La vicinanza degli uni verso gli altri in questa Festa si manifesta attraverso l’azione della grazia di Dio, per mezzo del suo incommensurabile amore. Le chiese, qualunque sia la loro appartenenza, esultano e cantano. Le chiese cattoliche, che sono quelle che conosciamo meglio, si riempiono di luci e di preghiere; presepi e ghirlande avvicinano i cuori ad un mistero tanto grande quale è l’incarnazione del Figlio di Dio.
Soprattutto nei villaggi, davanti ad ogni porta è piantato un legno sul quale troneggia una coppa di frutti di papaya e all’interno brucia una fiammella alimentata dall’olio di palma. La proclamazione del Cristo come Luce del mondo è inequivocabile.
I cristiani cattolici del Benin osservano la liturgia latina che prevede la messa di mezzanotte e la messa del giorno di Natale, precedute dagli esercizi spirituali legati al periodo dell’Avvento.
Come spesso si dice: “Dopo l’ufficio divino c’è l’ufficio di… vino”.
Nelle parrocchie, nelle famiglie negli uffici pubblici e nei quartieri delle città e dei villaggi si organizzano delle allegre riunioni. Soprattutto i bambini sono gli invitati privilegiati. Genitori, amici e benefattori, travestiti o no da Babbo Natale, offrono loro dei regali. Ah, i regali! Tutti i bambini vogliono riceverne! E’ per questo, che a Natale, come di incanto, tutti diventano buoni.
I Kaleta: parlare della festa del Natale senza ricordare questi “piccoli clowns” mascherati dalla testa ai piedi, porta ad escludere una figura emblematica di questa festa. A dire il vero, l’uscita dei kaléta, i loro canti e danze sono un’aggiunta all’ambiente natalizio. Non dispiacia ai bambini paurosi!
Natale per i beninesi cristiani o no, è più che simbolico, è la gioia di vivere su questa terra in cammino verso l’Eternità. E quando il Natale è passato si prendono subito appuntamenti per l’anno seguente.
Sr. Marie Antoinette – Benin
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.124