Cara “Mamma”

Ti scrivo la letterina di Natale perchè avevo voglia chiederti un po’ di attenzione e di farti un paio di domande su questioni che per me sono molto importanti e a cui solo tu puoi rispondere.
Penso spesso che io e te rispetto a molti degli aspetti che ci legano e ci tengono uniti, stiamo proprio su due diverse sponde dello stesso fiume, soprattutto riguardo a quello che è ed è stato tuo figlio per te e per me.
Per me è stata una scoperta straordinaria, un incontro che mi ha cambiato, mi ha aperto gli occhi, una fonte di gioia e di speranza, un amico sincero. Anche per te è stata una scoperta straordinaria e un incontro che ti ha cambiato ma vedo dalla tua vita di tutti i giorni che è stato ed è ancora di più oggi anche fonte di preoccupazione e ansia per il futuro, fatica quotidiana e stanchezza.

Per me passare del tempo con tuo figlio (cosa che avviene ogni tanto, una volta ogni due, tre settimane) è qualcosa che mi riempie la vita, mi fa sentire bene oltre che con lui, naturalmente, anche con il mondo e con me stesso. Per te è normale, è quotidiano passare del tempo con tuo figlio e forse è proprio quando sta con noi che ti senti un po’ meglio e risollevata e magari puoi sentirti un po’ in “pace” con il mondo.

Proprio per queste differenze dicevo, mi sento dalla parte del fiume dove sono quelli che possono scegliere, possono aiutare, possono sentirsi “buoni”, mentre tu stai dall’altra dove sono quelli che spesso non scelgono, devono affrontare problemi ogni giorno. E allora mi vengono fuori da tempo due domande, un “Perché?” e un “Come mai?” a cui vorrei che mi rispondessi sinceramente.

Perché mi ringrazi sempre, mi riempi di complimenti, mi fai sentire importante anche alla minima attenzione che vi rivolgo, addirittura ti commuovi (e lo vedo che sei sincera) se capita ogni tanto che io ti telefoni per dire che voglio andare a prendere una pizza con tuo figlio o addirittura “udite, udite” lo posso portare con me dieci giorni in vacanza. Continuo a pensare che l’opportunità di questo tempo che passo con lui è per me, sono io che ho la possibilità di fare qualcosa di diverso dal correre/lavorare/non aver tempo di…/ e in fondo non credo che nel pratico questo tempo per te risolva qualche problema. Eppure sei sempre tu a ringraziare, a riempirmi di “Dio ti benedica” e di “Se non ci foste voi…”. Perché?

Come è possibile che tu che “oggettivamente” hai spesso una vita complicata, faticosa, problematica, come è possibile, dicevo, che tu abbia sempre parole e atteggiamenti di fiducia e di speranza verso gli altri e verso il futuro. Io, invece, abuso di frasi che vanno di moda oggi come “Sono stressato”, “Non ho mai il tempo per quello che realmente vale la pena di fare”, “Ma che vita è questa?”, “Non so dove si andrà a finire”. Io non ho grandi problemi e dolori quotidiani da affrontare ma tante volte non riesco a vedere il futuro, ad affidarmi; mentre tu lo sai fare molto meglio di me. Come mai?

Spero che tu abbia voglia e tempo di rispondermi, senz’altro hai la capacità visto che è chiaro che riesci a vedere e a sentire qualcosa di cui io non sono capace. Sono due risposte che oggi sento molto importanti per me e per il mio modo di vedere la vita e affrontare il futuro, mi faresti un bel regalo di Natale.

Chiudo la mia letterina di Natale con un grazie.

Grazie, mamma di avermi insegnato una cosa fondamentale per vivere meglio, d’altra parte sei una mamma ed è anche tuo compito di farci capire le cose importanti della vita, mi hai insegnato a chiedere aiuto. Forse è questa la tua forza vera sapere chiedere aiuto agli altri e a Dio, a me riesce molto più difficile e spero che continuando a stare con te imparerò a farlo un po’ meglio.

