C’era una ragazzina nuova, forse iniziava a lavorare solo quel giorno: piccolina, non sembrava avere più di sedici o quindici anni, con la faccia pulita e i capelli tagliati in qualche modo, mostrava chiaramente di non avere ancora iniziato la trafila che l’avrebbe portata dopo qualche mese, con taglio, tintura e trucco sapiente, ad assumere l’aspetto levigato, simile a quello di tutte le sue colleghe. Le quali colleghe quel giorno, per qualche motivo a me ignoto, parevano essersi alleate contro di lei. Era un continuo di “Claudia, vieni qui, muoviti, dammi quella spazzola,… ma non quella, l’altra più grossa”… “Claudia, guarda che stai sbagliando, metti dritto quel casco…” “Claudia, devi spazzare via i capelli… non con quella scopa…” E sorridevano tra loro con compatimento, e si davano di gomito. La povera Claudia correva di qua e di là e naturalmente sotto quel fuoco di fila, si confondeva sempre più. Il suo sorriso si faceva più tirato, ma se cercava a sua volta di rispondere con una mezza battuta era ripresa: “Guarda che mica puoi rispondere così… se ti sente il signor Mario (il gestore del negozio) sei finita. Devi portare rispetto” E avanti così.
Ero a disagio, trovavo quelle pettegole davvero antipatiche: parteggiavo con tutto il cuore per la povera Claudia, così scioccamente perseguitata e avrei voluto fare qualcosa per lei. Cosa dirle? Come difenderla? Poi mi avrebbero presa per una vecchia impicciona… e la stessa Claudia si sarebbe sentita ancora più al centro di un’attenzione non gradita… Dibattevo tra me e me questi argomenti senza decidermi a intervenire.
Vicino a me c’era una giovane signora che fino a quel momento, sotto la massa ‘ delle sue ciocche avvolte nella carte d’argento, immersa nella lettura, sembrava non accorgersi di quanto le accadeva intorno, completamente indifferente, almeno così mi pareva, al disagio di Claudia e . mio. Ma fu proprio lei che ad un tratto, chiudendo con decisione la sua rivista, drizzò la sua cascata di ciuffi metallici ed esclamò rivolta alle due o tre signorine “grandi” che aveva intorno: “Beh, la volete piantà de fa’ le stronzette? Quella poveretta sta a lavora’ come voi, mica se sta a diverti’. E è pure piccoletta…”. Forse aggiunse qualche altra cosa che, ora, non riesco a ricordare.
Ma erano bastate quelle poche parole: era sceso un silenzio che avrei definito di rispettoso assenso, di improvvisa riflessione, di vergogna. La complicità si era spezzata: le ragazze continuarono in silenzio il loro lavoro, Claudia (con un piccolo sorriso?) sparì nella stanza vicina richiamata dal signor Mario; la mia vicina tornò senza altri commenti alla sua rivista e io pensai: “Ecco qua un piccolo esempio per un grande problema. Ti sei lasciata prendere dalla compassione, dalla tenerezza per chi è debole e in difficoltà… e poi? Quando devi intervenire… quando dalla prima istintiva reazione di solidarietà devi decidere cosa fare… troppi indugi… troppi timori… Hai visto come è stato semplice? Certo, non è sempre così facile ma la tenerezza, la compassione, sono solo il primo passo, ci danno la spinta giusta, poi bisogna uscire allo scoperto!”
Tea Cabras, 2006
Questo articolo è tratto da:
Ombre e Luci n.93
Sommario
Editoriale
La forza della tenerezza di M. Bertolini
La forza della tenerezza
L’incanto si è rotto di M. Bertolini
Le mollette di Roberto di Roberto e Valeria M.
La ragazzina nuova di T. Cabras
Dalle un bacio di V. S.
In carcere di J. Vanier
Pizza, supplì e bibita a 7 euro di M. B.
La tenerezza di Dio di L. Nardini
Altri articoli
Questo bambino lo amo! di I. de Mézerac
Counseling in rima di A. Bianchi
La malattia e la fede di F. Bertolini
Scheda: Il Parkinson di V. Levi della Vida
Gli amici che non ti aspetti di Monica
Cartelli letti alle porte delle chiese
Libri
Né giusto né sbagliato, P. Collins
Credere e curare, I. R. Marino
La disabilità non è un limite, AA. VV.
Il Vangelo per tutti i disabili mentali
Dopo di noi, insieme a noi, F. Belletti
Gli oggetti raccontano storie straordinarie di oggetti comuni, S. Tamberi