I fatti che qui Giovanni ci racconta avvengono dopo la Pasqua, cioè dopo la morte e la risurrezione di Gesù. Noi siamo abituati a pensare alla Pasqua come ad un momento di rinascita e di nuovo inizio per i discepoli, ma prima di essere un momento di ricarica per loro è invece un momento di crisi. La parola ‘Pasqua’ significa passaggio, crisi. Siamo invitati dunque anche noi a chiederci a quale passaggio siamo chiamati.
Pietro dice: “Io vado a pescare”. È in crisi e decide di tornare indietro, di tornare alla vita di pescatore, prima che Gesù lo chiamasse ad essere pescatore di uomini. Nei momenti critici la prima tentazione è quella di tornare indietro: fuggire da una scelta difficile, accontentarsi, tirare a campare.
Questa tentazione è contagiosa: gli altri discepoli seguono Pietro. Ci si condiziona nel bene, ma anche nel male. Ci si può contagiare invece che sostenersi. Ma tornare indietro è una scelta perdente. Si comincia a farsi le domande sbagliate: per colpa di chi?
Non siamo mai soli
Gesù chiede ai discepoli: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Ponendo questa domanda Gesù ha un duplice intento: da una parte vuole farci comprendere che senza di lui non si arriva a nulla. È come se chiedesse: “Cosa avete ottenuto tornando indietro? Da dove prendete la forza per nutrirvi quando non mi seguite?”. Dall’altra parte abbiamo bisogno di capire che, sebbene sconfitti, quando camminiamo soli in realtà non siamo mai soli e la possibilità di andare avanti c’è sempre. Se seguiamo Gesù il cibo non ci mancherà mai, Egli ce lo fa sempre trovare pronto. Il racconto infatti si conclude con l’invito a mangiare, ma sulla riva il pasto è già pronto.
Allora è necessario fermarsi, ma non per deprimersi, bensì per guardare cosa abbiamo in dispensa e, vedendo che non abbiamo nulla, capire che abbiamo bisogno di seguire Gesù, di fidarci di Lui per andare avanti. Fintanto che non si comprende questo continueremo a cercare sempre nuove idee o nuovi progetti ma sempre legati a noi stessi, ai nostri sforzi, al nostro buon senso.
Venite a mangiare
Cosa mi chiedi in questo momento, Signore? Se fallisco forse è perché il progetto che perseguivo era solo un mio progetto. “Gettare le reti” significa fidarsi del progetto che il Signore ha su di me.
Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “E il Signore!” Il discepolo che si riconosce amato, riconosce i segni della presenza del Signore; in realtà Gesù ama tutti i discepoli, però noi facciamo fatica a riconoscerci da Lui amati. Anche a noi è chiesto di riconoscere il Signore vivo, presente tra a noi, che cammina con noi.
“Venite a mangiare”: Gesù ci fa sempre nuovi inviti. All’inizio ci invita a riconoscere di non avere nulla e poi ci invita a mangiare. Sulla riva è già tutto pronto. I discepoli portano un po’ di pesce, ma lui ha già preparato tutto.
Come ci stai nutrendo Signore in questo momento del nostro cammino?
(A cura di Valentina Gallo), 2005
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.89
Sommario
Pasqua significa “passaggio” di M.Bertolini
La tentazione di fuggire di don M. Bove
Autismo
Autismo Un altro modo di percepire il mondo di M. Lemay
Il bambino autistico - Convegno di L. Nardini
Oliviero di V. e I. Ruisi
Curare l’autismo a casa di J. Gross
George e Sam - Recensione di T. Cabras
Autismo - Che fare per questi figli di P. Quattrucci e P. Fedele Za
Date ai figli cose diverse
Rubriche
Film
Film - Un silenzio particolare di T. Cabras
Libri
II padre e lo straniero - Recensione, Ursula Hegi
Come pietre nel fiume - Recensione, G. De Cataldo