La Legge n. 112/2016 “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, cosiddetta “Legge del Dopo di Noi” è una buona legge nei principi e nelle finalità ma, visto anche il decreto attuativo del 23/11/2016, risulta manchevole nel fornire sufficienti strumenti di realizzazione.
Dobbiamo premettere che questa legge non vuole fare piazza pulita di tutto l’esistente, si possono quindi tranquillizzare quei genitori che, avendo già inserito i propri figli in soluzioni abitative diverse da quelle previste da questa legge, temevano per il loro futuro.
Nell’art. 1 si citano gli articoli principali della nostra Costituzione: il 2 e 3 e il 32 sul diritto alla salute e il 38 sul diritto all’assistenza sociale; si cita anche la carta dei diritti delle persone con disabilità dell’ONU (di cui ricorre il decimo anniversario ma che ancora si fatica ad attuare concretamente nel nostro Stato). Si ribadisce la necessità di favorire il benessere delle persone con disabilità, la loro piena inclusione nella società, la necessità di assicurare prestazioni sociali e sanitarie che permettano di vivere bene quando venga meno la possibilità da parte dei familiari di prendersi cura di loro; l’esigenza di preparare un progetto individuale (già previsto dalla legge n.328/00 nell’art.14) da parte di unità valutative multidisciplinari (cioè composte da esperti dei vari settori socio-sanitari) con il coinvolgimento della persona interessata e/o di chi si prende cura di lui, a garanzia della vita futura della persona e della sua piena realizzazione. Non solo ma si prevede la figura di un “Care manager” che si dovrà occupare di verificare l’effettiva attuazione del piano personalizzato. Insomma legge e decreto premettono tutte prospettive auspicabili e giuste ma le modalità di realizzazione, insieme ai mezzi finanziari, sono trasferiti alle Regioni e così si pongono già delle basi per disparità di trattamento.
Leggi anche La nuova legge sul Dopo di Noi: i nodi da sciogliere
La legge chiarisce certamente quali sono le opportunità per tutelare le persone con disabilità sotto l’aspetto materiale, elencando gli strumenti giuridici di diritto privato che i familiari delle persone con disabilità possono utilizzare per destinare beni e risorse ai propri cari: polizze assicurative, trust, istituzione di fondi speciali con vincolo di destinazione e contratto di affidamento fiduciario anche in favore di Onlus; soprattutto introduce, ed è questa la novità più rilevante, agevolazioni fiscali importanti per questi istituti: maggiore detraibilità per le assicurazioni, esenzione dalle imposte di successione e donazione sui beni conferiti in un trust destinato alle persone con disabilità ma anche sotto questo aspetto, se pensiamo ad esempio alle mille opportunità di detrazione previste in America, siamo ancora indietro.
Si può definire una legge d’intervento di Welfare misto; vuol dire che da una parte interviene lo Stato e i vari soggetti pubblici locali (Regioni, comuni, ASL), e dall’altra necessita di azione privata, rappresentata appunto dalle risorse che i familiari e privati donatori faranno confluire in fondi che si potranno integrare con le risorse pubbliche
Lo Stato ha istituito un Fondo per l’assistenza che finanzierà i vari progetti abitativi per le persone disabili, ma le risorse disposte (90 milioni per il 2016; 38,3 milioni per il 2017 e 56,1 milioni dal 2018), purtroppo, sono insufficienti a garantire la possibilità di costituire formule di vita indipendente per tutte le persone gravemente disabili su tutto il territorio nazionale.
Le associazioni private potranno ottenere risorse da questo fondo, sempre che, le finalità e l’organizzazione dei progetti presentati, rispecchino tutti i requisiti previsti dal pubblico. A proposito di questi requisiti dobbiamo sottolineare un’altra nota dolente: la legge ha come finalità anche quella d’impedire l’istituzionalizzazione delle persone, detto in modo semplice, evitare che si ritorni alle grandi strutture simili ai vecchi manicomi o a grandi ospedali dove c’era una totale spersonalizzazione della cura delle persone, principio sacrosanto, ma questo decreto impone dei criteri eccessivamente stretti per le soluzioni abitative: massimo 5 persone per modulo abitativo e non più di 2 moduli abitativi nella stessa struttura. Questo vuol dire che anche strutture che noi conosciamo bene, come la comunità Arcobaleno o il Chicco, già risultano fuori dalla possibilità di accedere ai fondi previsti.
Questa legge, possiamo dire, segue l’andamento delle politiche sociali degli ultimi anni: partendo dal presupposto della scarsa disponibilità di risorse economiche statali (a ciascuno la propria valutazione), ritiene indispensabile l’integrazione degli interventi tra pubblico e privato, incoraggiando anzi l’iniziativa privata in conformità al principio di sussidiarietà orizzontale (Cost. art. 118) che vuole che le iniziative partano dal basso e che lo Stato le integri laddove i privati non riescono a far da soli.
Rimangono aperte tante questioni fondamentali che purtroppo questa legge non contribuisce a risolvere e che rimangono appunto delegate all’efficienza ed iniziativa delle singole regioni e ai mezzi ed iniziative dei privati. Ad esempio cosa possono fare tutti quei genitori che non hanno risorse da destinare? Inoltre pensare che tutte le famiglie, già gravate dalla gestione quotidiana delle difficoltà che incontrano con il proprio caro, riescano ad auto-organizzarsi nella costruzione di progetti complessi, come l’apertura di fondi e case-famiglia, è inverosimile. In questo senso è indispensabile che le famiglie vengano aiutate da altre professionisti, o associazioni esperte, a pensare e realizzare dei progetti a lungo termine. Si potrebbe fare attraverso la creazione di gruppi di sostegno reciproco in cui i genitori possono incontrarsi periodicamente ed affrontare insieme queste questioni, e insieme costituire dei fondi comuni dove far confluire ciascuno il proprio contributo, come può, in beni e risorse economiche per il futuro dei loro figli. Chi li aiuterà in questo compito? Penso che anche in questo caso Fede e Luce possa dare il suo contributo e aiutare i familiari a non sentirsi soli.
Annick Donelli, 2017
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.138