E noi ridevamo con lei perché eravamo abituati a mangiare patate e ci divertiva l’idea di qualcuno che in inverno porta le scarpe. Dopo, Mariangela ha fatto parecchi viaggi in Polonia. Quando il muro è caduto definitivamente è giunta anche da noi, a Mosca, nel 1993. E’ arrivata arrabbiata e dispiaciuta perché all’aeroporto hanno fermato Paolo, suo marito, per mancanza di documenti necessari per entrare in Russia: “Sembra che per qualcuno questo non sia più Europa! Come se fossimo davvero diversi!”, – si sdegnava lei. Eravamo diversi, ma per lei non faceva differenza. Perché il cuore della madre era sempre lo stesso.
Quella volta a Mosca Mariangela ha parlato molto di sé, di Chicca, del percorso d’amore. Molti anni dopo ho sentito come una tra le nostre mamme di allora ne raccontava a quelle arrivate dopo. Ha detto: “Mariangela aveva coraggio di nominare le cose di cui io non osavo parlare neanche con me stessa. Le mie colpe, le mie paure, la mia depressione.
La sua esperienza e il suo coraggio di parlarne mi hanno liberata”. Mariangela ci ha portato sì, la struttura dell’incontro, l’appartenenza alla grande famiglia di Fede e luce, la canzone di comunità, ma soprattutto l’esperienza di quel livello di condivisione e di sincerità che non abbiamo conosciuto altrove. Per tanti è stato quello il motivo di rimanere in comunità, per alcuni di lasciarla subito. Ieri abbiamo cominciato a preparare i festeggiamenti per il 25° anniversario di FL in Russia.
Il consiglio nazionale ha domandato a tutti l’opinione su chi invitare a parlarci. Parecchie tra le risposte cominciavano con il rimprovero: “Quante volte vi abbiamo detto di invitare Mariangela!”. Sono passati 21 anni ma tutti quelli che se ne ricordano fanno appello a quello che diceva Mariangela allora. In un certo senso è stata lei a strutturare le basi sulle quali abbiamo edificato le nostre comunità. Forse proprio per quello la nostra vita in Fede e Luce assomiglia molto a quella delle comunità italiane, ma è tanto diversa da quella di altri.
Un anno dopo Mariangela ha invitato una delegazione di Mosca a partecipare al pellegrinaggio ad Assisi per i 20 anni di Fede e Luce in Italia nel 1995. E’ stata un’impresa talmente folle che la sua realizzazione ci ha fatto credere tutti ai miracoli. Prima di tutto, all’epoca qua non c’erano soldi.
Non c’erano proprio. Tremila dollari che servivano per comprare i biglietti sembravano una cifra tanto astronomicamente pericolosa, che non osavamo a cambiarli in una banca e ne abbiamo girate molte per farlo a piccole porzioni. I soldi li ha portati dall’Italia il mio professore di latino, nascosti nelle stampelle sui quali si muoveva, Mariangela gli ha promesso di pregare durante il volo.
Poi ci hanno negato il visto sospettando il contrabbando, Mariangela ha organizzato il bombardamento del Consolato con le chiamate da parte tutti i vescovi che conosceva. Dovevamo partire il Venerdì Santo (calendario ortodosso). Mercoledì mattina mi ha detto per telefono: “Il Signore fa tutto a tempo proprio”. Nel pomeriggio abbiamo ottenuto il visto, in un giorno abbiamo comprato i biglietti, fatto tutto e venerdi mattina siamo arrivati a Roma.
Tutti e dieci abbiamo dormito e mangiato da Mariangela, che si disperava per il nostro arrivo con due ore di ritardo mentre lei ci aveva cucinato il risotto, che diventava nel frattempo tutto scotto, sospirava quando di mattina trovavamo un cartello di sciopero alla fermata e chiamava le amiche per portarci in città. Guardo la foto della grande tavolata a casa sua, lei racconta e si vede interesse e comunione nell’intreccio degli sguardi. E’ uno dei momenti di paradiso che ho vissuto.
Adesso il terzo di quelli che stavano a questa tavola sono passati al di là, incontro alla nuova riunione. Al momento di partire le ho detto: “Vedi, c’è stato un miracolo”. “E’ stato tutto come doveva essere”, mi ha risposto lei, perché partecipare al miracolo era il suo dono.
Olga Gurevitch, 2014
Estratto dall’editoriale di Ombre e Luci n.5 del 1984
Nelle nostre chiese vediamo rare persone con handicap… Perché non si fanno avanti? Perché non vengono da soli? È pur vero che la porta della chiesa è aperta a tutti…
Perché vengano a partecipare alla “festa” alla quale Gesù ha invitato tutti è necessario che qualcuno li vada a cercare, faccio loro capire che sono aspettati, che anzi – lo diciamo così spesso tanto bene – il primo posto è per loro.
La realtà è un’altra purtroppo: molti di loro e i loro genitori sono fuori perchè quella porta aperta non dice più niente a chi ha perso il senso della “festa”.
(…) Quello che ha provocato la rottura è la ferita aperta nel nostro cuore di papà e mamme, che grida nel silenzio, nella paura, nella disperazione… e non trova risposta. Quella risposta Gesù l’ha consegnata ai nostri fratelli: “…Fate questo in memoria di me”, “Qualunque cosa farete ad uno di questi piccoli…”
Ecco, allora, uno sforzo lo possiamo fare tutti insieme. Alcuni già si sono messi in questo cammino e sanno bene quanto sia facile conoscersi, condividere, darsi la mano e poi fare festa insieme. Perché, se noi genitori abbiamo bisogno di amici per riincontrare il Signore, quanto più gli amici hanno bisogno di incontrare lo sguardo dei nostri figli con handicap per riscoprire lo sguardo di Dio. Quella risposta allora, senza la quale siamo sconsolati, si cercherà insieme, perché solo quando saremo tutti insieme – e più nessuno resterà fuori – sarà possibile costruire la vera Chiesa e far sì che chi è stato inviato “a rendere liberi gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc. 4-18) non sia stato inviato invano.
Mariangela Bertolini, 1984
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.128