L’handicap è stato raccontato in vari film, ma non mi risulta che il cinema italiano abbia mai parlato della tetraparesi spastica, da cui sono affetta. Perciò vorrei riparlare del film di Gianni Amelio

In questo film vengono affrontati problemi attuali, importanti, che nascono, intorno all’handicap, in una società arrivista come quella odierna. E poi c’è un altro tema su cui riflettere: un genitore scopre in un figlio disabile tanti problemi che non sa risolvere.

Il film inizia con l’incontro tra il padre Gianni e il figlio disabile, Paolo, abbandonato subito dopo la nascita e incolpato della morte della madre.

Povera creatura! Che male ha fatto? Può un figlio, già nato in una condizione sfavorevole rispetto agli altri, essere responsabile di questa colpa? Ma quanti genitori, anche al giorno d’oggi, per non sfigurare nella società o per altri motivi, abbandonano il figlio con problemi in un istituto?

Solo in seguito alla nascita di un bambino avuto dalla seconda moglie e dopo un colloquio con lo zio, tutore di Paolo per tutti questi anni, Gianni torna ad occuparsène perché valuta che Paolo lo merita: in effetti egli si rivela un ragazzino intelligente e allegro quindi il padre è pronto a cercare il suo recupero sia a livello affettivo che a livello neurologico.

In realtà il viaggio fino a Berlino e il soggiorno in una clinica di quella città si riveleranno un vero fallimento. Infatti qui Paolo comincia a manifestare i suoi primi problemi di comportamento o meglio, come tutti i quattordicenni, vuole far valere le sue ragioni in vari modi, provocando nel padre solo uno stato di ansia e di agitazione. Poi le cose si chiariscono meglio: Paolo scopre che suo figlio non è un bambino e che, di conseguenza, ha bisogno di essere più indipendente e di vedere rispettate le sue scelte.

Da un punto di vista strettamente personale posso affermare che è proprio questo che la maggior parte dei genitori non capisce, reputando per principio, sempre sbagliata la scelta del proprio ragazzo disabile: infatti loro pensano di essere i soli a conoscerlo bene e quindi di essere gli unici a sapere quello che gli giova. In realtà il loro ragionamento potrebbe rivelarsi sbagliato. Ogni scelta importante si rivela difficile per chiunque e comporta dei rischi, quindi maggiormente lo sarà per una persona con difficoltà: e allora perché metterla in imbarazzo? perché ostacolare i suoi piani per un pregiudizio?

Tornando al film… Paolo, dopo una breve fuga, torna dal padre in albergo, ma è deciso a non rientrare in quella clinica; per questo comincia ad inventare varie scuse come la necessità di rientrare a casa sua, la casa dello zio materno, dove ha molte cose di cui occuparsi. Alla fine il padre lo convince a restare promettendogli in cambio, di condurlo a trovare Christine, la sua bella e amata amichetta del cuore, conosciuta solo tramite Internet. Davanti ad una promessa così importante Paolo accetta di rientrare in quel maledetto Centro. Però qui i due si accorgono di non essere compresi totalmente e che il personale non è in grado di realizzare la speranza più grande di Gianni: riavere un figlio completamente normale. Mentre Gianni capisce che solo il figlio con proprio la sua forza di volontà è in grado di migliorarsi, la madre di Nadine, una disabile ospite del Centro da diversi anni, gli svela che Paolo gli darà seri problemi nella vita. Anche la sua Nadine gliene procura tanti, la fa soffrire e soffre lei stessa. E questa madre così brava e coraggiosa, confessa, piangendo, che talvolta arriva a pensare che per sua figlia la morte dell’eutanasia, di cui oggi tanto si discute… sarebbe una liberazione. Mi sembra logico riallacciare questo momento del film al problema.

La storia del film continua. Dopo l’amara delusione Paolo torna felice al pensiero che presto sarà in Norvegia, accanto alla sua fidanzatina che, in seguito, nella realtà, si rivelerà solo un’illusione, come accade a tanti disabili. Infatti sono pochi quelli che se la possono permettere una fidanzata o un fidanzato! Ognuno si illude, una volta, di averlo raggiunto in qualche modo: ma in effetti l’amore per i disabili è difficile da ottenere. E così soffriranno quando vedranno i propri amici normodotati affrontare il grande passo del matrimonio, o comunque avere un amore stabile nella loro vita. Anche qui, a volte, la colpa è dei genitori troppo apprensivi, troppo preoccupati di perdere per sempre il loro “bimbo”. Questo li porta ad eliminare quella amicizia tanto cara al figlio in difficoltà, e lo fanno in modo repentino, provocando in lui un rimpianto. Quindi, non è il caso che ha voluto così, non è per caso che Christine non viene trovata da Paolo: c’è dietro una forte carica emotiva, “l’amore” che una persona non deve provare, tanto più se è disabile.

L’unica cosa alla quale il padre di Paolo vuole, ora, pensare è al figlio come ad un indivi duo “normale”: getta nel mare la stampella quasi in segno di vittoria pensando che Paolo non ne avrà più bisogno. E che starà sempre con lui consolandolo nella vecchiaia. Lo accetta anche nella sua nuova famiglia accanto al figlio “normale”. Tutto ciò porta alla seguente conclusione logica su questo tema: “Per un genitore il proprio ragazzo è disabile solo quando lo vuole lui?”.

Ancora un’osservazione: il film a chi è rivolto, ai disabili o ai loro genitori? A mio parere questo film, proprio per la storia e per come è raccontata, è indirizzata ai genitori e in particolare a quelli giovani, perché possano dare al figlio una educazione migliore di quella data in passato. Ed è indirizzato anche ai disabili in giovane età che sono ancora in tempo a correggere su di loro gli effetti di una eventuale educazione sbagliata.

Rosa Maria Sonzini, 2005

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.90

Sommario

Editoriale

Nel mare di Assisi di V. Giannulo

Ricordo di Giovanni Paolo II

Non sembrava né prete né Papa di Nicolina di Pirro
Io e Karol di Immacolata
Visto da vicino di F. e S. Poleggi
Il regalo” di TAU comunità di Arcene
Giovanni Paolo II e le persone disabili

Il nostro Don Francesco

Abbiamo imparato che i nostri figli sono persone vere di Maria Varoli
Trent'anni pieni d'amore di G. Ferrari

Articoli

Elena e il mistero di F. Poleggi
Paradiso Infernale di M. Pensi
La domanda ultima di d. Antonio Torresin
Le chiavi di casa di R. M. Sanzini
Controvento di L. M. Loy

Ai nostri ragazzi piace il bello

Incontriamo Giotto di Anna Maria de Rino
Proposte di Laura Nardini

CONCORSO “RACCONTA LO SGUARDO”
Alla mia bambina di D. Marazzini

Rubriche

Dialogo Aperto

Libri

Il mondo delle cose senza nome, D. Rossi
Fratello Sole Sorella Down, I.Manzato e F.Bellan

Le chiavi di casa – Recensione film ultima modifica: 2005-06-17T15:23:46+00:00 da Rosa Maria Sonzini

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