Sono passati tre mesi dalle giornate giubilare dedicate agli ammalati e alle persone con disabilità. L’eco delle parole del Santo Padre e dei suoi gesti così concreti continuano ad arrivare anche attraverso la voce dei tanti giornalini associativi che riceviamo e che raccontano quanto la giornata sia stata importante. Questo il nostro spirito per parlarne ancora con mons. Fisichella che, con il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione ha curato l’organizzazione dell’Anno Santo della Misericordia.
Qual è il suo bilancio di questo giubileo della Misericordia e in particolare di quello del 12 giugno?
I pellegrini giunti sinora a Roma per celebrare il Giubileo della Misericordia sono oltre 17.000.000, provenienti da tutto il mondo. E questa cifra non può lasciarci certo indifferenti. Un evento come l’Anno Santo, tuttavia, non si deve valutare in base ai numeri e alle cifre, come spesso tanti vorrebbero fare. A mio parere, infatti, credo che il Giubileo si debba o meno ritenere riuscito nel suo intento se è stato capace di mettere al centro della vita della Chiesa quel tema per il quale Papa Francesco ha voluto che si celebrasse: la misericordia. Per questo, anche dalle tante testimonianze che ci arrivano da tutto il mondo, realmente possiamo costatare come sono state davvero tante le iniziative volte proprio a mostrare, e soprattutto a far sperimentare l’amore misericordioso di Dio. Il Giubileo del 12, poi, è stato un bel momento per mettere al centro realmente la misericordia di Dio che si è manifestata nel volto e nel sorriso di tante persone ammalate e disabili che vi hanno preso parte.
C’è qualche episodio o incontro che le è rimasto impresso nel cuore?
Del Giubileo degli Ammalati e delle Persone Disabili porto nel cuore molti episodi. Certamente mi ha molto colpito la Messa del Santo Padre. In questa, infatti, per la prima volta è stato “mimato” il Vangelo, proprio da alcuni membri di Fede e Luce, e nel servizio liturgico erano presenti sei ministranti con disabilità. Le letture della Parola di Dio sono state proclamate da un cieco e segnate nella lingua dei segni. Da non dimenticare, infine, la presenza tra i concelebranti di P. Cyril Axelrod, sacerdote redentorista sordo-cieco. Con questi fatti, che potrebbero sembrare marginali, il Santo Padre ha lanciato in realtà un forte messaggio affinchè la liturgia veda come realmente coinvolti e partecipi tutti, in particolare le persone disabili.
Per l’organizzazione delle giornate, il Pontificio Consiglio si è trovato a collaborare con realtà di diversa ispirazione e con differenti carismi: quali impressioni ne ha tratto?
Nell’organizzazione di ogni grande evento del Giubileo il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione ha collaborato con varie realtà impegnate nella pastorale della Chiesa. In occasione del Giubileo degli Ammalati e delle Persone Disabili abbiamo avuto l’occasione di collaborare e conoscere meglio diverse associazioni impegnate in questo campo. La prima impressione che ne ho ricavato è che c’è un mondo, costituito da molte persone, spesso anche sconosciuto, che ogni giorno si impegna per coinvolgere gli ammalati e le persone disabili affinchè possano sentirsi realmente parte della Chiesa. Inoltre, proprio stando a contatto con loro, ho potuto costatare con quanto entusiasmo e quanta gioia le persone disabili riescano a manifestare la propria fede e come vogliano realmente pregare e sentire vicino il Signore. Ho potuto scoprire, inoltre, un grande mondo del volontariato a cui dobbiamo essere particolarmente grati.
Per molti il Giubileo dei disabili è cominciato già dalla visita del Santo Padre alla comunità il Chicco: quali riflessioni trae da quei momenti condivisi nella semplicità della vita quotidiana?
La visita improvvisa del Santo Padre alla Comunità dell’Arca “Il Chicco” è stato un momento toccante dei “venerdì della misericordia”. Un venerdì al mese, Papa Francesco, ha voluto mettere in pratica un’opera di misericordia facendo visita, in maniera inaspettata, ad una realtà significativa. Gli ospiti de “Il Chicco” hanno accolto il Santo Padre come un amico e hanno condiviso con lui un momento di preghiera e di condivisione. Quello che mi resta forte nella mente è il clima di grande semplicità e affetto che ha accompagnato la visita del Papa. Posso testimoniare che Papa Francesco è tornato a casa molto commosso da questo incontro e anche tanto contento.
In una società alla ricerca dell’efficienza e del “trucco” che maschera le imperfezioni, quali spunti possiamo trarre per superare la tentazione che associazioni e movimenti che accolgono i più deboli rappresentino oasi separate dal resto della società e spesso della Chiesa?
Queste associazioni, e tra queste anche Fede e Luce, rappresentano una reale provocazione per una società come la nostra che cerca di eliminare ciò che non è “perfetto” e che è permeata dalla “cultura dello scarto”, come ci ricorda spesso Papa Francesco. L’insegnamento e la forte testimonianza di Jean Vanier fanno emergere concretamente la bellezza del Vangelo e la ricchezza della misericordia. Credo che la civiltà di una società, così come anche la sua grandezza, si misuri proprio nel modo in cui riesce ad accogliere e a sostenere le persone più deboli. Come dice un detto: “la forza di una catena si misura dalla forza del suo anello più debole”. Spesso la nostra società non riesce a farlo e purtroppo anche noi, come Chiesa, troppo spesso presi da tante cose da fare, non riusciamo a trovare spazio per i più “piccoli”. Queste associazioni siano per ognuno un monito forte perché realmente tutti, in particolare i più deboli, possano essere al centro della nostra azione pastorale.
Quali prospettive alla fine di questo anno giubilare?
Dover tracciare delle prospettive dopo un Anno Santo è sempre molto difficile. Credo che ognuno di noi possa però, nel suo cuore, realmente impegnarsi a cambiare esistenza per far diventare la misericordia, che questo Anno ci ha fatto sperimentare, come proprio stile di vita. Potremmo forse riprendere le opere di misericordia corporale e spirituale, che Papa Francesco ci ha messo nuovamente dinanzi all’inizio del Giubileo, affinchè possano essere messe in pratica da ognuno di noi ogni giorno in modo da attuare, come ci ha detto sempre il Santo Padre, una vera e propria “rivoluzione culturale”: la rivoluzione della misericordia.
Intervista a cura di Cristina Tersigni e Angela Grassi, 2016
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.135