La nostra scelta di accogliere Cristina in famiglia parte da lontano perché, da quando siamo sposati, cerchiamo di tenere la porta di casa un poco aperta all’accoglienza di altre persone: sia amici che ragazzi che altri ancora. Per cui arrivare all’idea di prendere in affidamento un bambino con handicap è stato un percorso graduale e di tutta la famiglia; perché quando apri la porta di casa è tutta la famiglia che accoglie, compresi i figli che hai già ed anzi se non avessimo avuto i figli molto probabilmente non avremmo accolto né Cristina né altri.
Quando nell’autunno 2006 ci fu proposto di accogliere Cristina (bambina down di 7 anni) ci è stato subito chiaro che, con questo affidamento familiare, sarebbe diventata nostra figlia. Appena ascoltata la proposta si sono affollati nelle nostre teste pensieri e timori che abbiamo sentito molte volte da tanti genitori di FL; quale sarà il suo futuro dopo di noi? Come l’accoglieranno i nostri figli (oggi piccoli e domani adulti)? Ce la faremo ad essere genitori di tutti? Ci rendiamo conto che lei sarà sempre “piccola”? Avremo abbastanza forza e pazienza per combattere con tutti quelli che ruotano intorno a lei (scuola, terapisti, assistenti sociali, Usl, giudici, neurologi, ecc.)?
Abbiamo pregato e poi chiesto consiglio ad alcuni genitori di Fede e Luce che si sono aperti raccontandoci il loro vissuto ed incoraggiandoci a proseguire. Insomma, dopo un periodo di conoscenza reciproca, Cristina entrava a casa nostra, dove è tuttora.
Cosa possiamo dire oggi a 6 anni di distanza? A volte è difficile rispettarla nei suoi tempi e nei suoi modi quando siamo presi dagli impegni; però la sua presenza ci ricorda e ci obbliga a ripensare il nostro modo di vivere: efficiente, competitivo, chiusi in difesa dagli altri, governato dall’apparenza e dove tutto ha un prezzo. Lei ribalta i punti di riferimento: è bello stare con gli altri anzi più sono e meglio è, il tempo scorre senza orario, nessuno viene giudicato ed ognuno merita un sorriso. Mica poco.
Da qualche mese in via informale ci hanno fatto sapere che c’è la possibilità che l’affidamento possa trasformarsi in adozione. Questo nuovo passaggio ci ha smosso dentro pensieri che credevamo sopiti e ci ha fatto rendere conto che le domande iniziali sono ancora tutte in piedi, pur se cerchiamo di dargli risposta ogni giorno nel continuo trasformarsi della famiglia.
Con il sentimento abbiamo già detto il nostro sì a questa nuova possibilità, ma poi, con la ragione, ci siamo chiesti cosa ne pensassero i nostri figli naturali (ora di 15, 13 e 8 anni). In effetti, il cambio di prospettiva da “per qualche anno” al “per sempre” ha creato interrogativi e timori in qualcuno di loro, di cui noi genitori dobbiamo tenere conto per non schiacciare i nostri figli sotto una responsabilità impostagli da noi.
Certo, la scelta rimane nostra (di noi genitori), ma è già nostra responsabilità aver dato questo percorso (di accoglienza) alla famiglia fin dalla sua costituzione e quindi sarà anche nostro impegno continuare ad accompagnare i nostri figli naturali attraverso domande le cui risposte vanno scoperte giorno dopo giorno, perché affrontarle tutte insieme può essere un carico troppo grande e senza pretendere di averle risolte una volta per sempre perché la vita si rinnova in continuazione. Per una “sorella” ne vale la pena!
Giacomo e Francesca, 2012
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.120