Ci si ritrova intorno a un tema che scandisce le giornate grazie a dei momenti rituali di incontro al mattino e alla sera (il cerchio, luogo geometrico di incontro tra pari) e che accompagna il breve cammino della comunità di amici nella festa e nella preghiera. Spesso ci si ritrova a interagire con il territorio in cui si svolgono i campi, integrando i membri del campo nelle attività della grande famiglia umana che li circonda, spesso evangelizzandola.
Fin qui la “teoria”. Ma ci piacerebbe anche farvene sentire il colore, il profumo e il gioioso rumore, dei campi. Immagini, emozioni, frasi, avventure, arrabbiature, paure, entusiasmi, nottate, scherzi, passeggiate,… E storie. Tante storie, piccole avventure, episodi. Tanti vissuti in prima persona, tanti altri vissuti da altri ma poi diventati patrimonio di tutti. Di tutti noi che una parte delle vacanze o ferie le passiamo al campo. Ci vorrebbe un articolo lunghissimo. Ci vorrebbe un libro. Ci vorrebbe… fare un campo insieme!
Nell’attesa di farlo, un campo insieme, abbiamo raccolto alcune voci che parlano di campi. Voci spontanee, felici di raccontare, o parole dal profumo di carta che ci hanno richiamato dai vecchi O&L desiderose di esser rilette. Difficile scegliere, segno di ricchezza, di un’esperienza che parla al nostro io più profondo.
Una mamma e il medico condotto. Chiamato a un campo per un bambino con la febbre alta, vedendo gli altri, handicappati e non, impegnati in una furibonda caccia al tesoro, chiese: “Dica un po’ signora, a questi assistenti quanto date al giorno?”. Corressi risentita: “Gli amici vengono per fare vacanza e ognuno paga la sua quota!”. Incredulo il medico cominciò a scendere le scale “Pagano per venire a fare questo servizio! E per la cucina, avete dei cuochi?” “No, facciamo tutti i servizi a turno”. Lo vedo ancora sedersi sullo scalino “Questa poi… c’è da non crederci!” E continuava a ripetere scendendo “Pagano per venire qui…” — (M. B.)
Una mamma. Un giorno mi chiesero se volevo mandare mio figlio a un soggiorno, un campo lo chiamavano loro, con dei giovani. Poi venne a trovarmi una ragazza che mi ha chiesto come viveva mio figlio, come mangiava, come dormiva, come si comportava con gli altri. Il fatto è che lei se lo era preso in braccio, lo teneva in un modo… io parlavo ma vedevo che in quel momento per lei l’importante era mio figlio. Già solo guardandola ho sentito dentro “Ma allora, lui vale qualcosa non solo ai miei occhi!”. Io avevo paura che gli altri non capissero quanto valore aveva per me questo figlio. Lei lo aveva capito, lo teneva in un modo, come se fosse un gioiello. — (R.O.)
Un’amica di 9 anni. Il campo è una cosa che si fa tutti insieme, dove si gioca, si va a messa, ci si diverte, si va in piscina, si mangia insieme, si fanno degli spettacoli, delle attività. Si dorme insieme. È come una vita, corta qualche giorno, insieme. Come se fosse una grande famiglia. Dove si aiutano gli altri, si impara, si conoscono nuove persone. Si mangiano cose speciali.
Un fratello. Grazie a mia sorella conoscemmo Fede e Luce e dopo un paio d’anni ci fu il primo campo. Non mi dispiaceva partecipare. Lì c’erano altre persone simili a mia sorella e io ne ero felice. Finalmente una vacanza! Io dormivo addirittura sotto la tenda e nessuno si lamentava per come era mia sorella: anzi erano venuti apposta per quello. Ero in vacanza ma come a casa mia. Mi sentivo protetto da quegli sguardi sbigottiti o impressionati che la notavano fuori di lì.
Un ragazzo con autismo scrive del suo ultimo campo a Cipro.
Io ti racconto che per me, davvero, questa è stata una bellissima estate e io sempre sono stato in giro molto a divertirmi.
Io sono stato molto al mare con gli amici e siamo stati bene e anche a passeggiare e a vedere i nuovi paesi io mi sono molto divertito.
Io davvero sono stato felice perchè per me è stato il vero viaggio.
Un viaggio da grandi con gli amici e io potevo fare quello che volevo e mi sentivo libero e indipendente io sono stato davvero felice di questo bellissimo viaggio.
a cura di Valentina, Barbara ed Elisabetta, Roma – Kimata
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.129