Caro Jean, pochi giorni fa è morto Massimo, che abitava nella casa-famiglia Il Carro dove vivo da più di vent’anni con la mia famiglia. Massimo abitava con noi solo da un anno e mezzo, ma la sua conoscenza risaliva, come tante altre, a un incontro fatto tanti anni fa (più di trenta!) grazie a Fede e Luce: incontro con i suoi genitori, con la sua mamma che, come tante altre, viveva solo per il suo figliolo così particolare… Massimo infatti non camminava, non parlava, dipendeva in tutto e per tutto dalle mani e dallo sguardo amorevole di chi gli stava vicino. La sua mamma e il suo papà tanti anni fa mi avevano detto che, una volta passati dall’altra parte, avrebbero desiderato per Massimo un posto nella nostra casa-famiglia. E in tutti questi ultimi anni, fino alla sua morte avvenuta due anni fa, la mamma Rossana, che non vedevo mai, mi telefonava con regolarità ogni due-tre mesi, per essere certa che mi ricordassi di lei e del suo Massimo.
Perché ti scrivo queste cose? Certo, potrebbe essere un modo di elaborare il lutto per la sua perdita, cosa che nella nostra casa-famiglia succede per la prima volta (abbiamo “accompagnato” tanti dei nostri ragazzi alla perdita dei genitori, ma ancora non era mai capitato con “uno di noi”). Ma molto forte e profonda è in questo momento la consapevolezza e la gratitudine per il ruolo che tu, con la tua vita e le tue parole, hai avuto nella mia storia personale. Quando ti ho conosciuto ero un ragazzo che, agli albori di Fede e Luce, stava scoprendo come la propria vita possa improvvisamente trovare un senso proprio lì dove il mondo non sembra trovarlo. La prima volta, se non ricordo male, ti ho incontrato a casa di Mariangela dove, con Paolo e Chicca, eri uno di famiglia! Ho avuto poi la possibilità di cominciare a conoscerti meglio ed ascoltarti parlare nelle varie occasioni che si presentavano in Fede e Luce (pellegrinaggi, Katimavik, incontri…), e collaborare più volte con te nella realizzazione di questi eventi.
Nel frattempo, i miei legami con i nostri “ragazzi” (come sempre li chiamiamo, anche adesso che molto più di prima superano i sessanta!) e con le loro famiglie sono diventati sempre più forti, e ho cominciato a interrogarmi sempre più spesso sul concetto di “fedeltà”: fedeltà agli affetti, fedeltà a un incontro, a una storia personale, a una “chiamata”… e questa ricerca di una risposta ha via via determinato le scelte progressive della mia vita, fino ad arrivare a quella, determinante, di vivere la mia vita quotidiana al fianco dei nostri amici più fragili, per essere “famiglia” con e per loro. Non a caso, quest’ultima chiamata è arrivata proprio dopo averti ascoltato una volta di più, e aver capito che ancora qualcosa mi mancava…
Per questo sento forte il bisogno di dirti: GRAZIE. Grazie per avermi suggerito che “un’altra vita è possibile”, grazie per avermi aperto lo sguardo sulle ricchezze e profondità dei nostri fratelli più fragili, grazie per avermi insegnato che la relazione, il perdono, l’amore, nascono solo a partire dalla scoperta e dall’accettazione dei nostri limiti e delle nostre fragilità più nascoste…
Oggi, con mia moglie Ivana e le nostre tre figlie, cerchiamo di vivere a partire da ciò che è piccolo e semplice, aiutati e spinti dai nostri “fratelli adottivi” che ci pongono sempre davanti all’essenziale. Certo, non è sempre facile, con tutte le sollecitazioni che al giorno d’oggi provengono dal mondo circostante. Ma ogni giorno scopriamo come sia proprio questo radicamento nella vita condivisa a tenerci con i piedi per terra, a costringerci al discernimento quotidiano; è la continua richiesta: “mi vuoi bene? mi guardi? mi ascolti?” che sollecita e costringe il nostro cuore a non inaridirsi, a farsi continuamente di carne. E insieme all’ascolto della parola di Gesù, sono ancora i tuoi libri, le tue meditazioni, il ricordo delle tue testimonianze, a farci da faro e a ricordarci il “come” e il “perché”.
Oggi la scomparsa di Massimo sembra aggiungere un ulteriore tassello al senso di questo percorso. E penso a te che, dopo aver “lasciato andare” tante persone care, ti avvicini al tempo del “partire”.
Rendo grazie al Signore per i Suoi doni e soprattutto per quelli elargiti attraverso di te e la tua capacità di farti profeta della Sua parola e della Sua presenza ai piccoli. Che la Sua bontà ti conceda, in questo volgere alla sera della tua vita, di percepire l’affetto, la vicinanza, la gratitudine e la preghiera dei tanti cuori che hai convertito.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 119/2012