“Vista la lontananza non pensavo che mi avrebbero affidato delle responsabilità internazionali! Ma, la mia filosofia di vita mi fa dire che quando Dio chiama, non ci sono buone ragioni di non volerlo ascoltare…” ci confida colei che aveva pensato – durante la fanciullezza – di diventare missionaria. Una croce di Taizé attorno al collo, un piccolo piercing sul naso, lo sguardo determinato, Anne-Marie Pike offre una testimonianza di abbandono edificante. Il suo impegno ha origine negli anni 70. “Alla morte di mio padre, poco prima del mio matrimonio con Roger, mia madre ha cominciato ad accogliere dei ragazzi senza genitori, alcuni dei quali erano handicappati. Noi abitavamo nelle vicinanze. Fu così che cominciai ad incontrare delle persone con handicap”, ci confida. Nel 1977,la giovane donna è molto colpita dall’incontro con Jean Vanier quando passò per la Nuova Zelanda.
Il più bel posto della Terra
Attirati dal progetto dell’Arca, lei e suo marito trovano l’occasione di concretizzare il loro desiderio nel 1989 al momento della morte di sua madre, dalla quale ereditano una seconda casa. Fondano allora una comunità di vita per persone con handicap mentale, uscite da vari istituti, che chiamano “Marralomeda”, che nella lingua aborigena significa “il più bel luogo del mondo”. Oggi accoglie 19 persone accolte in cinque edifici situati tutti accanto alla casa famigliare dei Pike. “Abbiamo fatto ciò che pensavamo dovessimo fare…non senza tremare! Ma ci sono stati dei segni, come quell’operatore sociale che dopo aver sentito Jean Vanier al momento del suo passaggio, aveva avuto un’idea simile alla nostra…Quando guardo indietro, mi riviene alla mente questa frase del vangelo: “Cercate prima di tutto il Regno e tutto il resto vi sarà dato in più”. “E’ stato proprio ciò che abbiamo sperimentato. Dio ha organizzato la mia vita molto meglio di come l’avrei fatto io!”
Così è cresciuto un accompagnamento di vita con le persone con un handicap, verso le quali ella esprime oggi una grande gratitudine. “Il più bel regalo che mi hanno fatto, è la profondità delle relazioni. Un esempio: nel 2011 ero a Lourdes per Fede e Luce quando mi hanno chiamata per dirmi che una delle prime donne accolte nella nostra comunità stava per morire. Così sono ritornata in Nuova Zelanda – due giorni di viaggio -, l’ho vista e due ore dopo era morta…” Qualche mese più tardi, la stessa cosa è accaduta con un’altra donna disabile con la quale aveva delle relazioni intense anche se non sempre facili. “Che regalo immenso! Questo dice per me la profondità del loro amore.”
Come intravede lei ora negli anni a venire l’evoluzione di Fede e Luce? Le comunità che invecchiano nei paesi occidentali rispondono ancora ai bisogni? Anne-Marie Pike sembra percepire nuovi orizzonti. “In Nuova Zelanda oggi ci sono molte istituzioni per le persone con handicap. Si pensa che debbano vivere la vita più normale possibile, in alloggi individuali. Il rovescio è che molte di loro sono molto sole a guardare la televisione: non si è avvertito il loto bisogno di vita sociali…Penso che sia una pista possibile per lo sviluppo di Fede e Luce in tutti i paesi occidentali al di là dell’incontro tra i genitori. E conclude con questo slogan “In Faith and Light, we’re about relationships!” (che possiamo interpretare con “In Fede e Luce viviamo proprio come in una relazione”, ndr).
Cyril Douillet, tratto da O&L n.195
Se da 1 si passa a 2…
I primi lettori di Ombre e Luci rimangono i più fedeli, ma siamo sempre di meno! E raramente possiamo annoverarne di nuovi.
Ombre e Luci è strettamente legata a Fede e Luce e, come quest’ultima, va avanti soprattutto grazie alla disponibilità delle persone senza badare troppo all’aspetto economico.
Un fatto però è evidente: senza un minimo di fondi non si può pubblicare una rivista, per piccola che sia. La nostra Ombre e Luci sembra piacere e non vogliamo quindi perdere l’amicizia che lega questa bella famiglia anzi, vogliamo allargarla ancora di più. Come trovare una soluzione?
Pensandoci…si può passare da 1 a 2?
Basta che ognuno di noi si impegni a trovare il sostegno
di un conoscente, un amico, un parente… almeno per un anno o due.
E ricordando che potete sempre richiedere una copia saggio gratuita per far conoscere la rivista oppure inviarci il nominativo di qualcuno a cui pensate possa interessare.
Dai coraggio! Lasci o raddoppi?
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.125