Con questa immagine vogliamo stare vicini a Paolo, a Nanni e Emanuele e a tutta la vostra numerosa famiglia che sempre ci ha testimoniato la forza della fede e della carità, insieme alla bella famiglia di “Fede e Luce” qui presente e in tutto il mondo.
Credo che non sia casuale il fatto che il Signore abbia voluto chiamare a sé Mariangela in questa fine del mese di maggio mentre oggi celebriamo la festa di Maria che in fretta va a visitare sua cugina Elisabetta. Presi da tante frette della vita quotidiana, la Madonna ci ricorda che l’unica fretta che deve avere il cristiano è la fretta di amare, la fretta di fare del bene. Così è stato per Mariangela che, accogliendo non senza fatica la malattia di sua figlia, ad un certo punto, dopo quello che Paolo ricorda come il piccolo grande miracolo di Lourdes, non è più riuscita a star ferma, ma si è messa in cammino verso gli altri. Un po’ ciò che è contenuto nel suo nome: Maria – Angela, cioè messaggera, portatrice di un messaggio bello.
Per questo per noi essere qui oggi è un evento di festa, di gioia profonda, non nascondendo il dolore del distacco umano. Penso in particolare a Paolo, ricordando con emozione quando abbiamo celebrato qui il 50° del vostro matrimonio. Siete stati veramente vicini sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, dando a tutti noi una bellissima testimonianza di fedeltà.
Siamo nel tempo di Pasqua. Gesù è risorto! Così scriveva Mariangela in un editoriale di “Ombre e Luci” di quattro anni fa:
“Quella morte che può farci paura, addolorarci, renderci mesti… non ha più l’ultima parola. Che cosa sarebbe il nostro arrancare faticoso dietro Gesù senza la certezza della risurrezione? Ecco perché allora i fiori di pesco ci invitano ad alzare la testa, a ridestarci accompagnati dal risveglio della natura a ritrovare quella speranza che tanto spesso ci abbandona.
“L’inverno è passato”, “Io faccio nuove tutte le cose”. E il volo delle rondini nel cielo ritornato sereno, ci invitano a quella gioia profonda così rara a vedersi sui nostri volti, piegati così come sono verso la terra con tutti i suoi superflui richiami.
Sì, il Signore è risorto, è veramente risorto! Ritroviamo insieme con coraggio, con fede, con speranza, il desiderio di continuare il nostro cammino che, seppur duro e faticoso, incerto e dubbioso, se resterà intimamente unito alla passione e risurrezione di Gesù, ci porterà fin d’ora la vera gioia…”.
Così Mariangela sottolineava le immagini pasquali della resurrezione – il pesco, le rondini – rammaricandosi, nel seguito dell’articolo, perché le nuove generazioni avessero perduto la poesia dell’atmosfera pasquale.
C’è un senso di gioia, di certezza. Dio non ci delude. Noi siamo qui perché Gesù è morto ed è risorto. Noi non celebriamo mai la morte, ma la certezza della Resurrezione e la Gioia della Vita eterna. Mariangela ha sperimentato questa Vera Gioia e l’ha fatta sperimentare: nella famiglia, nella prova, prova che si è trasformata in servizio; Amore che si è fatto Tenerezza, perché c’è Forza nella Tenerezza. È quanto è successo a lei, da quando, per un disegno provvidenziale, il suo cammino ha incrociato quello di Jean Vanier e, possiamo dirlo, Foi et Lumiere è diventata Fede e Luce. Da quel momento in tanti, soprattutto quelli considerati ultimi, sono diventati i primi: i piccoli hanno trovato una famiglia, qui oggi ben rappresentata.
In tutto questo aggiungiamo il dono che Dio ha fatto a Mariangela dell’energia, direi di una certa inventiva: la “fantasia nella carità”. Ne sono stato testimone per le opere legate anche alla nostra parrocchia di Santa Silvia. E così “Fede e Luce” è diventata “Carro”, “Alveare”, “Mosaico” e chissà quanti altri nomi… Infine penso anche al ministero della comunione agli ammalati, condiviso con Paolo in questa nostra comunità.
Grazie, Signore, per averci dato questa sorella.
Jean Vanier ci ricorda che tutto ha senso in relazione a Gesù. Anche le opere più grandi si vivono in questa umiltà dell’incontro con lui:
“Quando scopro di essere povero, nella confusione, ma capisco che Tu mi chiami per nome, che mi ami, allora, ecco, è il momento della trasformazione: l’uomo trasformato in Gesù, vivo in Gesù, nato dallo Spirito, che ogni cristiano dovrebbe essere.
Questo capiterà quando si avvererà il miracolo, quando scoprirò di essere amato così come sono, nella mia povertà, e che Gesù si serve di me nonostante la mia stupidità, la mia piccolezza, la mia debolezza.
Allora sono trasformato, posso fare tutto perché non sono più io che lo faccio. So che tu sarai presente, so che sarai all’opera in me, Gesù.
Posso cantare la tua Parola, posso donare la tua pace, posso far nascere Gesù negli altri. Posso comunicare lo Spirito, posso tendere alla santità e all’unione con Gesù.
Non perché io valga qualcosa, ma proprio perché non sono nulla; proprio perché so che tu vivi in me, che opererai attraverso di me”.
(J. Vanier, Discepoli del Signore, EDB, p. 79)
don Paolo Ricciardi, parroco di S. Silvia, 2014
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.126