Alla nascita dell’OCH, il 13 ottobre 1963, l’idea, che accarezzavo quotidianamente, di una rivista speciale per le persone con handicap e i loro genitori, diventa come un seme e, ben presto, una radice nel mio cuore. Non abbiamo nè tempo nè denaro, ma mi sento attanagliata dalla sofferenza delle famiglie. La loro vita è spesso molto dolorosa, in una società che molte volte ignora la loro situazione, compresa la Chiesa. La catechesi specializzata, lanciata in Francia da padre Bissonier è al suo debutto. Pochi servizi, poche scuole. Certamente ci sono genitori molto motivati, che si sono messi all’opera. Hanno creato delle associazioni, tra le altre l’Unapei (federazione di associazioni in favore dei diritti delle persone con handicap – n.d.r.) che porta avanti un consistente lavoro, ma ciascuna ha un suo bollettino interno, centrato sull’handicap dei propri aderenti e rispetta una stretta neutralità. Prendo allora contatto con queste associazioni, dando assicurazione che non faremo loro concorrenza, ma che saremo complementari.
Dove trovare dei fondi? Il direttore di una casa editrice cristiana tenta di dissuadermi: “Il suo progetto è destinato al fallimento”. Siamo negli anni sessanta, “Dio è morto”. La preparazione di una legge sull’aborto comincia a tormentare gli animi. Degli esperti sono incaricati di fare un’analisi economica chiamata “costi/benefici”. Non sarà più conveniente organizzare un depistage sistematico di tutte le donne incinte, piuttosto che prendere in carico i loro figli se questi hanno un handicap? L’eugenismo bussa alla porta.
Ultima risorsa, lo Spirito Santo
Il consiglio di amministrazione dell’ OCH mi da fiducia e decide di inserire la pubblicazione della rivista nel budget, nella misura in cui un numero sufficiente di persone si impegnano ad abbonarsi. L’équipe è minima: con me che continuo ad assicurare, tra l’altro, la direzione dell’OCH e il coordinamento internazionale di Fede e Luce, una segretaria a tempo parziale, padre Bissonnier al volo… Fortunatamente c’è un nucleo di persone molto motivate: genitori, educatori, sacerdoti, catechisti specializzati…
La scelta di un nome è prioritaria. Deve significare identità, missione, dare le ali che ispirino il volo, il varco verso la luce di Dio, come fece la colomba di Noè dopo i quaranta giorni di oscurità nell’arca. Dallo smarrimento, dalla disperazione, dalla rivolta, si passa poco a poco alla scoperta che il Signore, nelle tenebre più spesse, è là. Mi ricordo le nostre riunioni “brainstorming”. Giriamo a vuoto. Tentiamo vanamente di trovare un termine vicino a “pedagogia di resurrezione”, ma è il titolo del primo libro di padre Bissonnier – troppo oscuro, troppo colto per i comuni mortali. L’impasse! Ultima risorsa, lo Spirito Santo, “non ci sei che Tu per farci uscire da questo blocco”. Qualche istante di silenzio e improvvisamente il nome appare: “Ombres et Lumière” con l’ortografia attuale. Quando viene pronunciato ad alta voce, si leva un grido unanime di gioia, è quello giusto!
L’originalità di questo nuovo impianto, oltre al sua carattere confessionale, è il fatto che si rivolge a persone handicappate mentali e più ampiamente a tutti gli altri handicaps, fisici, sensoriali, psichici, in difficoltà sociale, di tutte le età, qualunque sia la gravità della loro condizione ed anche alle loro famiglie ed alle persone a loro vicine… Un campo enorme. I genitori aspirano a trovare un sostegno nella prova affinché aldilà della sofferenza o delle apparenze, scoprano la bellezza del loro figlio. “Padre, ti benedico di aver nascosto i tuoi misteri ai saggi ed ai sapienti e li hai svelati ai più piccoli.”
I genitori sono ben felici di ritrovare, nella loro raccolta di Ombres et Lumière, queste parole tanto preziose prese dal Vangelo ed altre. Un buon numero di loro inoltre non si accontenta solo di leggere una rivista dell’OCH, si informa, si impegna… Contemporaneamente, i donatori di OCH, che si erano limitati all’inizio al versamento di un assegno, fanno un passo in più per approfondire le attività che sostengono e si abbonano alla rivista e talvolta fanno rete con gli amici.
In questi anni incerti, ringrazio per la presenza tangibile di Dio che sa utilizzare le nostre carenze, le nostre debolezze, per compiere i suoi disegni per le persone handicappate e le loro famiglie. Quale gioia per me vedere all’opera oggi un’ équipe di lavoro fedele all’ispirazione originale, che fa tesoro del nuovo e del vecchio, motivata profondamente affinché nel nostro mondo immerso nelle tenebre, i più deboli ci chiamino verso la luce.
Marie-Hélène Mathieu
trad. di Rita Massi (da O&L n. 221)
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.143, 2015