Uno di loro è padre Joseph Larsen, il motivo per cui tre turiste romane hanno lasciato la Cité per un pomeriggio e si sono spinte fino alla frazione di ConflansSainteHonorine, fino al Je Sers, la casa sull’acqua con la croce blu a prua.
L’acqua qui non era torbida come sotto Notre Dame, un venticello leggero soffiava rendendo il caldo di fine luglio meno soffocante. Abbiamo visto Joseph venir su dalle scalette ripide che conducono alla sua cuccetta, la folta barba bianca gli occhi fermi e dolci. Abbiamo trovato un uomo di Dio e del mondo, felice di raccontare le scoperte grandiose del missionario e i pensieri profondi del cristiano.
Ha parlato con noi per quasi due ore, della sua famiglia e della sua formazione, di dono e povertà. “Ogni persona ha un sogno, diventare missionario’ è stato il mio”, ha cominciato e ha raccontato della sua infanzia, della chiamata che, ancora bambino, ha sentito la prima volta davanti ai colori della natura, degli studi intensi, prima a Vienna dove è nato, poi in Olanda. Con poche parole e un pizzico di ironia nella voce ha ricordato la lunga paziente attesa (fino a 46 anni), la metà della sua vita in cui mentre sognava la partenza per la missione, serenamente ubbidiva a chi lo voleva ancora studioso e professore di teologia.
L’arrivo “finalmente” nelle Filippine ha significato per Joseph l’inizio di un cammino nuovo, il raggiungimento di una completezza di vita e di fede. Prima l’applicazione intellettiva, il protagonismo del cervello, della razionalità, del controllo scientifico; poi l’affidarsi alla voce dei sentimenti, la scoperta dell’amicizia, dell’amore: “ringrazio il Signore per aver potuto sperimentare entrambe le vie, entrambe le culture” l’Est e l’Ovest, la fede dei dotti nelle università europee, le braccia tese dei poveri di Manila. Quando si sente ringraziare “per la persona che siete, non per quello che avete fatto” il suo cuore si turba, e, sconvolto, si dispone a ricevere ben più di quanto dona.
Padre Larsen rimane nelle Filippine per 24 anni e sono tante le storie vissute laggiù che oggi, a ottant’anni, dopo 10 trascorsi a Parigi, ha ancora la capacità e il desiderio di condividere. Ci mostra dei volti disegnati su cartoncino: sono i ritratti con cui si è mantenuto dopo aver deciso di lasciare tutto e vivere in una capanna con i poveri. “Sono partito per un pellegrinaggio di 23 giorni, solo senza neanche un soldo in tasca e tante paure… Ho scoperto di saper disegnare e che solo i poveri sperimentano la vera vicinanza di Dio…”
Nelle Filippine Joseph incontra anche Fede e Luce e i più poveri tra i poveri, coloro ai quali qualche disabilità impedisce di sopravvivere autonomamente, che devono e sanno mettersi nelle mani degli altri: è “un abbandono completo”, questo colpisce e attrae padre Larsen quando ancora non conosce nulla del movimento, quando se ne lascia coinvolgere ignaro della nuova svolta che avrebbe portato nella sua vita. Nel giro di pochi anni inizia per Fede e Luce a girare tutto l’Estremo Oriente da Taiwan ad Hong Kong e nel ‘94, a Varsavia, al primo incontro internazionale a cui prende parte, diviene l’assistente spirituale internazionale. Rientra in Europa. “Sono già al terzo mandato” racconta, quel pizzico di ironia di nuovo nello sguardo, “l’ultima volta però sono stato confermato solo per due anni…in autunno ne compirò 80 ed è giusto che scada”.
