Iniziativa Amica (qui il sito) è una casa famiglia per future madri e puerpere in difficoltà, gestita dalle Suore della Divina Volontà insieme alla associazione Iniziativa Amica, la cui finalità è “il servizio e la difesa della vita, la formazione ai valori della fraternità, solidarietà, e il superamento di ogni discriminazione di razza e di religione”.
Quando suono al campanello di via degli Orti Spagnoli n. 108 a Roma, mi apre suor Gasparina, la veterana di questa struttura che da più di vent’anni ospita madri sole, consentendo loro di affrontare serenamente in un clima familiare la nascita e i primi mesi di vita del proprio bambino. La casa è al piano terra di un bel complesso dietro la via Portuense, stanze grandi e luminose circondate, per buona parte, da un giardino ben tenuto. In realtà, che è ben tenuto non riesco ad accorgermene subito; sono arrivata nel bel mezzo di una festa schiamazzante e colorata, la scuola è appena finita, i compagni di una delle bimbe ospiti sono stati invitati per un pomeriggio di musica, giochi e aranciata. Un momento più inopportuno per venire era difficile trovarlo…
Dalle facce di fine-festa, quelle ancora ansimanti dei bambini e quelle esauste di suore, volontarie e mamme in visita, si deduce che il pomeriggio è andato proprio bene. Non c’è niente di meglio che essere tuffati nella vita quotidiana di qualcuno per conoscerlo un po’, e la quiete dopo la tempesta si rivela una bella occasione per ascoltare Giuliana, la responsabile della casa di accoglienza. Con il sorriso limpido di chi dedica la propria vita all’amore per il prossimo rimboccandosi le maniche e rifuggendo facili sentimentalismi o pericolosi entusiasmi, questa giovane suora mi racconta con passione la storia della struttura, nata — come tante cose miracolose — in un modo silenzioso destinato però ad essere deflagrante.
Tutto ebbe inizio negli anni Cinquanta quando un gruppo di giovani romani diede vita ad un’associazione di laici (“Iniziativa sociale”), allo scopo di fare qualcosa di concreto per i bimbi abbandonati. Fare qualcosa significò da subito creare dei piccoli nuclei familiari tentando di “reinserire nella vita sociale, in condizione di assoluta parità, i figli illegittimi”, impresa non certo facile in un mondo che, allora come oggi, è sordo dinnanzi alla cieca disperazione di quelle donne che, per i motivi più disparati, si trovano fragili e sole dinnanzi al mistero di una vita che cresce in loro.
In particolare la casa di via degli Orti Spagnoli venne aperta nel 1971, e fu in quella occasione che si chiese la collaborazione delle suore della Divina Volontà, collaborazione divenuta più stabile ed ufficiale nove anni dopo quando le religiose della beata Gaetana Sterni si stabilirono come comunità nella casa famiglia. Come efficacemente spiega lo statuto dell’associazione, lo scopo del progetto è quello di dare “sostegno morale e materiale a persone in difficoltà, incluse straniere soggiornanti in Italia, prive di lavoro e di sostentamento; tutelare la vita nascente e il suo divenire quando è più indifesa, favorire le condizioni perché la donna in difficoltà possa esprimere il diritto personale alla maternità e ritrovare dignitosamente il suo posto nella società”.
L’idea infatti non è di regalare i pesci, ma di insegnare a pescare, non è di fare la carità a queste donne, ma di aiutarle caritatevolmente a dare un futuro a se stesse e ai loro figli. Con un’impresa molto più onerosa in termini di tempo, impegno e investimento affettivo, la casa famiglia accompagna le donne “solo” nel delicato e prezioso momento della gravidanza e poi della nascita. Perché in questa casa si entra per uscirne molto presto (con un soggiorno che dura di media 5 mesi e mezzo), con un abbraccio profondo che mira però a far camminare in completa autonomia la futura mamma e il suo bambino, aiutandola a trovare una casa, un lavoro e quant’altro. Perché amare e crescere è capire che ogni fine ha in sé la speranza di un inizio costruito con passione e intelligenza; perché se una donna incinta disperata e sola ha un insaziabile bisogno di tenerezza, la vera scommessa è di trasformare questo bisogno in forza e in un autentico conforto che le permetta di vivere con gambe solide il quotidiano.
