Qual è l’utilità del ridere nelle nostre vite?
Il ridere non è utile. E’ per questo che è indispensabile, vitale. Oggi ridiamo molto meno di ieri, perche siamo portati a ricercare le cose utili. Il ridere mostra che qualcosa è stato trasmesso, che una complicità è stata stabilita.
Cosa c’è dietro il ridere?
L’umanità cosciente della propria grandezza e della propria piccolezza nello stesso tempo; e questo scarto produce il ridere. Ma non è tanto importante ridere, ma vivere. E più si è vivi più si ride. Il ridere è importante come “indicatore” della nostra intensità di vita.
Quando la vita sembra troppo dura come permettersi di ridere?
È una questione di sguardo. Non potrei guardarmi differentemente da così se, nella mia vita, incrocio qualcuno che guarda differentemente. Questo sguardo dell’altro è contagioso. Il lavoro su di sé passa attraverso l’altro, attraverso l’apertura. E’ ciò che si chiama anche conversione… Quando si guarda il proprio ombelico non si può vedere chi ci sta di fronte.
Il clown può ispirarci?
La risata del clown è specificatamente ciò che avviene quando scopriamo in qualcuno una caratteristica coinvolgente e nello stesso tempo liberatrice. Colui che ride di un clown – tutti sono clown, anche senza saperlo – è qualcuno che gli dice nel contempo: “Dai! Ancora! E’ troppo bello vederti vivere!”
Come si può ridere di un handicap?
Sto per dire qualcosa di provocatorio: non si può che ridere dell’handicap. Se non ci fosse l’handicap, il ridere sarebbe impossibile. Parlo naturalmente in questo momento degli handicap di ciascuno di noi. E ridere dei nostri, cioè consentirci di ridere, è il primo passo liberatorio verso la possibilità di ridere di quelli degli altri senza colpevolizzarci. Le persone handicappate sono spontanee e ci aiutano a sbloccarci. Hanno una risata contagiosa. L’umorismo è questa capacità precisa di guardare in modo differente.
Intervista di S.R. tratta da Ombres et Lumiere n. 192
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.127