Ti voglio bene,
Filippo


Cara suor Adalberta

Cara suor Adalberta tra le tante persone incontra
te nel mio viaggio in Angola, ad agosto scorso, non posso dimenticare Scita.
Ero andato al cimitero di Luena per vedere la tomba di Jonas Savimbi, capo della guerriglia, ucciso a febbraio dell’anno scorso.
Chiamato da Padre Jo-Jò, Scita venne incontro a noi volentieri.
Non sono riuscito a contare le croci di varie dimensioni che portava addosso.

Grazie alla traduzione del mio amico sacerdote ho capito che il suo rapporto profetico con Dio era esuberante e che l’oracolo nei miei riguardi era beneaugurante.

In quei pochi minuti non ho osato etichettare il mio interlocutore.
Ho pensato ai tanti amici incontrati a Fede e Luce e all’uomo (all’indemoniato) di Cerasa che, come ci raccontano i vangeli, camminava tra i sepolcri.

Dopo quell’incontro siamo venuti subito da te, cara suor Adalberta, e spontaneamente ti ho parlato di lui.
Ricordo lo stupore del tuo volto nel raccontarmi di come vivevi l’amicizia con lui.

Ricordo di come, nelle visite al cimitero, pensavi a lui portandogli delTacqua potabile: gesto banale per il nostro mondo del benessere ma prezioso per voi che quotidianamente vivete la precarietà dei servizi. Nello stesso tempo ricordo la tua gioia nel raccontarmi di come Scita, così solitario e arrabbiato con tutti, sfidando gli insulti e gli sfottò, arrivò un giorno alla tua casa per consegnarti una busta piena di mango.

L’acqua e la frutta sono il ponte con cui state costruendo una relazione di amicizia, sfidando la paura e il pregiudizio. Con le piccole cose e con gesti semplici i cuori si aprono alla comunione.
Gesù, a Betlemme, non è stato accolto nell’albergo ma i pastori, nella notte, sono corsi a vederlo.

La sua tenerezza rende più vulnerabili i nostri cuori per aprirli alla gioia della comunione.

Don Vito Palmisano, 2003


Carissimi lettori

Abbiamo tra le mani l’ultimo numero di Ombre e Luci fresco di stampa, colorato, con tante fotografie. Ci rendiamo conto che sono proprio le fotografie, insieme alla grafica elegante e precisa a rendere il nostro giornaie piacevole da guardare, diverso (modestia a parte…1)

Ma quale è il segreto per raggiungere questo risultato? Come devono essere le foto in una rivista così?

Sicuramente: espressive, delicate, significative, sincere… Ma anche: non retoriche, non banali, non pietistiche…e senza dubbio, interessanti reali, forti, gioiose. Difficile avere sempre delle foto così, non vi pare? Anzi difficilissimo.
Ecco perché con questa lettera di Natale, noi della redazione vogliamo dire “GRAZIE DI TUTTO CUORE AI NOSTRI BRAVI FOTOGRAFn Pensiamo a Barbara, a Lorenzo, a Nanni che tanto spesso ci hanno regalato le loro foto: senza il vostro aiuto il giornale non sarebbe lo stesso. Ma grazie anche a Bice, a Rita, a Valentina, a Marta, a Don Vito e a tanti altri di cui forse oggi ci sfugge il nome, che nel corso degli anni ci hanno inviato bellissime immagini. E grazie anche agli “artisti ignoti” che per qualche errore o dimenticanza, purtroppo a volte è successo, hanno visto pubblicate le loro foto senza il nome dellAutore: ce ne scusiamo ancora.

Buon Natale a tutti voi fotografi e lettori con una raccomandazione: non perdete l’occasione in questi giorni di festa, per qualche memorabile scattai
la Redazione, 2003


