Molte cose sono cambiate nell’accoglienza dei disabili in chiesa, ma ancora oggi non è chiaro se ci sia per loro un cammino di preparazione specifica per ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Che cosa può dirci al riguardo?

Parto dalla mia esperienza: quando ero un giovane sacerdote lavoravo con dei ragazzi della parrocchia dei Sacri Cuori con il Centro Volontari della Sofferenza, a via Giulia, a Roma; con loro, in una situazione analoga a quella di Fede e Luce, condividevamo il pomeriggio, per amicizia, per celebrare l’eucaristia insieme… io ho avuto la fortuna di poter vedere, imparare, dall’inizio del mio sacerdozio, la realtà di questo mondo di sofferenza … e per me è stato molto importante.
Diventato parroco ho avuto il dono di conoscere due ragazze in carrozzella, Annagiulia e Paola, che dovevano fare il cammino sacramentale, perché non avevano ricevuto né la prima comunione, né la cresima. Ho trovato Alberta, disponibile ed intelligente, alla quale gliele ho affidate per fare in modo che gustassero quello che avrebbero vissuto nel ricevere il sacramento. Non perché fosse indispensabile fare quel cammino, ma per donar loro la soddisfazione di non essere un manichino che viene unto o viene bagnato o cui si dà un pezzo di pane in bocca, ma scoprire che momento grande vivono. E lei ha dedicato con passione il suo tempo ed è riuscita con dei disegni a far capire bene quello che avveniva sia dal punto di vista biblico che teologico. Hanno capito tutto.
Poco tempo fa, mi trovavo in una parrocchia dove un ragazzo, Daniele di 14 anni, autistico grave, mi corre incontro e comincia a prendermi la croce che ho al collo e la accarezza, mi guarda, smania; non sembrava avere nessuna intenzione di staccarsi e dopo un po’ me la sono tolta e gliela ho messa al collo, per regalargliela (n.d.r. si tratta di una croce regalata al vescovo dalla sua mamma). Poi si è messo a correre per la chiesa, davvero felice! Mi ha poi detto la mamma: “Sapesse cosa è successo: ce l’ha sul suo letto e con che amore guarda la croce”. Che gioia per me sapere che la porta lui, molto più degnamente di me, non ho dubbio, perché è più vicino a Gesù di me, per la croce e la sofferenza. Alberta, che stava preparando anche lui per la prima comunione mi ha raccontato come, chiedendo a Daniele se avesse capito cosa avrebbe fatto il giorno della Prima Comunione, lui le avesse risposto mettendosi in bocca un’icona di Gesù, come per dire “ Viene Gesù dentro di me”. Aveva capito tutto!
Hanno una sensibilità speciale e doni particolarissimi dell’amore di Dio per cui possono scoprire con gioia quello che loro fanno; allora è chiaro che la loro felicità in quel giorno è incredibile, perché sono consapevoli di quanto stanno per ricevere come amore di Dio.

Cosa può fare la chiesa per venire incontro a questi ragazzi?

Se i ragazzi hanno diritto ad incontrare Gesù nei sacramenti? Ma è la gioia di Gesù poter andare nel loro cuore. E’ proprio per loro il momento di un incontro unico.
Se mi vuoi dire: ma quale tipo di incontro? Di Gesù che va verso il Calvario e incontra il Cireneo che lo aiuta? Io direi di sì. Sono coloro che, senza rendersene conto, stanno accompagnando Gesù nell’atto di amore più grande della vita. Quindi c’è una presenza di Gesù unica in quei cuori, in quella vita, ma lo vedremo un giorno in paradiso, non lo si può immaginare adesso.

Possiamo ritenere che al movimento di Fede e Luce appartenga questa piccola missione di richiesta insistente presso le parrocchie e la Chiesa?

Io direi non missione piccola, ma direi grandissima; quando sento dire da Lui: “Lo avete fatto a Me”. Incredibile! Io lo sto facendo a Lui, a Gesù, al Figlio di Dio, che si identifica con loro, per cui non c’è nulla di più bello.
Per me è stato un carisma grandissimo che Dio ha donato a Jean Vanier, un carisma urgentissimo, per affrontare un problema che è drammatico. La famiglia segnata da queste croci, a volte pesantissime, ha bisogno della presenza della chiesa altrimenti la chiesa è chiesa verbale, di prediche, non è chiesa di fatti.
Questo è un fatto che esige la presenza della chiesa e quanti operano all’interno di questa esperienza hanno, secondo me, un sorriso particolare da parte di Dio, perché è facile andare con i bambini che ti vengono in braccio e ti fanno i sorrisi; quanto è difficile invece far sentire l’amore di Gesù a quelle creature e a volte veramente ci vuole un coraggio, una disponibilità che mi entusiasmano quando li vedo.
Sarebbe strano che un prete non fosse vicino a giovani come voi che si dedicano ai Suoi figli prediletti come loro. Sarebbe stranissimo: qualcosa non funziona!

Con queste premesse, possiamo andare un po’ oltre nel quotidiano, ad esempio affidando ai nostri ragazzi il ruolo dei ministranti nelle celebrazioni parrocchiali?

Perché no? Quanto è bella quella frase di Dio al profeta Samuele che deve ungere uno dei figli di Iesse; Samuele guardava il più bello, il più alto, il più forte, poi arriva uno piccolino, con tutti i riccioli che faceva il pecoraio e il Signore dice “Ungi lui!”. Perché l’uomo guarda nella faccia, ma Dio guarda nel cuore.
Tutto sta ad aiutare il ministrante con difficoltà; qualcuno deve essere vicino a lui, affinché il mistero che si celebra possa svolgersi, perché siamo sul Calvario in quel momento e Gesù è sulla croce con noi per cui “li volle vicini a sé”; però chi presiede quel mistero eucaristico lo deve fare con tutta la dignità, con tutta la sua presenza senza doversi dividere tra l’assistenza al ministrante disabile e l’assistenza a Gesù, in quella mezzora fondamentale in cui c’è Cristo vivo e vero.
Se però un bambino preparato ha vicino un laico che lo aiuta, viene a fianco del sacerdote, con la sua vestina, va benissimo! Altro sarebbe se lo dovessi io tenere fermo, perché allora non potrei fare quello che il Signore mi chiama a fare nel mistero pasquale.
Roberto (n.d.r.: una persona disabile, ministrante il giorno delle cresime) mi suggeriva tutto quello che dovevo fare. Tutto! Proprio come se io per la prima volta dicessi messa, scendendo dalla luna. Capivo la sua soddisfazione: “ Sto aiutando il vescovo!”, “Ora all’inizio, il dito qua, leggi là…”. Ho pensato “Oh mamma mia!”, poi ho capito cosa significava per lui e quindi lo lasciavo fare e lo seguivo. La volta prossima sarei molto più preparato al suo ministero, anche nella vestizione, nel mettere e nel togliere la veste con il suo aiuto. Si vede che lo fa con gioia.

Redazione, 101/2008

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L’uomo guarda il volto, Dio il cuore ultima modifica: 2008-01-12T12:01:52+00:00 da Redazione

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