La segnalazione che v’è una donna in difficoltà arriva di solito in via degli Orti Spagnoli dal centro di collegamento, ma può anche giungere dai municipi, dal passa parola, dalla parrocchia e così via. È questo un aspetto molto difficile e doloroso del lavoro, scegliere chi accogliere e chi no, secondo una valutazione che non può tener conto solo della fisica disponibilità di posti nella casa, ma che deve anche considerare la storia personale della donna e del suo disagio, l’età (l’età media delle ospiti è di 27 anni, con la fascia di gran lunga più presente tra i 21 e i 24; la più giovane aveva 15 anni e 8 mesi, 45 la più anziana) e la provenienza (soprattutto straniere — Africane, Capoverdiane in testa, dell’Europa dell’Est, principalmente polacche, ma anche sud e centro americane; — italiane — soprattutto dal Lazio, dalla Campania, Puglia e Calabria). Alla luce quindi delle caratteristiche sociali e culturali, occorre anche tentar di valutare in anticipo come la donna potrebbe trovarsi a vivere per un certo periodo in una casa famiglia, in una struttura cioè che — per quanto accogliente e rispettosa delle diversità — ha le sue regole e i suoi precari equilibri quotidiani.
In casa famiglia, che economicamente si regge grazie a contributi pubblici ed a sovvenzioni private, un ruolo molto importante è giocato dai volontari che si occupano, secondo le loro inclinazioni, degli aspetti burocratici, della cucina, delle gite, del magazzino vestiario, dei laboratori creativi, dell’insegnamento dell’italiano e via dicendo, contribuendo così al clima della comunità. Essa infatti — che negli anni ha accolto 167 minori (127 i nati in via degli Orti Spagnoli) e ne ha visti 119 riconosciuti dalla sola madre e 48 da entrambi i genitori — vuole davvero essere una casa in cui si vive “in famiglia”. Ciò ad esempio significa che se in libertà le ragazze possono chiedere di essere accompagnate in sala parto, esse sono anche libere di dare in adozione il proprio figlio laddove questa dolorosa scelta si renda necessaria. Cruciale per la vita della casa infatti è l’ascolto e la pazienza, e se vi sono delle regole quotidiane, si è però al contempo molto attenti alla religiosità, alle abitudini e alle sensibilità di ciascuna. Il tempo è così quello della singola donna che cuce il corredino per il suo bambino, o che viene accompagnata dal medico, ma è anche il tempo della neo mamma che cerca un lavoro compatibile con il suo nuovo stato; è il tempo della casa famiglia che prepara la trasferta estiva nella casa al mare affittata per agosto, che festeggia una nascita, o che è imbarazzata nel riscuotere il prezzo del bel libro fotografico! che ne racconta la storia.
È il tempo intorno alla nascita che spesso si trasforma in molto di più — perché via degli Orti Spagnoli è anche il luogo in cui si torna per una merenda, per fare due chiacchiere, per ricevere conforto e darne, trovare una nuova maglietta per il proprio figlio, o lasciare quella che proprio non entra più, ma che calzerà a pennello a quella bimba che sta facendo i suoi primi sbadigli. Perché, come ama ripetere suor Giuliana, “tra la vita che nasce e la vita che muore intercorre lo stesso mistero”, del quale — forse — si può cogliere qualche scintilla nelle facce di queste donne.
Giulia Galeotti, 2004
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.87
Sommario
Editoriale
L'iniezione di Uscobupt di M. Bertolini
Parliamo di lavoro
Il collocamento mirato di T. Cabras
Storia di Giorgio e del suo lavoro di P. Tardonato
Articoli
Benedetta mi ha convertito di Giampaolo
Il film «Le chiavi di casa» di T. Cabras
La barca bianca di J. Larsen di Silvia Gusmano
Associazione “Invitati alla festa” di Cyril Donille
Una Casa-famiglia dove la maternità ritorna gioia di Giulia Galeotti
Come guardano i bambini di una mamma
Sguardo come?
Rubriche
Libri
Sempre Capricci!, R. Giudetti, M. Lecci
Bianco su nero, R. Gallego
Mio padre è un chicco di grano, L. De Vita
Francesca Cabrini, L. Scaraffia