Riconosciuta dalla Chiesa, questa fondazione atipica pone delle domande sul livello di consapevolezza della vocazione di una persona con disabilità mentale. Madre Lina, la superiora, e dom Jean Pateau, abate di Fontgombault e assistente spirituale della comunità, ci danno alcuni parametri di riferimento.
Come è nata la comunità delle Piccole Suore discepole dell’’Agnello?
Madre Lina: Tutto è iniziato dall’incontro con Veronica, affetta da sindrome di Down. Da catechista ero stata in contatto con delle persone handicappate e mi sentivo chiamata ad una vita consacrata che fosse accanto ai più piccoli. Vedendo Veronica, ho avuto come una luce: lei aveva la vocazione. Con un’altra suora, abbiamo allora affittato una casetta in una città della Touraine, al fine di fondare una comunità che permettesse a Veronica di vivere la sua vocazione religiosa. Gli inizi furono molto modesti. Poi suor Veronica ha attirato altre ragazze come lei e siamo così arrivate a Le Blanc.
Quali sono i criteri di una reale vocazione religiosa per una ragazza Down? Il discernimento è diversa da quello di una vocazione “normale”?
Don Jean Pateau: Nel valutare la vocazione, bisogna sempre aver presente che è Dio che ha edificato questo monastero e la comunità. A partire dal momento in cui il Signore ha un progetto di vocazione su un’anima, bisogna disporre le cose affinché questo progetto possa realizzarsi. E il superiore della comunità è al servizio del progetto di Dio su questa persona: deve solamente discernere qual è la volontà di Dio. Da parte di Dio le anime sono anime, Non ci sono da una parte quelle che non sono handicappate e dall’altra quelle che lo sono.
Madre Lina: Per tutte le vocazioni è la stessa cosa. Si tratta di vedere se la persona matura, cresce all’interno della comunità e si sente felice. È quasi più facile vederlo in una persona trisomica perché non nasconde niente, tutto è messo alla luce del giorno! E sa sentire perfettamente se è nel convento la sua casa. Le persone trisomiche hanno intuito.
Alcuni fattori possono falsare la valutazione come ad esempio la pressione dei familiari?
Madre Lina: È importante che non ci siano i familiari dietro alla ragazza. Quando ho accolto la Piccola Sorella Veronique, all’inizio è venuta da sola con il treno. In precedenza era venuta a fare uno stage per un mese di vacanza per poi tornare nel suo Centro, per un anno. Quando l’abbiamo accolta nella comunità, è stata una vera e propria avventura perché i familiari di Véronique erano piuttosto reticenti. Comunque le famiglie restano vicine alla Comunità. È importante per le sorelle Down, perché questi legami affettivi sono essenziali. Inoltre sono tutte sotto curatela o tutela.
Dom Jean Pateau: La questione è stata affrontata più volte con altri religiosi della Diocesi, che si ponevano delle domanda circa l’accoglienza di queste suore con disabilità mentale. Alcuni si domandavano se questo non era un mezzo per i parenti di dare un contesto di vita comunitaria ad una figlia diventata adulta. Ma questo aspetto emerge rapidamente al momento della valutazione, visto che i genitori non sono presenti. E Madre Lina si renderà conto se la postulante è lì per chiamata di Dio o per volontà dei genitori. A quel punto bisognerà avere sufficiente fermezza per poter dire ai genitori che se tutto ciò rende un servizio a loro non lo rende certamente alla loro figlia, perche lei non si trova nel posto giusto.
La mancanza di libertà può costituire un ostacolo?
Dom Jean Pateau: Se essere libero, significa essere indipendenti da ogni legame con la propria vita futura, questo è impossibile. Ognuno è dipendente dalla propria storia personale. La libertà è avere sufficiente capacità per dire: “Si io resto. Mi dono con i miei limiti” Tuttavia bisogna valutare con molta attenzione. Pronunciare dei voti religiosi non è una cosa unilaterale ma, al contrario, la persona si dona e la Chiesa riceve. È per questo che la Chiesa è prudente e protegge questa libertà accordando un tempo di valutazione molto più lungo per un impegno religioso definitivo.
Talvolta per proteggere questa libertà, la Chiesa preferisce differire i voti definitivi di una persona perché sente che la consapevolezza della persona non è ancora totale.
L’handicap mentale è un facilitatore o un ostacolo per la vita spirituale e contemplativa?
Dom Jean Pateau: Per la loro vita ed il loro dialogo diretto con il Signore, le Piccole Sorelle ci danno una lezione di semplicità. E questo è essenziale per la contemplazione e la vita spirituale. Ed accade perché la loro vita spirituale non può che essere feconda. Al momento della vestizione di Suor Maria, Suor Geraldine, che è meno autonoma delle altre, manifestava tutta la sua felicità. Loro vanno direttamente all’essenziale. Il nostro rapporto con Dio dovrebbe esser più simile a questo tipo di relazione.
Madre Lina: Durante la messa resto sempre emozionata nel sentire la Piccola Sorella Géraldine dire: “Gesù guarisci Géraldine” invece di dire “Signore, non son degna di riceverti, ma dì soltanto una parola ed io sarò guarita”. Spiritualmente le Piccole Sorelle non sono handicappate. Conoscono tutti i personaggi della Bibbia e sanno molte cose.
Che cosa porta alla Chiesa una piccola comunità come quella delle Piccole Sorelle Discepoli dell’Agnello?
Madre Lina: Una comunità come la nostra ricorda che il Signore sceglie e parla ai cuori dei poveri: “Padre, proclamo la tua lode: ciò che tu hai nascosto ai saggi ed ai sapienti, lo hai rivelato ai più piccoli.”
Dom Jean Pateau: Molte normali comunità vivono un costante impoverimento per il diminuire delle vocazioni e l’invecchiamento. Le piccole Sorelle Discepoli dell’Agnello possono dare una speranza a queste altre sorelle consacrate. (…) Personalmente riparto sempre, dalla casa delle Piccole Sorelle, con la gioia nel cuore perché sono semplici e vivono nell’istante presente. Mi ricordano che se noi non ritorniamo ad essere come dei bambini, non entreremo nel Regno dei Cieli. Di fronte ai tanti bambini Down che oggi vengono abortiti, questa Comunità diventa profetica.
Informazioni raccolte da Florence Chatel
Da O&L n° 205/2015
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.133