L’inserimento delle persone con handicap nella scuola è importante per loro e per i loro compagni normodotati che devono imparare ad accettare chi è diverso e avere una cultura dell’accoglienza.
Per quanto riguarda l’autismo, senza solide conoscenze da parte degli operatori della scuola si rischia di fare grossi guai e soprattutto si rischia il pregiudizio di un’ingestibilità della persona autistica che, come in una profezia auto-avverante diventa con il tempo realmente ingestibile se non si interviene con metodo e competenze. Che fare dunque? Poco tempo fa ho partecipato ad un convegno promosso dalla CGIL Scuola su questi temi dal titolo: “indietro non si torna”; bene! Non torniamo indietro, salviamo la legge, ma rendiamola funzionale.
Se posso fare una ipotesi sulla quale aprire un dibattito devo dire che, preso atto che per le persone con autismo la preparazione del personale educante è l’aspetto che fa la differenza, si potrebbe pensare a scuole specializzate su questo handicap; ovvero scuole normali nelle quali però vengono indirizzati quei portatori di handicap che hanno la diagnosi di autismo. Questo farà si che le conoscenze, non dell’insegnante di sostegno, che può cambiare, ma dell’intera scuola compreso il personale ATA, sull’autismo divengano conoscenze sedimentate e certe e quindi competenze reali. In una piccola città basta che in un circolo didattico ci sia una scuola così attrezzata per ogni ordine e grado e sicuramente avremo risolto il problema di molte persone con autismo e dei loro familiari.
Storia di E.
E. è un bambino autistico di dieci anni non verbale. Ha frequentato la scuola materna e da quando è stato diagnosticato il suo autismo ha avuto una insegnante di sostegno in rapporto 1 a 1. Naturalmente le insegnanti di E. non conoscevano nulla dell’autismo, così pur con buona volontà commettevano errori grossolani come quello di redarguire E. e i suoi compagni a voce alta. Ogni volta che questo accadeva E. aveva delle reazioni di collera, andava contro il primo muro che trovava e sbatteva la testa. Questo gettava nel panico le maestre le quali, sempre involontariamente, rafforzavano con l’attenzione immediata e allarmata quel suo comportamento. Fu così che E. imparò che quando voleva ottenere qualche cosa doveva sbattere la testa contro il muro. Ben presto la reiterazione dell’atto provocò a E. una sporgenza in piena fronte, un callo, e tuttavia E. imparò che, quella che era diventata una strategia dolorosa per l’ ottenimento di qualche cosa, poteva essere una strategia e basta. Infatti in seguito, metteva una mano tra fronte e muro per tamponare il male, mantenendo inalterata l’efficacia dell’ atto.
Negli anni della scuola materna, nonostante lo sforzo della Fondazione e della famiglia per assicurare ad E. personale preparato e una continuità didattica, E. ha cambiato 20 insegnanti tra titolari, supplenti e supplenti di supplenti il tutto avvallato anche dai sindacati della scuola.
Alla scuola elementare, scuola che E. tuttora frequenta, pur essendo arrivato solo alla quarta elementare ha già cambiato una decina di insegnanti di sostegno oltre a quelle curriculari come i suoi compagni. Nell’ultimo anno in forza dei tagli del Ministro gli è stato tolto il sostegno in rapporto 1 a 1 (quasi fosse guarito dal suo autismo), le ore che non passava più con l’insegnante di sostegno (supplente) sono state affidate ad educatrici pagate dal Comune di residenza di E. e formate dalla Fondazione.
Se possiamo trarre un bilancio della presenza di E. nella scuola fino ad oggi con queste premesse dovremmo dire che il suo permanere è stato solo negativo e invece, nonostante tutto, si può ritenere positivo. Infatti E. è ben inserito nella scuola, ben voluto dai compagni, è un gran lavoratore, fa somme e sottrazioni, scrive e legge semplici parole, cerca di controllare le sue stereotipie e soprattutto osserva il comportamento dei suoi coetanei cercando di imitarli. A chi si deve allora questo successo? Non certo all’istituzione scolastica o al Ministro, ma in maggior parte ad E. che ha imparato sulla sua pelle con fatica e con stress indicibile a gestire i moltissimi imprevisti che nella scuola gli sono capitati.
Storia di F.
F. è un ragazzo arrivato alla Fondazione da circa un anno. Quando è arrivato stava frequentando la terza media. Il suo curriculum scolastico, come ha riferito la madre, è andato peggiorando con l’età e con la scuola. Infatti se c’erano stati meno problemi alle elementari questi erano invece insorti prepotenti alle medie. Gli insegnanti delle medie curriculari e di sostegno riferivano di molte difficoltà di gestione e di nessun miglioramento cognitivo. La cosa ci sembrava un po’ strana visto che nelle sedute educative in Fondazione F. dava sempre buoni risultati, era collaborativo e non aveva comportamenti violenti né verso se stesso né verso gli altri. La famiglia di F. rincuorata anche dai miglioramenti visti nell’ultimo anno decise di iscrivere F. in un istituto superiore. Gli insegnanti dell’Istituto si raccordarono in anticipo con gli insegnanti delle medie inferiori e con la Fondazione. Da dietro lo specchio unidirezionale videro lavorare F. e valutarono che F. in effetti avrebbe potuto frequentare l’istituto senza grandi problemi. All’inizio dell’anno invece, dopo pochissimi giorni di frequenza di F. a scuola, gli insegnanti richiesero alla ASL del posto una visita specialistica nel tentativo di far certificare F. come non idoneo alla frequenza in una scuola superiore. A riprova dell’ingestibilità di F. e di quanto questo fosse pericoloso portavano e facevano vedere in ogni occasione un fazzoletto di scottex con racchiusa una ciocca di capelli che il terribile F. aveva strappato ad un docente.
Quando la madre sconfortata ci riportò l’episodio la Fondazione decise di prendere una posizione intransigente nei confronti della scuola e dell’ ASL dando da una parte la sua più completa disponibilità a collaborare con l’istituto per un buon inserimento di F. e nello stesso tempo riservandosi di agire anche legalmente qualora F. fosse stato rifiutato.
Oggi F. frequenta la scuola ad orario ridotto. Non ci sono stati più episodi traumatici tuttavia nonostante i
reiterati inviti fatti agli insegnanti a collaborare e ad accettare consigli questi si sono limitati ad avere con la Fondazione solo rapporti formali e commisurati strettamente con l’orario di lavoro.
A nessuno insomma è venuto in mente che quell’unico episodio violento di inizio anno era stata dettato dalla insipienza del docente e che se poi non ce ne sono stati più grande merito va a F. che di indole è proprio un bravo giovane.
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