Ci eravamo conosciuti qualche settimana fa durante una trasmissione televisiva dove mi aveva fatto un’ impressione particolare. Mi è sembrato subito una persona un po’ speciale e mi è venuta voglia di conoscerlo meglio. Così è nata questa intervista. Parliamo di Nicola Pintus.
Mi trovo un po’ in difficoltà a dire chi è e cosa fa. È un atleta, un operatore, un idealista che vuole sfidare il mondo dell’handicap intellettivo, un fratello, un amico, un “papà” di ben 25 ragazzi autistici o con la “sindrome X fragile” che può causare leggeri problemi nell’apprendimento fino a gravi ritardi mentali. Lui stesso si definisce un dirigente sportivo, ma si intuisce che si sente stretto in questa definizione.
Tanti anni fa Nicola Pintus, insieme alla sua fidanzata — oggi moglie — Roberta, frequentava il gruppo della sua parrocchia nel quale erano accolti ragazzi con handicap.
Nel 1984 si iscrive all’Istituto Superiore di Educazione Fisica e si rivela atleta di alto livello. Durante il servizio militare segue la preparazione degli atleti per il campionato della Federazione Italiana Sport Disabili.
Nel 1986, in una palestra dove insegnava come istruttore, conosce Alberto Rubino, un ragazzo autistico di cui ben presto scopre la forza fisica. Comincia ad allenarlo correndo insieme a lui nei parchi romani e negli stadi. Nicola Pintus però fa un’altra scoperta: vede che Alberto, un ragazzo che non parla più dall’età di 3 anni, in questo modo, si apre sempre di più al mondo esterno e diventa più socievole. Da qui la sfida comincia. Dalla palestra ai parchi, dai parchi a percorsi sempre più lunghi e impegnativi, fino alla decisione di partecipare alle prime gare. Poi la prima semimaratona (21 km), poi diverse maratone in giro per il mondo (New York, Boston, Roma) e infine la sfida più grande: portare Alberto sulle montagne dell’Himalaya.
Si allenano tutti i giorni, diventano grandi amici — quasi fratelli — e partono per la grande spedizione.
Non è facile per una persona autistica sradicarsi dal suo ambiente abituale, separarsi dai genitori, affrontare un lungo viaggio in aereo e camminare ad alta, altissima quota in condizioni difficilissime. Niente è scontato, niente si può prevedere, ma alla fine la sfida viene vinta e per Alberto è un’emozione incredibile. Alberto diventa il simbolo e la “mascotte” del Progetto Pilota Filippide. Infatti due anni fa quest’attività viene aperta a 25 ragazzi (di cui 12 da 8 a 13 anni e 13 maggiori di 14 anni).
Ora sono in molti a girare per il mondo e a correre le diverse maratone, compresa la maratona al Polo Nord del 2002 alla quale partecipano in 6.
Il Progetto Filippide è seguito direttamente dal CNR. È noto che negli atleti si alza naturalmente il livello della serotonina, sostanza che controlla l’aggressività e favorisce un sonno più tranquillo. Nei ragazzi autistici generalmente questa sostanza è presente in grado insufficiente e deve essere assunta con farmaci che possono avere gravi controindicazioni. I sostenitori del Progetto Filippide si augurano che presto la comunità scientifica indaghi sulla possibilità che lo sport agonistico praticato regolarmente possa favorire un aumento naturale della serotonina nei soggetti autistici. Ma il progetto è appena all’inizio e le ricerche e l’approvazione scientifica hanno bisogno di tempo. Devo ammettere che Nicola Pintus e la moglie Roberta ne parlano con grandissimo entusiasmo, con grande conoscenza e… sono molto convincenti.
Gli atleti vengono preparati da esperti: psicologi, assistenti sociali, operatori, psicoterapeuti, logopedisti, professionisti sportivi, ma soprattutto da tanti volontari, (l’autista del pulmino, per esempio, è il suocero di Nicola).
Non si corre solo ma si va anche in piscina il pomeriggio. Per il momento ci si incontra per l’intera giornata di martedì, ma si spera che presto il numero delle giornate aumentino. Il Comune di Roma sostiene il progetto e lo finanzia. È in corso un progetto simile a Viareggio e tra poco sarà aperta una nuova sezione a Catania.
Agli atleti viene dato un programma sportivo personalizzato, un “vestito cucito su misura”, come dice Nicola. Tutti infatti abbiamo modi, tempi e mète diversi. Le gare a cui partecipano sono maratone aperte a tutti e presto, il 28 marzo a Roma e il 4 aprile a Milano, potremo incontrarli e confrontarci con loro.
Il modo di relazionarsi con i ragazzi è molto paritario; si sentono lodi, incitazioni e sgridate: insieme formano un gran gruppo di amici che lavorano duramente.
A questo punto forse capirete la mia difficoltà nel definire il lavoro di Nicola Pintus.
Un atleta professionista non lo è più, un operatore non lo è perché non ha fatto la formazione da operatore; non è ovviamente fratello o papà di 25 ragazzi; non è un semplice amico perché lui è il presidente dell’associazione e tratta con personalità di livello nazionale; non è un semplice presidente e dirigente perché lui non si limita a dirigere ma lavora attivamente, si occupa della preparazione sportiva dei suoi ragazzi fino al semplice accompagno al cancello d’uscita del ragazzo e tratta come amici tutti i suoi compagni di percorso e di avventura, li accudisce con affetto e semplicità.
Nicola Pintus è semplicemente una persona che crede in quello che fa e che crede soprattutto nei suoi ragazzi ai quali regala chilometri di fiducia. Sembrano un gran gruppo di moschettieri che gridano: Uno per Tutti e Tutti per Uno!
(Per altre informazioni sito: progettofilippide
Huberta Pott, 2004
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.
Sommario
Editoriale
Convivenza, non coesistenza di M. Bertolini
La chiesa è per tutti?
Una mamma scrive ai vescovi di T. Turrini
Una messa poco dignitosa di Silvia Gusmano
“Per voi e per tutti” di Cristina Tersigni
Articoli
Come accompagnare piccole e grandi crisi di Anna Aluffi Pentini
Giulio racconta: pensavo sempre a lui
“Filippide” Correre insieme dal Tibet al Polo Nord di Huberta Pott
La Shiatsu dei volontari dell’APIS a Roma di Giulia Galeotti
Felice di vivere di Myriam
Rubriche
Libri
Piovono mucche e nuovi libri di Tea Cabras