Quando è tornata in aula… il suo silenzio, il suo volto tirato non esprimevano certo la gioia di una neo-mamma: di quella bimba a noi, fanciulle adolescenti e di certo vogliose di sapere, ascoltare racconti, vedere foto, non ha parlato mai e solo dopo vario tempo abbiamo saputo che aveva tanti problemi…
Finito il Ginnasio ho cambiato scuola e sono andata al Liceo Virgilio. Della professoressa Mazzarotto non ho saputo più nulla e le nostre strade sembravano ormai divise per sempre.
E invece nel 1974, tramite mia zia – anche lei insegnante all’Istituto Nazareth – mi ha ricercato, insieme a tutte quelle ex-alunne di cui aveva potuto trovare traccia, per invitarmi ad un incontro presso le suore di Villa Patrizi (via Morgagni) per un pomeriggio di festa e di amicizia con ragazzi che avevano difficoltà cognitive più o meno gravi e le loro famiglie.
Era il piccolo, piccolissimo seme di Fede e Luce, che allora non esisteva in Italia ma che Marie Hélène Mathieu e Jean Vanier – che avevano cominciato in Francia quattro anni prima – desideravano attecchisse anche in Italia per poter organizzare – dopo Lourdes 1971 – un pellegrinaggio Fede e Luce a Roma per l’Anno Santo 1975.
Vi sono andata insieme a Carolina, un’amica dei tempi del Nazareth che avevo ritrovato in Università e con la quale ero rimasta in contatto (lo siamo ancora oggi!) ma vi siamo andate più per curiosità che per altro.
È stato invece un pomeriggio che ha segnato la mia vita e la mia storia: servendosi di Mariangela e Chicca il Signore stesso mi attendeva, per dare un senso innanzitutto alla mia storia di sofferenza e ai miei tanti “perché?” dopo la malattia e morte di mia mamma e lo sfascio della nostra famiglia, e per svelarmi poco a poco il mistero insondabile del Suo Amore. Mi sono lasciata coinvolgere e travolgere da Fede e Luce e da Mariangela, non solo per dar vita ad alcune comunità Fede e Luce in vista del Pellegrinaggio ma per tessere ed allargare sempre di più la tela di: il desiderio inesauribile di Mariangela era, infatti, raggiungere il maggior numero di genitori per ridonare speranza e senso al loro dolore, ed a noi giovani donare certezze più solide, un senso più profondo e vero della vita e della fraternità.
Il pellegrinaggio c’è stato ed è stato un successo e la pianta di Fede e Luce ha iniziato a crescere e diffondersi con maggior vigore. Sono stati anni in cui molto del mio tempo libero (lavoravo in banca) era assorbito da Fede e Luce e man mano vi ho trascinato anche mia sorella, Lucia. Insieme, in abbiamo trovato una nuova famiglia e amicizie sincere, di quelle che durano per sempre.
E se l’albero è cresciuto, se sui suoi rami molti uccelli hanno potuto fare il nido, tutto questo si deve – sì – a tante, tante persone anonime che si sono impegnate silenziosamente ma soprattutto al coraggio e all’ardire di Mariangela, alla sua tenacia testarda nel bussare alle porte più svariate, innanzitutto a quelle del cuore, dei cuori più inverosimili, affinché altre nuove famiglie con un bimbo “speciale” non dovessero soffrire rifiuto, abbandono, solitudine come era capitato a lei prima di incontrare Fede e Luce.
Quando Chicca, a fine 1978, è andata in Cielo, Mariangela non ha rallentato la sua corsa ed i suoi impegni: tutt’altro! Niente e nessuno poteva fermare la sua sete ardente di offrire a ciascuno la necessaria consolazione, il sostegno nella prova.
La scuola di Fede e Luce (capitanata da Mariangela) ha così guidato anche molti di noi giovani sui sentieri sicuri della vita, ad alcuni suggerendo studi e/o professioni mirate al servizio del vasto mondo dell’handicap, ad altri insegnando a spalancare le porte ed allargare i confini della propria famiglia (i memorabili rinfreschi di nozze fedeluceschi, molto più preziosi delle bomboniere solidali …), ad altri ancora ha insegnato a mettersi in ascolto più attento delle proposte del Signore.