Carissimi di Ombre e Luci

Oggi è Vuìtima domenica di Ottobre, voi mi avete chiesto una testimonianza e per me è un’occasione per “vedere” il mio egoismo insieme a quello di mio marito Maurizio, verso nostro figlio, anzi verso i nostri figli, perché non è debole solo Andrea, ma anche Luca è un “tipo particolare” come fratello unico e maggiore di un portatore di handicap. In fondo in fondo ho sempre pensato di vivere una grande disgrazia o un’ingiustizia enorme e inspiegabile. Dopo ventisei anni comincio ad intravedere che il buio vero è dentro il mio cuore: non so veramente pensare e dare all’altro se non in quanto mi gratifica e mi realizza, quindi le reazioni sono sempre diverse ma con il risultato finale di eterna scontentezza, o ansia, o angoscia e rabbia verso tutti. All’inizio è stato più istintivo arrabbiarsi con gli altri (società, parenti, amici, parrocchia) che non ti amano e non ti capiscono né nel modo né al momento giusto) l Poi rivolgo la mia aggressività più o meno espressa verso il mio dolce “compagno di viaggio”, mio marito. So che è come tutti gli esseri viventi, ma i suoi limiti, uniti ai miei, mi danno un senso di impotenza oceanica a cui vorrei proprio sottrarmi…. Poi ci sono i miei rapporti con la Chiesa, con la parrocchia che, grazie ad Andrea, frequento da tredici anni, con Don Fabio… All’inizio pensavo acidamente e legalisticamente: la chiesa DEVE ACCOGLIERE I DEBOLI, risolverà e ricomporrà tutti i problemi di Andrea e anche, e soprattutto quelli dei suoi genitori) E quindi anche qui… quante recriminazioni, aspettative deluse, rabbie represse. Che fatica continuare a frequentare le Celebrazioni…. Per fortuna Don Fabio ha il dono di annunciare l’Amore di Dio attraverso le sue omelie che non sono mai moralistiche e ripetitive. E poi ha la capacità di condividere la sua esperienza di fratello-peccatore, esortandoci a non scoraggiarci perché Dio “sa di quale pasta siamo fatti”….

Mi accorgo che la comunità parrocchiale alla domenica insieme alla Speranza che il vostro “Ombre e Luci” mi ha trasfuso, goccia a goccia, come attraverso una flebo, per venti anni, mi hanno seguita nella mia vita quotidiana da alti e bassi (alla ricerca di un equilibrio per amare la mia croce non per dovere o rassegnazione, ma per libera scelta basata sull’amore e l’aiuto di Dio), mi hanno aiutata a guardarmi intorno e a scoprire un “faro” di luce e amore: Jean Vanier.

Nel 1996, incuriosita da una recensione del suo libro “Ogni persona è sacra” lo ho acquistato non sapendo che sarebbe stato un libro fondamentale per la mia vita e che in seguito ne avrei regalato tante copie soprattutto per poter entrare in “comunione” con le persone cui volevo bene.

Ho cominciato a leggerlo avidamente con un alternarsi di commozione, stupore, incredulità. Sì, sono rimasta profondamente colpita dal fatto che per la prima volta ho visto stampato un pensiero per me nuovo: la consapevolezza profonda che ogni essere vivente è importante perché è amato da Dio dello stesso Amore e nello stesso modo.

Di solito si vive il figlio diverso in una continua altalena tra “compassione iperprotettiva” e “desiderio di rifiuto” mascherato dietro obiettivi o mete impossibili che procurano solo dolorose frustrazioni. Quando ho visto scritto che è difficile non “sentirsi superiori”, che abbiamo un fondo di inesauribile presunzione nei confronti dei fratelli disabili, mi sono commossa profondamente… ma non sono CAMBIATA AUTOMATICAMENTE!!

Ho scoperto !a sua storia e !a sua vocazione apparentemente casuaie e ho eietto Jean Vanier mia “guida spirituale” .

Grazie, Jean, per avere avuto il coraggio di entrare in una vita dei tutto nuova, più avventurosa di quella tua precedente di ufficiale di Marina. Grazie anche per aver descritto questa tua esperienza di Vita e Amore attraverso un cammino che non esiti a definire faticoso e pieno di insidie, perché richiede pazienza, fiducia, competenza e soprattutto Fede nelVaiuto di Dio.

È difficilissimo sintetizzare in modo efficace questo annuncio che si è tradotto per lui in vita vissuta dal 1964, attraverso la fondazione di tante case famiglia — le Arche —. Ma la cosa stravolgente per una persona come me, madre perfezionista, è sapere che è stato tradotto in vita vissuta rannuncio che ogni essere vivente è sacro, perché amato profondamente da Dio. Parola di Jean Vanier.

Con affetto e gratitudine Buon Natale a tutti, in particolare a quelli che si scoraggiano facilmente come la sottoscritta.

