Come avrei fatto in questi trent’anni a non sentire la voce delle tante mamme che hanno sostenuto con il coraggio la vita di Ombre e Luci? Bando dunque a tutte le mail, le connessioni, i tempi “reali” di comunicazione che il più delle volte mi mandano fuori di me: primo, perché non ci capisco quasi nulla; secondo, più importante, perché io ho bisogno vitale delle loro voci, dei loro racconti in diretta.
In questo periodo, in cui si è tanto parlato di famiglia, non ho sentito — come avrei voluto — levarsi un inno di lode per le “nostre mamme” che nella loro famiglia hanno accolto, educato, seguito, amato un figlio o una figlia disabile. Ed è niente pronunciare questo aggettivo se non si sa e non si può immaginare che cosa questo comporti: anni su anni (20, 30, 50!) accanto quasi costantemente ad una persona da vestire, lavare, imboccare, cambiare, sollevare, portare fuori…
Mi vengono alla mente, come sequenze di un film, i tanti volti segnati dei loro una volta bambini, ora uomini e donne adulti. E accanto ai loro volti, inevitabilmente, guardo ammirata i volti delle loro mamme: giovani donne, anch’esse segnate dalla fatica, dalle notti insonni, dalle preoccupazioni continue e sempre più grandi col passare degli anni. Segnate e invecchiate anzitempo, ma il più delle volte sorridenti e serene, desiderose di vivere, cercando con forza quella capacità di andare avanti per lui o per lei.
Vorrei nominarle tutte perché ognuna è una persona unica e ognuna meriterebbe che si scrivesse di lei la storia sacra della sua famiglia: il marito da incoraggiare e spronare; gli altri figli cui far vivere la “loro vita” senza essere schiacciati o tormentati dalla presenza del fratello o della sorella. I desideri nascosti, ricacciati indietro come sogni appena abbozzati.
Le delusioni e i rancori a volte provocati proprio da chi si aspettavano maggiore aiuto e comprensione: i parenti più stretti, gli amici più cari. La trepidazione di fronte ad una malattia del ragazzo, così difficile da diagnosticare, perché lui non sa dire… e l’angoscia e la paura per un ricovero d’urgenza in ospedale o per un’operazione. E il pensiero assillante, tormentoso, che non permette di dormire: “E quando io non ci sarò più che ne sarà di lui?”.
Come si possono raccontare queste cose se non incontrandosi o almeno attraverso il beneamato telefono?
Non dimentico nessuno dei vostri visi, riconosco con il pensiero la vostra voce e non mi capita mai di parlare di voi al plurale ma, sgranando le mie povere preghiere, vi chiamo per nome, una per una, e accanto al vostro nome c’è sempre quello del vostro figliolo o figliola.
Rivedo, come foste qui, accanto a me, il momento del nostro primo incontro, quando con titubanza mi avete presentato il vostro tesoro. Non dimentico e non so come potrei cancellare dai miei ricordi gli episodi o le avventure che abbiamo vissuto insieme: quando, ricaricate da un’Amicizia che ci lega per sempre (come ci diciamo spesso) abbiamo ritrovato la voglia di vivere, la gioia di ridere, il coraggio di ballare, la simpatia di trovarci a cena insieme, il profondo silenzio in una preghiera comune che ci ha fatto scoprire il mistero e la grandezza di avere accanto un figlio o una figlia disabile.
Sì, vorrei proprio istituire una laurea di maternità ad honorem per ognuna di voi, alla consegna della quale vorrei presenti le massime autorità, stampa e televisione, perché si sappia di voi, del vostro coraggio e della vostra costanza, ma soprattutto perché per una volta si possa dire “Che grandi mamme ci sono in Italia!”.
Mariangela Bertolini, 2007
Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.
Tutti gli articoli di Mariangela
Questo articolo è tratto da:
Ombre e Luci n.98
Sommario
Editoriale
Mamme coraggio e oltre di M. Bertolini
Articoli
Salvatore, medico pediatra, acondroplasico di S. Anastasi
Scheda informativa: Acondroplasia
La fattoria delle meraviglie di L. Nardini
La mia pazienza ha dei limiti di J. M. Peticlerc
Santa Pazienza di T. Cabras
Perché il dolore? Pensieri di F. R. Poleggi
L’abbraccio di Lorella di I. Perri
Dialogo aperto
Libri
1500 grammi di cenere, M. Aramini
Occhi d’oro, M.G. Marchesin
Nell'intimo delle madri, S. Marinopoulos
La luce e la letizia, C. Anedda
Il figlio terminale, G. Noia
Ho 12 anni faccio la cubista, M. L. Pijola
Lettera alla tua famiglia, V.Andreoli