La necessità di rimettere la Misericordia Divina al centro della nostra vita cristiana – in qualsiasi luogo ci si trovi- finalmente consapevoli di poterci affidare alle Sue mani per dare nuova luce alle nostre fragilità e alle nostre quotidiane cadute, era la premessa con cui era stato indetto questo Giubileo straordinario. Forse ognuno avrebbe potuto partecipare con la sua parrocchia o con la sua comunità ad un evento che coinvolge ogni battezzato nel cammino di ricerca di Misericordia di cui tanto, tutti, abbiamo bisogno: sani, disabili, malati, parte di un popolo di Dio che è davvero completo se non lascia a casa nessuno che voglia partecipare. Anche perchè camminare in un pellegrinaggio giubilare a fianco di chi non vive situazioni proprio facili e che con grande umiltà chiede misericordia, può dare la giusta prospettiva per una vita cristiana più consapevole. Ma così forse malati e disabili sarebbero rimasti in molti a casa… Santa Madre Chiesa conosce i suoi figli e ha preso le giuste misure.
Il grande evento, ai nostri tempi e per la nostra umana percezione ancora necessario, così organizzato ha avuto in effetti molte intenzioni e ci lascia molti segni importanti: far scendere in strada molti di quelli che vivono la disabilità o la malattia non solo sulla propria pelle ma anche in quella dei propri cari; poterli sentire offrire le loro testimonianze; far loro sentire che la Chiesa, nonostante ancora tante difficoltà, è loro vicina e che sa adoperarsi perchè nessuno resti escluso dal messaggio di salvezza che il Vangelo porta in sé; ricordarci che anche a chi vive una disabilità o una malattia può giovare un cammino giubilare (che non richiama direttamente la gioia ma il corno – jobel- con il quale Israele anticamente proclamava l’Anno del Signore in cui si doveva vivere dei frutti della terra, non si lavorava, era abolita la schiavitù,e ogni tipo di differenza sociale). Perché ha lasciato che emergesse il sentimento di appartenenza, vicinanza e conoscenza reciproca dei movimenti e delle associazioni che quotidianamente operano in queste realtà; quanti lo hanno organizzato hanno saputo servirsi del saper fare di queste realtà associative per far sì che tutti trovassero una modalità di accoglienza e celebrazione pensate proprio per venire incontro alle necessità di ciascuno.
Non ultimo la possibilità di incontrare, più o meno da vicino, papa Francesco: sentirlo ricordarci che “La natura umana, ferita dal peccato, porta inscritta in sé la realtà del limite” e anche se al mondo d’oggi sembra che “ciò che è imperfetto deve essere oscurato, perché attenta alla felicità e alla serenità dei privilegiati e mette in crisi il modello dominante…” che sembra “meglio tenere queste persone separate, in qualche recinto – magari dorato – o nelle riserve del pietismo e dell’assistenzialismo, perché non intralcino il ritmo del falso benessere”. Ma “il vero senso della vita, … comporta anche l’accettazione della sofferenza e del limite. Il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente perfette, per non dire truccate, ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l’accettazione reciproca e il rispetto… La vera sfida è quella di chi ama di più”.
Le sfide credo sia stata vissuta nei giorni giubilari e spero che in tanti l’abbiano percepita se pur non direttamente coinvolti: in questo numero ricordiamo i momenti principali di quelle giornate. Giornate, invero, di un Giubileo degli ammalati e delle persone disabili, dei loro familiari e amici che con loro hanno vissuto questi momenti.
Cristina Tersigni, 2016
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.134