Silvana, 2003


Cari amici genitori

Vorremmo che Natale fosse sempre tempo di “buone novelle” per tutti e noi di Ombre e Luci abbiamo una piccola ma importante buona notizia da condividere con voi.
Anche nel corso degli ultimi anni, come da sempre, in redazione abbiamo cercato nuove realtà destinate ai ragazzi disabili, le abbiamo contattate, abbiamo raccolto informazioni, quasi sempre le abbiamo visitate per poterne parlare su O. e L.
Una cosa è certa: Case Famiglia di minori o maggiori dimensioni, centri diurni, cooperative di lavoro di tipo B, fattorie, varie iniziative che consentono il lavoro ai disabili mentali si stanno diffondendo nel nostro Paese, anche se non allo stesso modo in tutte le regioni. E una cosa ci ha colpito in particolare. Spesso sono state una mamma o un papà, una o due coppie di genitori a cui presto se ne sono aggiunte altre, che hanno preso iniziativa [note]A pagina 28 trovate elencate le iniziative, avviate dai genitori per ragazzi disabili, che abbiamo conosciuto in questi anni.[/note]. Riuniti in associazione nel giro di pochi anni, hanno visto nascere una nuova Casa Famiglia o una bottega di artigianato, un piccolo ristorante o una grande fattoria, centri di ospitalità per i week-end e altre iniziative.

Naturalmente è stato per loro indispensabile collegarsi alle istituzioni pubbliche, ottenerne riconoscimenti e sovvenzioni ma questo è accaduto in un secondo momento: i primi passi li hanno fatti coraggiosamente da soli.

Si sta avverando, e lo diciamo con gioia, quello che già in anni lontani sostenevano le persone più competenti e più vicine anche per motivi famigliari, a questi problemi. Lo ripetevano nei loro scritti più accorati, scrittori noti come la nostra Clara Sereni o il lontano premio Nobel giapponese Kenzaburo Oe. Scrivevano che nessuno come i genitori ha a cuore i bisogni di questi figli particolari, nessuno li conosce altrettanto a fondo fin dalla nascita ed è più motivato nella ricerca per loro di soluzioni idonee di vita e di lavoro. E la società civile deve intervenire, se vuole essere degna di questo nome, in aiuto di chi ha difficoltà particolari ma lo deve fare collegandosi alle indicazioni della famiglia che da parte sua, ha il dovere di additare nel modo più adeguato, necessità e bisogni per la crescita del proprio figlio, per lo sviluppo delle sue potenzialità.

A questi genitori — pionieri è stato necessario uscire dal tunnel del dolore privato per trovare la voglia e la forza di mettersi insieme, di alzare la testa e di guardarsi intorno per vedere come iniziare. È stato necessario a volte, abbandonare illusioni e progetti impossibili per scoprire insieme ad altri quello che era realmente giusto e buono per i loro figli. E stato necessario scoprire che la solidarietà per il figlio dell’altro, battersi e faticare e lottare anche per gli altri, diventava vero arricchimento per il proprio figlio.

Questo figlio speciale cresce e la sua presenza nella Società acquista peso e significato anche attraverso l’impegno coraggioso di chi lo ama di più.

Buon Natale a tutti da
Tea Cabras, 2003


Cara Francesca

Cara Francesca, non posso e non voglio consolarti, perchè so bene che per quanto possa esserti vicina non sono in realtà nei tuoi panni. Vorrei solo provare a riflettere con te su quello che sta accadendo e su quello che mi hai detto l’altra volta.
Dici che, al di là dei paroioni scientifici usati dai medici, di fatto “Emanuele” avrà un sacco di problemi: non camminerà, non parlerà, non crescerà come gli altri bambini. È vero. Ma lo stesso concetto si potrebbe esprimere così: Emanuele fa le cose – e le farà – come gli altri bambini, ma con tempi e modi diversi.

Le altre mamme cercano nel tempo libero svaghi e sport per sé e per i loro figli- Tu, nel tempo libero, dovrai portare Emanuele alle terapie, ai controlli, ai da^-hospital ecc.

