Devo dirvi subito che sono rimasta incantata: non potevo credere ai miei occhi. Di recite “così” ne ho viste tante ma non mi era mai capitato di trovarmi davanti attori improvvisati certo, ma irriconoscibili. Quando un re è salito sul trono, ho dovuto faticare per riconoscere un giovane da me ben conosciuto. L’avevo sempre visto timido all’eccesso, incapace di dire una frase di seguito senza interrompersi… Era lì, regale, sereno, a proclamare la sua parte. Ma è proprio lui?
Quando poi ha fatto il suo ingresso in scena un trono semovente, ricco di addobbi, su cui sedeva una regina ingioiellata, con tanto di diadema e un viso quasi protervo nella sua regalità conquistata… ho fatto fatica a riconoscerlo come una sedia a rotelle… chi può credere che sia proprio lei? Ma poi tutte le scene, accuratamente allestite, adibite da un misto di persone che si muovevano con disinvoltura, vestite con cura e gusto, fare da interpreti e da accompagnatori, cantare, ballare, interpretare.
E oltre a notare l’attenzione e la cura con cui erano state scelte e assegnate le parti, la cosa che saltava agli occhi era la compostezza degli attori, sani o disabili, unita da una fierezza di essere lì, loro, proprio loro, a giocare quel ruolo…
Mi compiacevo tra me e me per la bravura dei registi, degli acconciatori, dei sarti, dei trovarobe, e non potevo che sottolineare l’impegno e la pazienza necessaria ad un tale risultato: ogni persona era un personaggio importante e consapevole di esserlo. Quale arte pedagogica c’era dietro tale successo, quale empatia si era vissuta per mési insieme, quale rispetto riservato a ciascuno…
Me ne andavo verso l’uscita mentre i battimani scrosciavano, quando mi sono sentita chiamare a gran voce da quattro persone che nel semibuio della sala non avevo riconosciuto subito: stretta di mano, baci e abbracci, gioia di ritrovarsi… “Come mai siete qui?” Forse perché il loro accompagnatore era fuori, sono rimasta sorpresa di vederli così “autonomi”, così liberi di esprimersi, così fieri di essere lì come normali spettatori.
Li guardavo commossa e ripensavo al loro lungo cammino di crescita, di uscita faticosa dalla famiglia, degli smarrimenti affettivi; ai momenti difficili per ognuno di loro.
Anche loro facevo fatica a riconoscerli da come li avevo lasciati anni fa. Anche per loro ci sono stati dei registi, dei pedagoghi, degli accompagnatori che con cura, attenzione, dedizione, rispetto hanno fatto di loro non degli attori, ma delle persone, delle vere persone.
Nel mio cuore mi dicevo: quanti disabili troveranno una casa famiglia così appropriata come hanno avuto loro la fortuna di trovare?
Mariangela Bertolini, 2011
Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.
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Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.115