Per me personalmente i silenzi assordanti di Sabina, Noris e Clelia, i “pekkè?” incredibili di Carla, i sorrisi furbetti di Gianni o Mirella, sono stati quella “brezza leggera” di cui parla il Profeta Elia (1Re 19,12) e in cui si manifesta il Signore e la Sua volontà.
Mi sono interrogata a lungo se seguire l’esempio di Guenda (co-fondatrice del Chicco, ndr) – cosa che tu, Mariangela, forse speravi ed attendevi…– ma alla fine ha prevalso un altro input: “Devo dire a tutti che Dio esiste ed è amore” (M. Maria Oliva Bonaldo CM, Fondatrice delle Figlie della Chiesa), è Padre che mai abbandona ciascuno dei Suoi figli, e che nella Chiesa c’è spazio e bisogno di tutti, nessuno è uno scarto e solo insieme possiamo rendere bello il mondo; solo insieme, solo guardandolo con gli occhi colmi di stupore di Pablo, di Gianna, di Carla possiamo imparare a godere per un filo d’erba che si muove al vento, solo con la forza d’animo di Patrick possiamo gioire di arrivare ammaccati e tutti doloranti sul monte Meta, sulla meta dei nostri monti quotidiani.
Grazie Mariangela! La tua persona, la tua famiglia (non solo Chicca, ma anche Paolo, Nanni e Manolo con la loro fiducia serena, e tutto il clan Bertolini) sono state la finestra spalancata che mi ha fatto intravvedere e gustare orizzonti lontani e preziosi. E mi ha condotto, nel mio vagare per il mondo, ad incontrare, accarezzare, cercare di alleviare infinite forme di handicap, infinite solitudini e tristezze.
Sr. Maria Grazia Pennisi, 2014Ho conosciuto Mariangela nel 1962 quando è arrivata in classe in IV Ginnasio come insegnante di lettere. È stata un’apparizione fugace poiché presto, quasi subito, si è assentata per dare alla luce il suo primo figlio, una bimba chiamata Maria Francesca.
Quando è tornata in aula… il suo silenzio, il suo volto tirato non esprimevano certo la gioia di una neo-mamma: di quella bimba a noi, fanciulle adolescenti e di certo vogliose di sapere, ascoltare racconti, vedere foto, non ha parlato mai e solo dopo vario tempo abbiamo saputo che aveva tanti problemi…
Finito il Ginnasio ho cambiato scuola e sono andata al Liceo Virgilio. Della professoressa Mazzarotto non ho saputo più nulla e le nostre strade sembravano ormai divise per sempre.
E invece nel 1974, tramite mia zia – anche lei insegnante all’Istituto Nazareth – mi ha ricercato, insieme a tutte quelle ex-alunne di cui aveva potuto trovare traccia, per invitarmi ad un incontro presso le suore di Villa Patrizi (via Morgagni) per un pomeriggio di festa e di amicizia con ragazzi che avevano difficoltà cognitive più o meno gravi e le loro famiglie.
Era il piccolo, piccolissimo seme di Fede e Luce, che allora non esisteva in Italia ma che Marie Hélène Mathieu e Jean Vanier – che avevano cominciato in Francia quattro anni prima – desideravano attecchisse anche in Italia per poter organizzare – dopo Lourdes 1971 – un pellegrinaggio Fede e Luce a Roma per l’Anno Santo 1975.
Vi sono andata insieme a Carolina, un’amica dei tempi del Nazareth che avevo ritrovato in Università e con la quale ero rimasta in contatto (lo siamo ancora oggi!) ma vi siamo andate più per curiosità che per altro.
