Abbiamo intervistato Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS Onlus, per capire alcuni aspetti della legge 112/2016 sul Dopo di Noi.
Oltre al finanziamento del fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, agli sgravi nella successione per i beni conferiti in trust, alla detraibilità delle polizze…quali sono le reali novità in questa legge? (ad esempio, lo strumento del trust era già disponibile, o la possibilità di costituire gruppi appartamento non esisteva già?)
L’istituto del trust che significa, di fatto, “contratto di fiducia” e proviene da norme di origine anglosassone. In precedenza in Italia non era normato ma lo stesso si poteva applicare in quanto riconosciuto a livello europeo. Con la legge 112 (come ANFFAS avremmo preferito che si provvedesse con separata norma), il legislatore ha introdotto una norma che consente di istituire, tra l’altro, il trust in favore di persone con disabilità gravi certificate ai sensi della legge 104/’92 art. 3 comma 3, usufruendo delle previste agevolazioni. Quindi la novità è che, in base alla legge 112/2016 (che “ospita” all’art. 6 questo istituto), se il trust stesso ha come destinataria una persona con grave disabilità, in possesso della certificazione prima indicata, usufruisce delle agevolazioni indicate nella legge stessa.
La possibilità di costituire gruppi appartamento esisteva già ma tali soluzioni non erano riconosciute dalla legge (quindi provate) oppure dovevano rispondere a tutta una serie di requisiti (spesso di natura meramente sanitarizzante) che nulla avevano a che vedere con la qualità della vita e con le vere esigenze delle persone che lì vi abitano. Con la legge 112 si è previsto, finalmente, che tali soluzioni abitative devono avere il semplice requisito delle normali case di abitazione, devono essere inserite in contesti residenziali, non superare il numero di 5 persone, prevedere prioritariamente stanze singole, dare la possibilità di arredarle con mobili e suppellettili propri. In buona sostanza la legge 112, per la prima volta, consente alle persone con disabilità di “mettere su casa” sostenendone i costi e senza obbligare ad inutili standard.
La grande novità è che questa legge nasce nel rispetto della convenzione ONU che all’art. 19 dice che ad ogni persona con disabilità deve essere garantito il diritto a scegliere dove e con chi vivere.
Altra novità è data dal fatto che per la prima volta in Italia, in una legge dello Stato si parla di contrasto all’istituzionalizzazione ed all’attivazione di percorsi di de-istituzionalizzazione. Questo significa intanto aver riconosciuto che il problema dei grandi “istituti”, dove vivono centinaia e centinaia di persone con disabilità, esiste. La legge 112 non risolve il problema ma almeno se ne comincia a parlare.
Dal vostro punto di vista vicino a problematiche familiari anche molto diverse (non solo per la gravità del congiunto con disabilità, ma anche da un punto di vista culturale, economico, sociale..), quali nodi rimangono da sciogliere?
La legge si rivolge solo alle persone con disabilità grave, certificata con la legge 104 con connotazione di gravità, mentre si dovrebbe rivolgere a tutte le persone con disabilità a prescindere del “concetto di gravità” e così garantire a tutte le persone con disabilità “adeguati sostegni” affinché ognuno possa dare concreta attuazione al proprio progetto di vita.
Per attivare le misure previste dalla legge è obbligatorio predisporre il progetto individuale secondo quanto prescritto dall’art. 14 della legge 328/2000, nonché il budget di progetto, individuando anche la figura di un “case manager”. Questo è compito delle équipes multidisciplinari dei servizi sanitari territoriali su richiesta delle persone con disabilità interessate o dei loro familiari. La domanda di predisposizione del progetto individuale va presentata al Comune di propria residenza. Temiamo che questo, al momento, rappresenti uno dei maggiori problemi in quanto non tutti sono attrezzati o sanno cosa e come fare per dare attuazione a questa incombenza, anche se la legge 328 ha ben 17 anni di vita.
Altro problema è che le risorse del fondo nazionale dovrebbero essere integrate dalle Regioni e dai Comuni ma non sembra che, in generale, ci sia tale volontà.
Associazioni come ANFFAS possono sostenere le famiglie nello sviluppo dei progetti, obiettivo del fondo stabilito dalla legge?
ANFFAS e la sua Fondazione nazionale “Dopo di Noi”, già dal momento in cui la legge è stata emanata, stanno facendo un’opera massiva di formazione ed informazione. Tutte le associazioni e le famiglie ANFFAS, ma anche esterne ad ANFFAS, possono rivolgersi a noi ed essere aiutati nel definire ed attuare il progetto del “Durante noi per il Dopo di Noi”, rispondente ai desideri, alle aspettative ed alle preferenze da loro espresse.
Rimanere nella propria abitazione come da tanti genitori auspicato per il proprio figlio, non è detto che rappresenti una modalità realmente “inclusiva”: quali accorgimenti si possono suggerire per minimizzare questo rischio?
Tale rischio è stato ben ponderato dalla legge 112. Non a caso il tutto è legato alla predisposizione del progetto individuale di cui al citato art. 14 della legge 328 del 2000. In buona sostanza la legge prescrive che si operi sempre per garantire alla persona con disabilità la migliore qualità di vita possibile e pertanto ogni forma di segregazione o isolamento, anche in casa, non sarebbero consoni alla corretta applicazione delle legge.
Se la legge intende favorire percorsi di deistituzionalizzazione, perché il legislatore non ha provveduto a rivedere le condizioni che regolano gli stessi istituti di cui parla?
Per fare questo occorre fare una specifica “legge Basaglia” della disabilità, senza fare gli errori della citata legge 180. Infatti ci vogliono ben altre risorse e provvedimenti per attuare un vero piano di de-istituzionalizzazione. Intanto è positivo che una legge ne abbia iniziato a parlare e abbia stanziato un finanziamento, tra l’altro come priorità, per i percorsi di de-istituzionalizzazione.
Infine una domanda molto concreta: se una famiglia mette a disposizione del figlio con grave disabilità, un appartamento con un trust, perché ci viva con altre due persone (con disabilità più o meno grave…), nel caso in cui morisse che ne è degli altri due?
Al momento il trust, agevolato con la legge 112, può essere realizzato solo in favore del singolo destinatario. Stiamo studiando un sistema di trust collettivo ed abbiamo chiesto al Ministero, tramite un apposito quesito, se anche in tal caso si possa usufruire delle stesse agevolazioni del trust individuale. Ripeto che il trust è solo uno degli strumenti di protezione e destinazione del patrimonio; ne esistono anche altri (quali la donazione modale, la sostituzione fedecommissaria, etc.) che in molti casi si possono dimostrare molto più efficaci e adeguati del trust. In buona sostanza bisogna analizzare la situazione, caso per caso, e confezionare un “prodotto sartoriale” rispondente al meglio alla specifica situazione.
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