Certamente non è un bello sport né un hobby piacevole: ma quanto quelle attività potranno aiutare te e Emanuele a convivere con i vostri problemi, ad imparare ad affrontarli e – perché no – a superarli? Pensa un momento ai progressi che ha fatto e che fa la medicina, la riabilitazione e la psicologia negli ultimi decenni…

Tu sei “disperata” perché la speranza è solo un’illusione che poi si scontra con una realtà orribile che fa ancora più male. Da una parte hai ragione, perché può essere utile prepararsi al peggio.

Dall’altra sai meglio di me che tutta la vita di tutti gli esseri umani è fatta di speranza: da quando esci di casa al mattino a quando vai a letto la sera. A volte non ce ne rendiamo conto, ma è la speranza che ci tiene vivi. E per chi crede in Gesù, speranza e certezza di vera felicità da subito e per l’eternità, la qualità della vita cambia in positivo, pur nelle difficoltà.

So che non vuoi sentire parlare di Dio, in questo momento. Ci stai litigando forte: leggerai questo pezzo quando ti sarai sfogata per bene… (non è male litigare con Dio, basta che continui a parlarci!).

Quando avrai voglia, potrai constatare come la Sua presenza nei piccoli, negli innocenti, nei semplici, sia viva più che mai. Essi sono Amore allo stato puro. E poi “Emanuele” vuol dire che Dio è con noi! Sai benissimo che la Sua protezione, la Sua vicinanza, la Sua consolazione, a loro non mancherà mai. Mai gli mancherà l’ESSENZIALE. Lui e la Sua Mamma hanno voluto provare con noi il nostro dolore, le nostre angosce, le nostre preoccupazioni: sono gli unici che possono capirti fino in fondo e aiutarti veramente. Prova a fidarti. Non preoccupiamoci di quel che sarà, di come sarà il nostro futuro. Il Padre nostro veglia su di noi e PROVVEDE. Goditi l’amore e la tenerezza di quel bimbo stupendo che è tuo figlio. Lui ha te. Crede in te, vede solo te. Un mistero profondo d’amore lega te e il tuo bambino. Oggi è molto più fortunato lui di tutti quei bambini abbandonati, violentati, affamati di cui il mondo purtroppo è pieno.

Mi rendo conto che come al solito parlo troppo. Io, in fin dei conti posso solo offrirti un po’ del mio tempo, del mio cervello e del mio cuore come fa di solito un’amica. Non sto nei tuoi panni, non ho io i tuoi problemi: forse non avrei dovuto neanche scrivere tutta questa roba. Forse avrei dovuto scriverti solo questo: ti voglio bene.

Ciao
Martina


Cari lettori

Cari lettori, sicuramente molti di voi ricorderanno l’articolo apparso dopo il Pellegrinaggio a Lourdes del 2001 del “Pazzo delle 30 iscrizioni” (P. Klaus Sarbach)… Be’, tra quei 30 c’eravamo anche io e mio fratello Matteo, bimbo down di 10 anni.

Mi presento, sono Barbara, ho 23 anni e sono entrata in Fede e Luce, nella comunità Fatima-Milano, dopo quella fantastica esperienza.
Dopo 2 anni di cammino tante persone sono entrate nella mia vita, cambiandomi nel profondo ed aiutandomi a crescere.
In questo periodo sto scoprendo meglio la figura dei genitori e il confronto con loro, l’ascolto delle loro esperienze. dei pesi e delle gioie che portano nel cuore mi ha fatto rimanere tante volte senza parole.

Da tutti questi incontri è nata la poesia riportata di seguito, che vorrei dedicare a questi maestri di speranza e di fedeltà che sono i genitori dei ragazzi disabili.

Con un grazie di cuorel
Barbara

Perché

Ma è la vita
che regala la gioia più grande
e al suo interno nasconde/ sofferenze senza confini.
E non puoi cambiare nulla,
accettare, / chiudere gli occhi,
abbandonare le paure,
lasciare entrare l’amore/e la speranza.
E la forza dell’amicizia sosterrà i tuoi passi
e forse ti restituirà
la voglia di vivere,di lottare
e di sognare…
ancora…

Lettere di Natale – Un dialogo speciale con i lettori di Ombre e Luci ultima modifica: 2003-12-22T13:05:41+00:00 da Redazione

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.