Il 28 aprile di quest’anno presso il Collegio agostiniano di Santa Monica a Roma si è tenuta una giornata di formazione per gli assistenti spirituali di Fede e Luce. Sono intervenuti assistenti spirituali di diverse comunità della provincia Kimata ma anche di Mari e Vulcani, nonché altri religiosi legati in passato a FL.
L’esperto don Massimo Boarotto (preziosissima anima consacrata dell’organizzazione insieme allo splendido anfitrione padre Alberto Bochatey) ci aveva avvisato: “I preti non amano molto essere formati perché lo fanno e lo hanno fatto molto”. Invece, evidentemente, lo spirito con cui questi quindici uomini e una donna si sono accostati all’incontro è stato diverso.
Il tema era il ruolo degli assistenti spirituali e tutti i ‘discenti’ hanno portato con sé l’inclinazione a ricevere che ben conoscono quelli che frequentano Fede e Luce. La mia impressione è che non deve essere facile, per chi all’interno delle parrocchie e delle comunità religiose è abituato a ricoprire un ruolo operativo e allo stesso tempo di guida, muoversi in punta di piedi in una comunità di laici. Ma proprio questo è stato il nucleo delle testimonianze (soprattutto dei sacerdoti relatori): l’umiltà di mettersi in discussione e di sentirsi un amico come gli altri, pur con le proprie caratteristiche precipue, evitando ogni tentazione paternalistica ma rappresentando un punto di riferimento per la spiritualità del gruppo (in una dimensione ecumenica e sempre accogliente).
Nel pomeriggio ci sono stati gli interventi che mi hanno colpito di più soprattutto quelli di due mamme storiche di FL a Roma (Enrica Cofano e Mariangela Bertolini): non tanto per i temi trattati ma per come hanno raccontato pezzi di storia del movimento e frammenti di vita. La loro vita e quella dei loro figli è cambiata radicalmente quando hanno incontrato Jean Vanier e la sua idea, allora rivoluzionaria: ‘vale la pena dare la vita per i nostri ragazzi’. Ma si è poi conclusa questa rivoluzione? Forse c’è ancora un salto di qualità da fare per abbattere l’isolamento: costruire un’amicizia vera, duratura e affidabile. E i sacerdoti possono agire da ponte in questo processo.
Non è un percorso facile, anche nella mia piccola esperienza, e si costruisce giorno per giorno cercando di andare aldilà delle occasioni canoniche d’incontro e di aprire le anguste e spesso impenetrabili corazze nelle quali ci auto rinchiudiamo nella vita di tutti i giorni. Inoltre secondo Mariangela bisogna andare oltre quello che si vede per potere arrivare a credere che nel ragazzo c’è lo Spirito della Trinità: è un messaggio molto forte, approdo di un cammino individuale a prescindere da FL. Ma forse non è impossibile se un partecipante mi ha detto che lo ha colpito che per molti di loro “l’esperienza in Fede e Luce ha i tratti del ricevere più che del dare perché siamo costantemente visitati da Dio che ci parla attraverso la tenerezza, l’affettuosità e la fragilità dei ragazzi; la delicatezza, la profondità e la sofferenza dei genitori o la passione, la cura e l’entusiasmo degli amici.”
Mariangela parla spalancando i suoi occhi azzurri e il suo carisma, anche quando sprona i sacerdoti con fare materno e un po’ burbero, viene percepito dall’uditorio, tanto che scherzando un padre la chiama “vescovessa”. Ecco che le previsioni di Don Massimo sono state smentite: anche sacerdoti esperti e maturi sembrano sentire di poter imparare qualcosa da una “non consacrata”.
Per concludere quali migliori parole per ispirarsi di quelle di don Lino Cassi (che purtroppo non ha potuto essere presente fisicamente):
Sono partito
spinto dal desiderio
di aiutare i poveri
e ho scoperto i disabiliHo condiviso con loro
e ho incontrato
il mistero del piccoloHo ascoltato
questo vangelo vivente
e mi si è rivelato un maestroHo seguito i suoi passi
e ho trovato la pace
Forse se gli assistenti spirituali faticano a trovare un ruolo quello di aiutare come speleologi alla scoperta del mistero del piccolo potrebbe essere una strada appagante.
Paolo Chirichigno , 2012
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.120