Narra in prima persona, attraverso magistrali descrizioni di situazioni e luoghi, le vicende di Lina, la protagonista, di sua madre e del suo fratellino: una famiglia lituana, divisa dal capo famiglia e deportata, dopo un lunghissimo drammatico viaggio, prima in un campo di lavoro poi in altro situato oltre il circolo polare artico, dove i lituani , dopo il duro lavoro imposto da aguzzini senza pietà, dovranno persino costruire delle capanne di fortuna per ripararsi dall’implacabile gelo dell’inverno artico.
Nonostante le situazioni di terribile sofferenza che si susseguono, intollerabili per la mente umana, emergono sentimenti di solidarietà, di speranza, di sostegno reciproco, l’intensità e la forza dei legami familiari che tuttavia non escludono gli altri. Lina narra le sue vicende e cerca in qualunque modi di disegnare tutto ciò che vede per lasciarne testimonianza, nella speranza di far arrivare i suoi disegni al padre affinché egli possa rintracciarli.
Come in un disegno in chiaro scuro, dove lo scuro sono le descrizioni delle atrocità perpetrate da Stalin ai danni dei popoli baltici, emerge in chiaro un inno alla vita e alla speranze che fa del libro un testo per molti aspetti lieve non cruento, dove accanto a momenti tragici ne troviamo altri di grande tenerezza ed anche di ironia e serenità. Un bel libro da leggere, per conoscere meglio e dare riconoscimento e rispetto ai popoli baltici sterminati e perseguitati crudelmente dal regime stalinista, ma va letto soprattutto perché insegna ad amare la vita e a condividere con gli altri quello che si ha, anche in condizioni estreme.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.116