“… lo sono la voce dell’handicap grave, intellettivo e fisico, un handicap che ha un bisogno estremo degli altri per uscire dall’isolamento e dall’emarginazione; altre famiglie che come me soffrono e si chiudono nella loro prova, appassiscono e si inaridiscono perché si sentono impotenti a modificare la situazione. Ma io no, credo nei cambiamenti, nella crescita… credo nel cuore dei “sani” e nella loro capacità di aiuto. Da 20 anni la famiglia si è fatta carico dei figli “diversi”. Ma non può trasformarsi in luogo protetto: ha bisogno di una comunità, di gruppi di persone sensibili e motivate: e dove trovarle se non nelle parrocchie e nelle diocesi?
In un mondo che vuole rimuovere la sofferenza e neppure vederla, quale posto i nostri figli possono trovare?
Tutte le istituzioni da vari anni si stanno interessando ai problemi dell’handicap, e anche la Chiesa ha preso iniziative. L’accoglienza del piccolo in forme costanti e programmate non è però considerato ancora un obiettivo primario e qualificante, non c’è ancora una comunità cristiana che cammina insieme alla “differenza” innocente e la cerca e le tende le braccia…
Un corso di formazione dovrebbe definire bene il concetto di accoglienza affinché si evitino atteggiamenti di concessione o di forzata accettazione, di sterile pietismo o di autocompiacimento. Che cosa chiediamo noi famiglie alla comunità dei credenti, alle parrocchie e alle diocesi?
Uscire dall’indifferenza, vedere come un bene prezioso da utilizzare per la crescita di tutti la vita dei nostri figli, dimostrare che anch’essi sono “tempio di Dio”, che rientrano nel progetto della creazione, che hanno un posto ben visibile nella Chiesa, un posto direi quasi privilegiato. La comunità parrocchiale si dovrebbe organizzare attraverso i gruppi giovanili in modo tale che alla liturgia domenicale sia presente il cosiddetto handicappato, e così nelle feste ricorrenti, così nelle attività ricreative, nei campi scuola, nelle processione, nella benedizione pasquale alle famiglie o nei cori, vista la loro sensibilità alla musica. È la comunità che li cerca e li abbraccia, che si sente vuota senza di loro, che li ingloba in tutte le sue manifestazioni e le iniziative perché sono da amare in quanto Dio li ha amati e li ha fatti venire tra noi.
Se ci dovesse essere un qualche disturbo, la comunità sarà paziente e lo vedrà come una nuova forma di preghiera e di gloria a Dio. La carità cristiana non è un generico senso di filantropia. Anche nei corsi di preparazione per la Comunione e la Cresima dovrebbe intervenire il diverso, non perché sia da catechizzare o catechizzabile (magari lo potesse), ma perché con la sua presenza sia fonte di catechesi testimoniata e di scoperta per gli altri del miracolo della normalità; i bambini poi si abitueranno a considerare l’altro meno fortunato come uno di loro e da grandi non avranno più schemi o pregiudizi. Suggerirei di scegliere in ogni città delle parrocchie più aperte e sensibili già organizzate con forze giovani, assegnando loro il compito di parrocchia pilota. Quando si vedrà che l’accoglienza dell’handicap non porta tutti quei problemi di disturbo e di distrazione che si erano immaginati, ma che rende nuova, al passo con i tempi e vitale la testimonianza religiosa, l’esempio contagerà anche le altre parrocchie. Alla comunità dei credenti si chiede una integrazione dell’handicap, un inserimento entro i gruppi giovanili che possa dilatare gli spazi spesso ristretti dell’ambito familiare, che possa essere occasione di legame di amicizia e nello stesso tempo dare risposte corali al mistero del dolore e della emarginazione.
Tina Turrini, 2003
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.
Sommario
Editoriale
Convivenza, non coesistenza di M. Bertolini
La chiesa è per tutti?
Una mamma scrive ai vescovi di T. Turrini
Una messa poco dignitosa di Silvia Gusmano
“Per voi e per tutti” di Cristina Tersigni
Articoli
Come accompagnare piccole e grandi crisi di Anna Aluffi Pentini
Giulio racconta: pensavo sempre a lui
“Filippide” Correre insieme dal Tibet al Polo Nord di Huberta Pott
La Shiatsu dei volontari dell’APIS a Roma di Giulia Galeotti
Felice di vivere di Myriam
Rubriche
Libri
Piovono mucche e nuovi libri di Tea Cabras