È stato invece un pomeriggio che ha segnato la mia vita e la mia storia: servendosi di Mariangela e Chicca il Signore stesso mi attendeva, per dare un senso innanzitutto alla mia storia di sofferenza e ai miei tanti “perché?” dopo la malattia e morte di mia mamma e lo sfascio della nostra famiglia, e per svelarmi poco a poco il mistero insondabile del Suo Amore. Mi sono lasciata coinvolgere e travolgere da Fede e Luce e da Mariangela, non solo per dar vita ad alcune comunità Fede e Luce in vista del Pellegrinaggio ma per tessere ed allargare sempre di più la tela di: il desiderio inesauribile di Mariangela era, infatti, raggiungere il maggior numero di genitori per ridonare speranza e senso al loro dolore, ed a noi giovani donare certezze più solide, un senso più profondo e vero della vita e della fraternità.
Il pellegrinaggio c’è stato ed è stato un successo e la pianta di Fede e Luce ha iniziato a crescere e diffondersi con maggior vigore. Sono stati anni in cui molto del mio tempo libero (lavoravo in banca) era assorbito da Fede e Luce e man mano vi ho trascinato anche mia sorella, Lucia. Insieme, in abbiamo trovato una nuova famiglia e amicizie sincere, di quelle che durano per sempre.
E se l’albero è cresciuto, se sui suoi rami molti uccelli hanno potuto fare il nido, tutto questo si deve – sì – a tante, tante persone anonime che si sono impegnate silenziosamente ma soprattutto al coraggio e all’ardire di Mariangela, alla sua tenacia testarda nel bussare alle porte più svariate, innanzitutto a quelle del cuore, dei cuori più inverosimili, affinché altre nuove famiglie con un bimbo “speciale” non dovessero soffrire rifiuto, abbandono, solitudine come era capitato a lei prima di incontrare Fede e Luce.
Quando Chicca, a fine 1978, è andata in Cielo, Mariangela non ha rallentato la sua corsa ed i suoi impegni: tutt’altro! Niente e nessuno poteva fermare la sua sete ardente di offrire a ciascuno la necessaria consolazione, il sostegno nella prova.
La scuola di Fede e Luce (capitanata da Mariangela) ha così guidato anche molti di noi giovani sui sentieri sicuri della vita, ad alcuni suggerendo studi e/o professioni mirate al servizio del vasto mondo dell’handicap, ad altri insegnando a spalancare le porte ed allargare i confini della propria famiglia (i memorabili rinfreschi di nozze fedeluceschi, molto più preziosi delle bomboniere solidali …), ad altri ancora ha insegnato a mettersi in ascolto più attento delle proposte del Signore.
Per me personalmente i silenzi assordanti di Sabina, Noris e Clelia, i “pekkè?” incredibili di Carla, i sorrisi furbetti di Gianni o Mirella, sono stati quella “brezza leggera” di cui parla il Profeta Elia (1Re 19,12) e in cui si manifesta il Signore e la Sua volontà.
Mi sono interrogata a lungo se seguire l’esempio di Guenda (co-fondatrice del Chicco, ndr) – cosa che tu, Mariangela, forse speravi ed attendevi…– ma alla fine ha prevalso un altro input: “Devo dire a tutti che Dio esiste ed è amore” (M. Maria Oliva Bonaldo CM, Fondatrice delle Figlie della Chiesa), è Padre che mai abbandona ciascuno dei Suoi figli, e che nella Chiesa c’è spazio e bisogno di tutti, nessuno è uno scarto e solo insieme possiamo rendere bello il mondo; solo insieme, solo guardandolo con gli occhi colmi di stupore di Pablo, di Gianna, di Carla possiamo imparare a godere per un filo d’erba che si muove al vento, solo con la forza d’animo di Patrick possiamo gioire di arrivare ammaccati e tutti doloranti sul monte Meta, sulla meta dei nostri monti quotidiani.
Grazie Mariangela! La tua persona, la tua famiglia (non solo Chicca, ma anche Paolo, Nanni e Manolo con la loro fiducia serena, e tutto il clan Bertolini) sono state la finestra spalancata che mi ha fatto intravvedere e gustare orizzonti lontani e preziosi. E mi ha condotto, nel mio vagare per il mondo, ad incontrare, accarezzare, cercare di alleviare infinite forme di handicap, infinite solitudini e tristezze.
Sr. Maria Grazia Pennisi, 2014
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.128