Ricordando questi dieci anni di responsabilità e vita parigina, padre Larsen ci parla soprattutto di amicizia, “cura” e ricchezza scoperti ogni giorno in comunità. Ci svela ciò di cui “la Chiesa non parla mai”: la cosa più importante della vita di Gesù era l’amicizia, i legami forti con alcune persone, pescatori, poveri e come racconta Matteo, pubblicani, alla cui mensa prendeva parte con gran gusto. Diventare amico di qualcuno significa scoprirne il mistero. Costruire con lui o con lei un’intimità grande e gioiosa. Come la danza. Il mistero può essere riluttante a farsi scoprire, nascosto in chi non ha mai pronunciato una parola, visto il blu del cielo, stretto una mano. Questa ricerca avventurosa è alla base di Fede e Luce, è alla base del viaggio che ogni giorno uomini e donne diversi feriti arrabbiati condividono a bordo del Je Sers, l’unica dimora possibile per Joseph, rientrato in Occidente dopo aver fatto sue le capanne e le lotte dei sobborghi di Manila.
Qui, sulle tavole mai ferme del bateau, “persone bizzarre, a volte insopportabili iniziano a rivivere grazie all’accoglienza che ricevono, all’apertura che sentono da parte di chi crede che ogni uomo o donna è degno di essere amato. Noi li aiutiamo a ottenere il permesso di soggiorno e rimangono fin quando non trovano un lavoro e una sistemazione dignitosa. Piano piano, riescono ad allontanare la paura della polizia, il rancore e l’umiliazione delle regole imposte e si lasciano scoprire, ritrovano il lato umano dei loro caratteri”.
È vero, è ciò che stupisce di più il visitatore e l’ospite: le persone che abitano sul Je Sers sono un vero equipaggio. A tavola si sorridono o discutono o si prendono in giro, con grande familiarità, a dispetto delle differenze di lingua, religione, cultura, cuore. E soprattutto sorridono cordiali e spontanei a te che curioso e affascinato stai indagando sulla loro rotta e a sera tornerai al sicuro sulla terra ferma. Un equilibrio armonioso che, dopo aver conosciuto e guardato padre Larsen, ci appare naturale prima che incredibile, facile oltre che solido.
Per alcuni minuti quest’uomo carismatico è anche il nostro capitano, colui che può indicarci una direzione e sciogliere qualche dubbio. Gli chiediamo una parola che ci aiuti a ritrovare la voglia di dirci cristiane e riconoscere il nostro prossimo, un messaggio per quanti vedono nella Chiesa una realtà lontana e macchinosa. La sua espressione si fa seria: “la Chiesa ha perso oggi il richiamo all’amore…fa leva sulla testa, non sul cuore.” I giovani fuggono la severità dell’istituzione e la sterile razionalità del catechismo, “è un grave problema.” Rimane in silenzio per alcuni secondi. Poi ci guarda e accenna un nuovo sorriso: “Io vorrei, ho la speranza che bene e amore si ritrovino, non tanto nella Chiesa, quanto nei Cristiani.” In Olanda, tra i protestanti numerosi gruppi di giovani già si riuniscono nel nome dell’accoglienza e dell’amore e in tutto il mondo nascono nuovi movimenti e nuove congregazioni che non annunciano verità ma amore. Il Papa ne ha ospitato a Roma i rappresentanti tre anni fa, ne ha riconosciuto l’importanza vitale per il futuro del Cristianesimo. Dunque questa è la strada su cui incamminarsi: “Amate! Amate gli amici, i poveri, i genitori, amate gli animali, amate i piccoli e così siate discepole di Gesù”.
Silvia Gusmano, 2004
(Interprete: Valentina Dorato)
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.87
Sommario
Editoriale
L'iniezione di Uscobupt di M. Bertolini
Parliamo di lavoro
Il collocamento mirato di T. Cabras
Storia di Giorgio e del suo lavoro di P. Tardonato
Articoli
Benedetta mi ha convertito di Giampaolo
Il film «Le chiavi di casa» di T. Cabras
La barca bianca di J. Larsen di Silvia Gusmano
Associazione “Invitati alla festa” di Cyril Donille
Una Casa-famiglia dove la maternità ritorna gioia di Giulia Galeotti
Come guardano i bambini di una mamma
Sguardo come?
Rubriche
Libri
Sempre Capricci!, R. Giudetti, M. Lecci
Bianco su nero, R. Gallego
Mio padre è un chicco di grano, L. De Vita
Francesca Cabrini, L. Scaraffia