“Volevo farti sapere che il tuo nome è tra quelli emersi per far parte di un’equipe italiana che andrà a Beirut a fine luglio per una settimana di formazione di Fede e Luce. In quella occasione verrà anche eletto il nuovo responsabile del Continente”.
Tumulto. Non sono responsabile della mia Regione, probabilmente non lo sarò mai e allora non è giusto togliere ad un altro la possibilità di vivere questa esperienza. Certo gli incontri Internazionali di Fede e Luce a cui ho partecipato in passato sono stati così belli e ricchi… proprio non ho voglia di dire di no. E poi cosa sono questi Continenti? E come sarà il Medio Oriente? I nostri amici di Fede e Luce lì saranno poi così diversi da noi?
Quando mi imbarco sul volo per Beirut porto con me un po’ di risposte e una grande curiosità (nonché una valigia che viene persa e che mi regala il privilegio di ricevere le attenzioni dei miei compagni di viaggio e dei nostri accoglienti e premurosi ospiti). Ora so che la famiglia di Fede e Luce raggruppa le nostre comunità in Regioni, Nazioni e Zone per rendere possibile parlare con città, paesi o continenti lontani dal nostro, e so che, dal settembre 2002 a Roma, le numerose Zone nate fino ad oggi sono state ulteriormente raggruppate dando vita così ai Continenti.
Non so se è giusto che io stia andando, ma parto con l’idea di mettere a disposizione tutto ciò che so fare; se poi ci sono altri modi per “portare frutto”, come il tema dell’incontro suggerisce, lo scoprirò solo al ritorno. Lì mi aspettano svizzeri, croati, sloveni, greci, ciprioti, libanesi, ovviamente, e poi ancora siriani, giordani, egiziani e un timido iraniano.
Difficile tracciare una linea tra queste nazionalità che scivolano gradatamente da Ovest verso Est e delle quali, superficialmente, si colgono punti di contatto e divergenze. Fede e Luce le vede divise in due Zone, raggruppate ora nel nuovo Continente “Europa Medio Oriente”. La zona occidentale è un po’ cambiata e ora anche Grecia e Cipro ne fanno parte.
La Babele linguistica è una delle ricchezze e degli ostacoli più evidenti. “Abuna. Pére, Father, πάτερ, Padre nostro…”: il padre nostro recitato in tante lingue diverse rende tangibile in modo forte l’appartenenza di tutti i membri della comunità nascente alla grande famiglia dell’umanità. Al tempo stesso il nostro assistente spirituale confessa lo smarrimento nel seguire una messa celebrata in arabo secondo un rito che non è il suo. Già perché qui il fatto che Fede e Luce abbia la possibilità e il dovere di avere un ruolo ecumenico è proprio tangibile. Nella serata iniziale traduco in inglese la presentazione di tutte le nazioni e mi scontro subito con il fatto che quasi tutti i credo cristiani e un elevato numero di riti sono qui rappresentati. Per i presenti ovviamente è un’altra ricchezza, ma per me è uno scontro, visto che non sono assolutamente in grado di raccontarla in inglese!
Conferenze, scambi in piccoli gruppi, veglie ci spingono a riflettere, scoprire o riscoprire l’importanza di alcune cose o di un diverso punto di vista. Parliamo della comunità, della responsabilità, dell’importanza dell’accompagnare e dell’essere accompagnati. L’idea, piuttosto semplice ma improvvisamente chiara, che i conflitti tra le persone, in Fede e Luce è altrove, nascono da conflitti interiori mai risolti ci viene suggerita da Maroun, che ci parla mentre i suoi bambini dormono seduti ai suoi lati come piccole ali. In un angolo della sala conferenze c’è sempre Elias, sdraiato nel suo letto, sorridente e coccolato dalla comunità, che ci ricorda dove siamo e perché siamo qui. Il linguaggio internazionale dei sorrisi con lui ogni tanto è un po’ frustrante quando vorresti digli qualcosa di più di “Marahba! kiffak?” (Ciao; come stai?)
Intorno a noi c’è Beirut, che vivo più nei racconti dei suoi abitanti che nella visita, purtroppo affrettata. È orgogliosa. Sembra forte il desiderio di mostrare al mondo la sua anima di araba fenice, e di cancellare presto ogni traccia delle sue ceneri. “La prossima generazione potrà averebuoni rapporti con i vicini di casa, perché noi della guerra non parliamo.”
Prima di tornare a casa ho anche la fortuna di prolungare il soggiorno e di godere della proverbiale ospitalità di queste terre. In Siria, come in Libano durante l’incontro, veniamo accuditi, scortati e accontentati in ogni desiderio per due giorni intensissimi e pieni di bellezze, umane e storiche. In un monastero pieno di pace ai margini del deserto, affianco ad una tenda da nomadi che ospita una chiesa ricca di tappeti e di silenzio, mangiamo un biscotto inzuppato nella Nutella con gente di diverse nazionalità, ma soprattutto italiani, uniti dal caso, ridiamo di un riso che non stona con il luogo e ci prepariamo a riportare a casa tutto quel che abbiamo vissuto.
– Valentina Camomilla, 2002
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 83, 2003
Sommario
Editoriale
Avevo deciso di non amare mio fratello di Sarah
L’arte di chiedere aiuto di David Wilson
Medico, ho imparato a consultare il mio cuore - Intervista con Oleh Romanchuk
Speciale Scuola e Handicap di T. Cabras e C. Tersigni
Una scuola da imitare
Dall’osservatorio scolastico dell’AlAS
Altri articoli
Uscire dal guscio - Un laboratorio speciale di N. Schulthes
Prendete e mangiatene tutti di S. Tamberi
Mille pasti al giorno di E. de Rino
“Marahba! Kiffak?” - Fede e Luce a Beirut di V. Camomilla
Comunicazione Aumentativa Alternativa di V. Gallo, A. Bulgheroni
Autismo - 5° Conferenza internazionale di E. de Rino
Lettera a Mariangela e a molti altri di don V. Palmisano