L’estate, che per i più è sinonimo di vacanze, di viaggi, di soggiorni al mare e in montagna, di nuovi incontri e di nuove scoperte, è purtroppo anche periodo in cui molte persone sperimentano la solitudine della non vacanza.

C’è chi non si può muovere per malattia o per accudire un parente costretto in casa. C’è chi non si può permettere di andare né al mare né in montagna perché i soldi sono pochi, il marito è senza lavoro. C’è chi è troppo vecchio e non ha nessuno che lo aiuti a lasciare il guscio rassicurante della propria casa. C’è chi è solo, troppo solo…

Si fa presto a dire: devi staccare la spina, devi distrarti, prenderti qualche giorno di riposo, così non puoi andare avanti…Chiedi aiuto a qualcuno…

È proprio questo il punto difficile.

Come e a chi chiedere aiuto?

Quando si sperimenta la solitudine — che è, lo ricordiamo, l’anticamera della depressione — si è talmente svuotati di forze e di energie; si è così sconfortati nel profondo; si è così incapaci di intravedere una via d’uscita che non si riesce a concepire una soluzione. Ci si lascia trasportare dal pessimismo, così che coinvolge tutto e tutti e da soli non si fa che sprofondare sempre di più nel grigiore del “tirare avanti”, tanto ormai!

Ci siamo abituati, ahinoi, a vivere ciascuno per conto proprio che finiamo per non accorgerci di ciò che succede nell’appartamento vicino.

Andiamo in vacanza e ritorniamo felici, troppo dimentichi di chi non ha il coraggio di chiederci aiuto.

Poi accade che, quando qualcuno in preda alla disperazione commette un gesto insano, ci diciamo l’un l’altro smarriti: “Non ne sapevamo niente!”

Prendiamone atto: ci siamo allontanati troppo da qual modo di vivere di un tempo, nei paesi o nei villaggi, dove tutti sapevano tutto di tutti. Dove i figli erano i figli di tutti. Dove i nonni, anche i più anziani, facevano da guida, ascoltavano e consigliavano. Si era allora molto meno soli e più solidali gli uni verso gli altri. Le porte e le finestre erano aperte, non chiuse da griglie e marchingegni antifurto.

Insieme all’aria circolava la parola, le chiacchiere…E quando la campana del paese suonava a morto, si faceva silenzio perché si sapeva chi stava lasciando questa terra.

Indietro non si torna! Certo, lo so fin troppo bene. Ma so anche che, con il pensiero rivolto a quei tempi con un po’ di nostalgia, potremmo guardarci in fondo al cuore e chiederci che cosa possiamo fare per portare un po’ del nostro riposo vacanziero a tutti quelli che non ne hanno goduto neanche un po’.

Spalanca le nostre braccia, o Signore, apri i nostri cuori induriti. Sprona le nostre ritrosie, il nostro troppo rispetto e facci correre verso chi non sa chiedere aiuto, verso chi non grida più perché nessuno lo ascolta, verso tutti quelli che, nostri fratelli e sorelle, non credono più alle nostre parole cristiane proprio perché troppo spesso rimangono solo parole.

Mariangela Bertolini, 2010

Mariangela Bertolini

Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.

Tutti gli articoli di Mariangela

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.111

“Non ne sapevamo niente!” ultima modifica: 2010-09-30T18:50:59+00:00 da Mariangela Bertolini

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.