I benefici che può portare il contatto con un animale si possono riscontrare nei soggetti ipertesi, nella riabilitazione neuro-motoria, nello sviluppo della coordinazione, nella demenza senile, nel trattamento delle stereotipie dei soggetti affetti da autismo…
Presso il Centro per la diagnosi e cura delle cefalee dell’età evolutiva dell’ospedale IDI – San Carlo di Roma, si utilizza da sette anni questa metodologia per recuperare le difficoltà di alcuni soggetti affetti da cefalea causata da un disagio psico-ambientale e da soggetti con differenti diagnosi: sindrome di iperattività, disturbi pervasivi dello sviluppo, disturbi del sonno, disturbi dell’ansia, disturbi dell’umore (Vita Con, 6-2010).
L’esperienza è stata portata avanti su 25 pazienti in un primo studio sperimentale e, visti i risultati soddisfacenti (Moscato, 2006), successivamente su 40 ragazzi tra i 4 e i 16 anni riscontrando un miglioramento delle cefalee nel 50% dei casi. Il responsabile del centro e del progetto, il prof. Davide Moscato, neuropsichiatra infantile, mi spiega come, in un parco attrezzato nel verde di Roma (prima proprio all’interno dell’Ospedale) e con la supervisione di alcune psicoterapeute, gruppi di bambini con le difficoltà sopra descritte interagiscano con diversi tipi di animali in un ambiente naturale. Sottolinea come il rapporto con l’animale riattivi un rapporto ancestrale, ma dimenticato. Di fronte ad un cucciolo, o comunque ad un animale percepito come non pericoloso, le difese si abbassano e con queste lo stato di allerta normalmente attivato. L’elettroencefalogramma di una persona che accarezza un gatto che fa le fusa tende a stabilizzarsi, diminuisce il ritmo cardiaco e respiratorio, la pressione arteriosa e del tono muscolare…in opposizione e miglioramento rispetto alla risposta negativa causata dallo stress.
L’animale con il suo comportamento non verbale rappresenta un importante mediatore emozionale per il bambino che non riesce a comunicare o gestire i suoi stati d’animo, oppure che ha veri e propri disturbi della comunicazione. Il bambino crea con l’animale un rapporto empatico e lo spinge a identificarsi con esso, lo aiuta a riconoscere le proprie emozioni e accresce la fiducia in sé.
I bambini entrano in contatto con animali di diversa taglia e con ognuno di essi devono imparare regole di trattamento diverso: la carezza che si può fare ad un coniglio sarà diversa da quella offerta al pony.
Il professor Moscato spiega come alcune delle patologie trattate ritardino le tappe di sviluppo ma non le blocchino; perché questo ritardo sia colmato quanto possibile è utile far sì che l’apprendimento di alcune competenze avvenga con altre modalità: l’interesse per il mondo animale fa acquisire competenze pre-verbali essenziali per lo sviluppo successivo. Il terapeuta si fa mediatore dell’acquisire consapevolezza nel bambino: fa prendere coscienza di queste competenze attraverso lo scambio tra bambino e animale e, condividendo le comprensioni raggiunte nel gruppo allargato di bambini, migliora anche il rapporto con i pari e con gli adulti di riferimento. Le terapeute coinvolte sono preparate al rapporto con il mondo animale e sanno introdurre i bambini ad un corretto contatto e accudimento dell’animale e capaci di gestire un gruppo.
I bambini già avviati in questa terapia divengono a loro volta i nuovi terapeuti dei bambini appena arrivati.
Alcune mamme di questi giovani pazienti sono intervenute al convegno sulla Cefalea in Età Evolutiva tenutosi il 15 maggio scorso presso l’IDI. Il professor Moscato ha preferito che parlassero loro con le loro esperienze: hanno raccontato dei benefici ricevuti attraverso questa forma di terapia, del cambiamento avvenuto nei loro figli e anche in loro stesse. I bambini, che avevano cefalee anche importanti e invalidanti con una grossa componente psico-ambientale, hanno notevolmente migliorato la loro condizione, risultata poi stabile nel tempo (al controllo ad un anno dalla fine della terapia).
Una di loro ha descritto i benefici ottenuti nel suo rapporto con il figlio: se al momento dello scatenarsi di una crisi cefalalgica era subito pronta con un antidolorifico a calmare il dolore, incontrando questo nuovo approccio – per quasi tutte inaspettato- ha cominciato a prendere il figlio con sé per fare una passeggiata al parco, magari al laghetto a far mangiare le nutrie… scoprendo che dopo spesso non c’era più bisogno del farmaco.
Le difficoltà non sono poche: per gestire e mantenere una struttura come questa — una vera e propria piccola fattoria, con pecore, agnelli, capre, pony, cani, gatti, conigli, uccellini…ognuno adatto alle problematiche di un bambino – occorrono persone che si curino degli animali e del verde quotidianamente e di veterinari capaci.
Ma evidentemente una fatica così ben ricompensata ha stimolato nuovi progetti: allo stesso convegno è stato presentato il nuovo progetto pilota che vedrà per un anno la sperimentazione di pet therapy per la riabilitazione dei bambini autistici presso il parco marino Zoomarine di Torvajanica (RM) con animali come leoni marini e foche.
Questi animali sono stati scelti per vari motivi: sono insoliti, grandi e stupefacenti, in grado di poter stimolare nel bambino autistico un’esperienza davvero sorprendente e di grande impatto emotivo; si trovano bene anche fuori dall’acqua e i bambini possono vederli bene e da vicino sia nelle grandi vasche che toccarli fuori: sono mammiferi che vivono nell’acqua ma che hanno bisogno di emergere per respirare, come i bambini autistici hanno bisogno di imparare a lasciar affiorare la loro capacità relazionale.
Il progetto si articola in sedute settimanali di un’ora e mezza per gruppi di quattro bambini che vengono valutati all’inizio del percorso e successivamente a tappe di quattro mesi. La presenza di questo parco marino alle porte di Roma, considerata la sua alta qualità, la presenza di personale altamente specializzato e il suo approccio dedicato sia al divertimento che alla creazione di un nuovo rapporto tra uomo e animale, ha permesso la realizzazione di un sogno fino ad ora poco praticabile.
Lo scopo è chiaro: non si può guarire l’autismo ma si può provare ad agganciare il bambino autistico perché emerga, quanto possibile, la sua capacità emotiva. E con questa, altre e diverse possibilità di sviluppo. Alla fine dell’anno vedremo se i risultati sono davvero incoraggianti.
Cristina Tersigni, 2010
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.110
Sommario
Editoriale
Il suo primo grido fu di gioia di M. Bertolini
Dossier: L’incanto della natura
Mangiar sano, dormire bene e… natura! a cura di C. Tersigni
Cani, pony e leoni marini a cura di C. Tersigni
Dibattito
Desideri di tutti
È legittima l’assistenza sessuale per le persone con handicap? Intervista di M.V.P. da O&L 172
Il giardino dei desideri estratto da “Un Volo di Farfalla”
Alti articoli
Mai soli di Elisabetta de Rino
Lo sapevate che…?
Silenzio di Penablù
Dialogo Aperto
Inizio dell’Anno della Tigre di P. Marazzi
Libri
La Terza Nazione del Mondo, M. Schianchi
Cortocircuito, E. G. Belotti
Sembrava impossibile, M. Bertassa
Sotto cieli noncuranti, B. Cibrario