le difficoltà di alcuni bambini/ragazzi, ad articolare i suoni e le parole della lingua italiana. Ma poi ci siamo accorti che l’uso della LIS poteva favorire anche la comprensione dell’italiano. I bambini udenti che ci venivano affidati spesso presentavano anche altre difficoltà: epilessia, disprassia, ritardo cognitivo e comportamenti disfunzionali spesso riconducibili alla mancanza di comunicazione. Questi bambini, proprio a causa del ritardo cognitivo, hanno difficoltà a decodificare il linguaggio orale mentre sono facilitati nella comprensione del messaggio se viene espresso in lingua dei segni che proprio per il suo tipo di costruzione, diversa da quella dell’italiano, permette di vedere ciò che si intende comunicare.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.142, 2018