Pierre ci racconta come lui e sua moglie debbano conquistarsi il loro diritto ad essere genitori perchè devono conquistarsi il diritto alla vita della loro bambina, che i medici relegano tra i destinati a morire. Pierre e la sua paternità, data per scontata durante il tempo della gravidanza, e che ora gli viene negata: dovrà costruirsela, immaginarsela, crearsela con strumenti nuovi e poi portarla avanti consolidandola dentro di sé, sebbene gli aiuti siano pochi. Così fiorisce davanti al lettore un papà che si ostina a voler credere in sua figlia, spostandola continuamente, nonostante pareri specialistici contrari, nel giardino della vita per farle godere i raggi del sole.
Il lungo racconto di questo papà si snoda attraverso l’apprendimento dei ritmi particolari di Liesje e di quelli nuovi della coppia che impara il tempo dell’isolamento, il “bozzolo” come lo chiama Pierre, per ritrovarsi e condividere il dolore che spezza e il tempo delle relazioni col mondo esterno per ricevere sostegno e coltivare rapporti fecondi. Attraverso continue domande, dubbi e incertezze Pierre ci mostra cosa lui e Mol sono riusciti a creare per loro figlia, ma non solo per lei: credo che in queste pagine ci sia un ricco bagaglio di informazioni per molte persone.
Il libro di Pierre, ad esempio, potrebbe essere un utile sussidio per un medico che stia curando la sua preparazione umana per l’incontro col paziente e con coloro che gli stanno vicini, un medico che, come si augura l’autore, non scappi di fronte alle domande cui non c’è risposta, un medico che sia disposto ad ascoltare e a mettere in discussione incessantemente i suoi metodi, un medico che per avanzare nella ricerca si sappia avvalere non solo dei suoi studi ma anche di quella conoscenza intima che il genitore acquisisce su suo figlio, un medico che rivolga il suo sguardo non solo sull’handicap ima anche verso il bambino.
Il libro di Pierre può essere utile anche per chi si sta confrontando con la questione della diagnosi prenatale sulla quale l’autore si interroga umanamente e dal profondo della sua esperienza.
Ma anche un libro per un insegnante, o per chi si trova a contatto con i problemi dell’integrazione scolastica: perchè, se è vero che nel ‘78 Pierre si trova a commentare il tentativo di iscrizione di Liesje a scuola con una frase come “In questo istante, mi rendo conto che il mondo non è pronto ad accogliere nostra figlia”, è vero anche che elabora delle riflessioni costruttive sul diritto che ha un bambino con handicap di essere integrato nel sistema scolastico comune.
Pagine utili per altre famiglie che abbiano affrontato questo difficile percorso o che stiano cercando come farlo, per scoprire, insieme a Pierre e a Mol, la consolazione che nasce dalla condivisione della paura e la potente energia del confronto con altre famiglie come quando Pierre annota: “L’incontro con questa famiglia ci entusiasma. Sono molto esperti, mentre noi al confronto ci sentiamo ancora semplici pivelli. Sono diventati competenti a furia di sfide vinte, di prove superate. Impariamo più in una serata con loro che durante dieci appuntamenti con il dottor Jacobs”.
Liesje, la bimba nata da Pierre e Mol, ha fatto nascere molto altro: oggi Pierre Mertens è presidente dell’ Associazione Internazionale per la Spina Bifida e l’Idrocefalo e continua a collaborare con persone da tutto il mondo affette da Spina Bifida per creare nuove ed utili parole di vita e speranza per questa realtà. E — cosa molto preziosa — è un papà che ci regala la sua testimonianza.
Cristina Ventura , 2007
Questo articolo è tratto da:
Ombre e Luci n.92
Sommario
Editoriale
Da meditare, senza fretta di M. Bertolini
Articoli
Un terremoto a ciel sereno di R. Ozzimo
Parlami di lui di G. Visentini
Il potere dell’arte: dalla magia alla terapia di M. de Rino
Musei davvero per tutti! di C. Marchese
Tutti insieme fedelucissimamente di Redazione
Quanto coraggio! Quanta speranza! di C. Chatain
Dialogo aperto
La Spina Bifida – Scheda informativa
Libri
Il male minore, G. Rigoldi
Liesje, mia figlia, P. Mertens
La figlia del silenzio, K. Edwards