Sono stata cresciuta dai miei genitori non come se fossi normale ma come una figlia.
Ho avuto la fortuna di andare in Africa, in terra di missione dalla zia suora dove ho visto molta povertà però dove ho anche sperimentato la più grande gioia che una persona possa mai sperimentare. La gioia di una vocazione, di una chiamata, una speciale chiamata.
Lo shock più grande penso che i miei genitori l’abbiano sperimentato quando invece di parlare di vocazione ho parlato proprio di consacrazione. “Che cosa ti consacri a fare?” mi dicevano. “Mamma”, le ho detto, “hai capito che io devo vivere la mia vita e non la tua? Quando Dio chiama, le mezze risposte non servono!”
Non è stato facile, i tempi non erano ancora maturi per la chiesa degli uomini.
E solo grazie ad alcune persone che ho incontrato nel mio cammino, ce l’ho fatta, come il vescovo di Crema mons. Oscar Cantoni, responsabile delle vocazioni di quel periodo.
Avete presente quando si decide di fare una scampagnata in montagna? Arriva un punto in cui ci sono tanti piccoli sentieri e uno non sa che via prendere, quale vocazione intraprendere… a un certo punto da lontano si avvicina una figura e dice: seguimi! tu che fai? Puoi seguirlo o no, ma man mano che si sale su per la montagna, si vedono dei paesaggi bellissimi e si vedono anche delle persone e tu cerchi di vivere la tua storia, la tua vocazione in mezzo a quelle persone, dentro la tua storia. Alla fine si è arrivati insieme agli altri in un prato bellissimo pieno di fiori nel quale tu raccogli quelli che durante la tua vita hai seminato. Se hai seminato amore raccogli amore, se hai seminato vento raccogli bufera. Io penso che l’inferno e il paradiso è l’uomo che se li sceglie, che se li costruisce, è l’uomo che li decide, usando bene o male la libertà che il Signore gli ha donato. Tutto lì!
Avere il cromosoma 21 è un po’ complicato. (…) Non so se ve ne rendete conto che abbiamo un Padre nel cielo che gode e gioisce nel prendere in braccio la propria creatura quindi perché negargli questa grande gioia lasciamoci portare in braccio.
Bisogna prima o poi abbandonare il paese dei balocchi in cui viviamo perché dobbiamo prima o poi diventare grandi. Dobbiamo diventare grandi, non possiamo restare dei Peter Pan a vita.”
Cristina Acquistapace, 2016
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.133