Che nostro figlio fosse un po’ speciale l’abbiamo sicuramente pensato quando è nato (come succede a quasi tutti i genitori).
Che fosse un po’ diverso dagli altri, ce lo hanno fatto notare già alla scuola materna. E che fosse un po’ difficile alle elementari.
Che fosse un po’ diverso dagli altri, ce lo hanno fatto notare già alla scuola materna. E che fosse un po’ difficile alle elementari.

Alle scuole medie era diventato un po’ problematico e settoriale e solo a 15 anni abbiamo scoperto, casualmente, che in realtà convivevamo con un figlio dai comportamenti di tipo ADHD senza iperattività.

Come genitori abbiamo continuato ad aiutarlo quindi, come sempre, ma con occhiali diversi… senza vittimizzarlo, ma riconoscendogli, finalmente, quei limiti che erano stati motivo di conflitti e di tanti rimproveri:

  • la scarsa autonomia
  • l’eccessiva stanchezza
  • la mancanza di grinta
  • la continua distrazione
  • l’inaffidabilità
  • l’incapacità di pianificare ed organizzarsi
  • la discontinuità
  • l’ipersensibilità al dolore….

Ma come i genitori dei bambini iperattivi, in questi anni, anche noi ci siamo sentiti molte volte: sconcertati, stanchi, arrabbiati, iperprotettivi, inadeguati, preoccupati e come “in trappola”…a causa proprio del ripetersi quotidiano di una varietà di situazioni difficili.

Certo ci è stata risparmiata l’aggressività, l’irrequietezza e il comportamento oppositivo-provocatorio, che purtroppo è motivo di ulteriore isolamento per molti bambini e le loro famiglie!
Ma i bambini che soffrono di un marcato disturbo dell’attenzione senza iperattività, tendono a chiudersi in se stessi… e si isolano e si deprimono da soli!

Crescendo infatti è stato facile, per noi, confondere la sua “difficoltà a relazionare” con gruppi numerosi di compagni in timidezza e riservatezza, anche perché nei rapporti individuali spesso era adorabile.
Non deve essere stato facile per lui, invece, essere considerato, per molto tempo: ‘il solito pigro”, “sbadato”, “un po’ goffo”, “superficiale”, “settoriale”…
Così, a 10 anni, lui è riuscito a descrivere perfettamente il suo disagio, in una storia fantastica con protagonista la sua classe della 5/ elementare, dove immaginava di poter creare delle “pillole energetiche” che lo facessero sentire finalmente uguale agli altri compagni…e mai avremmo pensato che quel suo tema potesse essere tanto premonitore!

Il suo non andare “al passo con il resto del mondo”, ultimamente, aveva creato ormai un circolo vizioso che anche noi genitori ritenevamo andasse interrotto, in qualche modo, per cercare di produrre un cambiamento che fosse, per lui, un punto di partenza e non un “traguardo”. Il suo problema ci ha incoraggiato nel cercare tutto quello che il mondo scientifico, psico-pedagogico e sociale proponeva, per aiutare i bambini e gli adolescenti disturbati dall’eccessiva mancanza di attenzione e concentrazione, per la quale sono sottoposti a notevoli pressioni a scuola e in altri contesti della vita.

Da qui la scelta, dopo la seconda diagnosi confermata all’estero, di ricevere una terapia farmacologica oltre a quella psico-comportamentale!

Con tutti i timori e le cautele riservate all’uso di un farmaco, per dei genitori che avevano le stesse riserve nel somministrare antibiotici o antinfiammatori (quando c’era stata necessità), abbiamo accettato questo supporto, consapevoli che nostro figlio aveva bisogno di uscire da questo “lungo letargo”, e di ritrovare un po’ di serenità.

Farsi aiutare anche da un farmaco, sotto controllo medico, non lo abbiamo considerato quindi un segno di “arrendevolezza” o “una scorciatoia”, bensì un segno di “umiltà” di fronte all’evidenza che noi genitori non bastavamo!

Un aiuto quindi, efficace ed immediato, per sviluppare “una buona opinione di sé”, che ritenevamo fondamentale per il suo futuro…visto che anche la sua autostima, per il ritardo della diagnosi, era stata inevitabilmente intaccata!

I cambiamenti ed i risultati positivi sono arrivati velocemente e così, quando ha portato a casa la sua pagella con gli enormi miglioramenti scolastici, ci siamo commossi quando, orgoglioso, ci ha sottolineato “di non pensare che fosse merito del farmaco…che lui aveva dovuto studiare per ottenere tutto questo…ma che finalmente capiva che doveva studiare e come studiare…”.

È grande la nostra gioia oggi per questa svolta positiva, che ha coinvolto di pari passo anche i suoi rapporti con gli altri.

Laura, 2007

ADHD e TV

Secondo una ricerca americana pubblicata sulla rivista Pediatrics, svolta su 2500 bambini, la TV e, in particolare, le ore trascorse quotidianamente dai bambini a guardarla dall’età di 0 fino a 6 anni influiscono significativamente sullo sviluppo di disordini dell’attenzione e iperattività. Secondo i ricercatori statunitensi non sarebbero i contenuti ma le immagini irreali e veloci di molti programmi ad alterare lo sviluppo del cervello. (da www.epicentro.iss.it/problemi/attenzione/attenzione.htm)

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.92

Sommario

Editoriale

Campane a festa di M. Bertolini

Iperattività

Un bambino complicato di Daniele e Luigina
Cos'è l’iperattività cura di P. Stacconi
Come in trappola di Laura
Incontrarsi sul Dojo di M. Palermo e M. Di Luigi
Come far comportare bene mio figlio? di Cordula Neuhaus

Altri articoli

Questi bambini sono intoccabili di I. Casullo
Dialogo aperto
Sul tetto del mondo senza muovere un passo di M. Bartesaghi
Un «atto» di gioia... in prosa e altro di M. Martelli
Il dono più sincero è il dono di sé di N. R. Cortez

Libri

Elogio alla bruttezza, L. Freseura
Brutta!, C. Briscoe
L'amico speciale
La scoperta dell’alba, W. Veltroni
La stanza dell’orso e dell’ape, M. F. Celani e P. Miotto
Giochi per ridere - Recensione

Come in trappola: storia di un bambino con un deficit dell’attenzione senza iperattività ultima modifica: 2007-03-02T16:55:57+00:00 da Redazione

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