“Da quando è morta mia moglie, sei mesi fa, confessa Bernard, ho evitato che mio figlio, gravemente disabile, lo venisse a sapere. Lo shock sarebbe stato troppo forte per lui. Da quel momento, non lo riconosco più, è cambiato: a volte aggressivo, a volte depresso.”
Come per molti altri genitori, l’esperienza di questo papà è illuminante: suo figlio, limitato nelle capacità d’espressione, traduce la sua sofferenza morale con un cambiamento radicale nell’atteggiamento.
Per Anne Bindels, infermiera formatrice di cure palliative e mamma di due bambini con sindrome di Down, “è un segnale che il bambino è profondamente colpito dalla morte di sua madre, anche se questa gli è stata nascosta.” Fatica, agitazione, ritorno di alcuni disturbi dello spettro autistico, perdita dell’appetito, mutismo, regressioni funzionali, autolesionismo… Tutti cambiamenti nel comportamento che devono essere interpretati dalle persone che circondano il bambino come altrettante richieste d’aiuto.
Non nascondergli niente
Naturalmente, non è mai facile parlare della morte a un bambino: si teme che non capisca o che resti traumatizzato, ancora di più se è colpito da una disabilità mentale e se il lutto lo tocca da vicino.
“Ma le parole -per quanto inadeguate possano essere- sono sempre migliori del silenzio”, insiste il dottor Pierre Nguyen, psichiatra infantile. Infatti, qualunque sia il livello del suo handicap, il bambino percepisce l’atmosfera di tristezza o di smarrimento che regna intorno a lui. Spesso ha addirittura come un sesto senso, un’intuizione e un’empatia particolari per il dolore degli altri. Allora perché scegliere di mentirgli e allontanarlo da tutte le espressioni del lutto familiare?
Che il bambino sia gravemente disabile, o abbia un handicap leggero, le parole devono essere pronunciate. Perché niente è più doloroso per lui, niente è più ansiogeno che scoprire la morte “in ritardo”, e sentirsi escluso.
“Al contrario, se la verità gli è rivelata con dolcezza, senza mostrare shock o smarrimento, sottolinea Jacqueline Massonnet, psicologa clinica, è un segno di rispetto e di fiducia nelle sue capacità.” Da qui la necessità assoluta di informare il bambino. Per farlo, scegliere delle parole semplici, adatte alla sua età mentale. Dire per esempio “è successa una cosa grave che ci fa soffrire molto: Nonno è morto. Non lo vedremo più e ora ci mancherà, ma penso che lui sia felice vicino a Gesù.”
Far partecipare il bambino ai riti di addio
Anche se l’annuncio della morte sarà necessariamente una prova per il bambino, l’essenziale è che si senta coinvolto nel gruppo, integrato nel nucleo familiare. In questa occasione, i genitori non devono avere paura di mostrare il loro dolore. Anche loro possono dire che sono tristi perché “non è giusto voler proteggere a ogni costo il proprio figlio da ogni emozione” avverte ancora il dottor Nguyen. Come qualsiasi esperienza della vita, la morte di una persona cara è una tappa costruttiva della personalità, perché ci fa confrontare con la realtà, e non più con la morte virtuale della televisione o dei videogiochi. Perciò, non è fuori luogo portare un bambino a un funerale o proporgli di andare al cimitero… A condizione che queste cerimonie d’addio gli siano state spiegate in anticipo in maniera concreta, “è anche il modo migliore di aiutarlo a guardare serenamente alla morte”, scriveva Christine Ponsard su questo argomento.
Anche se non abbiamo tutte le risposte alle sue domande, non importa: quello che resta al bambino è la fiducia che possiamo trasmettergli e la speranza che ci fa andare avanti…” per quanto piccola possa essere!
Una presenza attenta al suo fianco
Passato il giorno del funerale, l’elaborazione del lutto -un lavoro psicologico- consiste nell’assimilare progressivamente la perdita della persona amata. Per questo, il bambino ha bisogno di essere accompagnato da una persona di fiducia che potrà aiutarlo a esternare con le parole il suo dolore, il suo smarrimento, la sua rabbia o il suo senso di colpa, a cui il bambino disabile mentale è particolarmente sensibile. È bene ricordargli che lui non è minimamente responsabile della morte.
Nel caso in cui non parli, si può ricorrere alle immagini e lasciare che il bambino scelga il disegno dell’emozione che prova. Se il genitore -lui stesso troppo colpito dal lutto- non riesce a parlare del defunto, forse bisognerà trovare un intermediario in un membro della famiglia, un amico o uno psicologo. “Poiché qualunque sia la sua reazione di fronte all’annuncio della morte, e anche se ostenta una finta indifferenza, il bambino ha bisogno di sentirsi sostenuto da una presenza attenta e da gesti di tenerezza”, insiste ancora Jacueline Massonnet. Se lo accetta, prendere il bambino tra le proprie braccia per ristabilire un contatto fisico, poi tenerlo di fronte a sé e sostenere il suo sguardo… gli occhi negli occhi, così potrà sondare la stabilità di chi lo sostiene e calmare la sua ansia.
In memoria del defunto
All’inizio, il bambino forse darà l’impressione di non aver capito la scomparsa della persona cara, facendo domande del tipo “Dov’è mamma? Quando torna?” etc., ma è importante lasciargli il suo tempo per elaborare il lutto, anche se comincia con una fase di rifiuto o difficoltà di realizzazione. Poco a poco, grazie al dialogo e al ricorso a opere specialistiche, lo si potrà aiutare a andare avanti e a considerare la realtà della morte e il suo carattere di irreversibilità. “La questione è far capire al bambino che la persona deceduta non tornerà, ma resterà viva nei suoi ricordi”, consiglia il Dr. Nguyen. È proprio quello che ha capito Françoise, una ragazza con sindrome di Down di 22 anni, quando ricorda i morti della sua famiglia: “Sono sempre triste quando penso a loro, ma tutti questi morti sono vivi nel mio cuore, e io continuo a volergli bene”.
Infatti, se la persona che amavamo non è più fisicamente presente, “è indispensabile, invece, mantenere il suo ricordo” aggiunge Anne Bindels.
Mettere insieme un album di foto personale, raccogliere alcuni oggetti del defunto, ricordare insieme degli episodi del passato, portare i fiori sulla tomba o accendere una candela la sera, al momento della preghiera in famiglia… Sono tutti mezzi che permetteranno al bambino di coltivare il ricordo della persona amata, accettando poco a poco la separazione definitiva e l’idea che la vita continua, nonostante tutto.
di A.J., traduzione (2018) di Elisabetta Thornton da Ombres et Lumière, n.177/2010