Io cerco Alberto e lo trovo accanto alla mamma che gli sta offrendo una fetta di torta. Intorno ai tavoli c’è una grande confusione. Riusciamo a prendere un bicchiere d’aranciata e poi ci allontaniamo. Tranquillizzo Annamaria dicendole che lei può fermarsi a chiacchierare mentre Alberto mi accompagna a fare nuove conoscenze.
Io e Alberto ci prendiamo sottobraccio come vecchi amici e, facendo un po’ i buffoni, ci divertiamo a salutare chi incontriamo. Lentamente però mi accorgo che il mio compagno si sforza di sorridere ma in fondo non mi sembra sereno.
Poi, in mezzo a tutta quella gente, Alberto abbassa la testa e capisco che vuole dirmi qualcosa di importante. Mi avvicino ed è come se ci isolassimo da tutti gli altri. Alberto è emozionato e confuso. Dopo qualche esitazione, tutto d’un fiato sussurra: “Papà restato a casa: perché?”
Come risponderti, Alberto? Come spiegarti che in certi momenti i rapporti fra genitori divengono così tesi che il papà si può rifiutare di venire a festeggiare perché ha perso la pace che pezzo per pezzo, anno dopo anno, aveva finalmente ritrovato? Come spiegarti cosa succede ora fra tuo papà e tua mamma?
E ti stringo la mano, ti guardo negli occhi e ti parlo come se parlassi ad un uomo, senza nascondere verità che tu conosci meglio di me. “Il papà e la mamma hanno litigato… il tuo papà non vuole più venire a Fede e Luce… a volte succede. So che ti dispiace, Alberto, e dispiace anche a me. Bisogna pregare tanto, Alberto… promettimi che lo farai… anch’io lo farò, te lo prometto…”.
È il secondo incontro quest’anno e oggi, invece di preparare un lungo tavolo per tutta la comunità, sistemiamo tanti tavoli più piccoli per conoscerci meglio. Hanno messo il mio segnaposto vicino a quello di Alberto. Alberto però non si vuole sedere. Vuole andare a casa. Quando siamo soli gli chiedo se vuole andarsene perché a casa c’è il papà. Non mi risponde ma si siede. Quando il nostro “capotavolo” ci porta i piatti, Alberto ricomincia a fare i capricci: non vuole mangiare quello che ha nel piatto. Prima scherzando, poi sempre più seriamente, cerco di convincerlo che si deve mangiare quello che ci è stato offerto, che può essere più o meno buono ma che è comunque qualcosa di commestibile. Alberto si impunta. Si è accorto che sono nervoso anch’io. Allora cambio tattica e raggiungiamo un compromesso: io gli do metà del mio riso contro metà della sua pastasciutta e gareggiamo per vedere chi finisce prima.
Aspettando la frutta, cerco di parlare con gli amici nuovi che sono venuti oggi per la prima volta a Fede e Luce. Alberto, che è un burlone, mi dà un piccolo colpo sulla gamba. Penso che voglia scherzare e, continuando a parlare, glielo restituisco. Il gioco continua e mi accorgo che i suoi colpi sono sempre più forti. Smetto di parlare con gli amici e lo guardo. In un istante Alberto mi colpisce leggermente al viso. Non lo ha mai fatto. Continuo a guardarlo negli occhi e lo accarezzo: “Alberto, perché mi fai male? Io ti voglio bene. Cosa vuoi dirmi, Alberto?”. E per rassicurarlo gli ripeto ancora tante volte che gli voglio bene. Subito dopo, a bassa voce mi dice sorridendo: “scusa… scherzavo… faccio più….”. E ricomincia a parlare come se non fosse successo niente. Ma so che dentro è turbato.
L’altro giorno in parrocchia, abbiamo celebrato una festa per ricordare quattro bambini di Fede e Luce che sono tornati da Gesù, dopo averci mostrato, silenziosamente, il mistero delle Beatitudini. Vengono tante persone, più del previsto. Ci sono anche amici che hanno conosciuto i quattro bambini solo dai nostri racconti. Fra tutte quelle persone cerco il papà di Alberto. Sua moglie non gli aveva detto di quell’appuntamento, ma noi l’avevamo raggiunto ugualmente. Saputo il motivo di quell’incontro egli aveva voluto sapere con precisione l’ora ed il luogo. “Ci sarò”, aveva promesso.
E infatti lo vedo, fuori della chiesa, con la sua sigaretta in bocca. Se ne sta da solo, non vuole incontrare il resto del gruppo. Non vuole domande e so già che non parlerà molto. Egli è qui, però, e la sua presenza dice più di tutte le cose stupide che si ripetono in queste occasioni. Lo abbraccio forte e scambiamo solo qualche parola, non un discorso. Non ne ha bisogno. Dopo la messa, con un amico, andiamo a prendere la pizza calda per tutti e ritornando vediamo il papà di Alberto: da solo, all’aperto. Gli chiedo se si vuole fermare con noi per mangiare e far festa. Lui scuote la testa. Ci dice che non sa, che lui queste cose non le capisce più. Poi con la scusa di mangiare un po’ di pizza si lascia convincere e accende un’altra sigaretta mentre scendiamo nel salone.
Lo perdo di vista e mi siedo a mangiare accanto ad Alberto. Alberto è raggiante e, affondando le mani nel piatto di patatine, comincia a parlare e a scherzare. Andiamo anche a rubare un altro pezzo di torta che ci avevano portata via perché ne avevamo mangiato già tre fette.
Guardo dall’altra parte della sala. Pietro e Annamaria sono seduti uno accanto all’altra in silenzio.
Mi rivolto verso Alberto: “Sei contento che oggi sia venuto anche il papà?”.
La risposta è il suo viso sorridente che annuisce, mentre con la mano si pulisce la bocca.
Lo prende per un braccio: “andiamo a festeggiarlo!”. E corriamo da suo papà, ballando perché siamo contenti.
– G., 2003
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.81
Sommario
Editoriale
Che cosa è Fede e Luce di M. Bertolini
Genitori di ragazzi con disabilità
Festeggiamo la nascita di un bambino - Genitori di ragazzi con disabilità di Tommaso
Fede e Luce apre le nostre braccia di genitori di T. M
Non siamo stati soli - di B. Sturiese
Una triste esperienza. Quando tutti si allontanano di C. Brundisinì
Il suo valore - di R. Staforte
Come un tesoro, preghiera di una mamma - di Eufemia
Fratelli e sorelle di ragazzi con disabilità
I fratelli e le sorelle di ragazzi con disabilità - Che pensano? Che provano? di Maria Teresa Rendina
"Ragazzi" e "Amici"
Un autobus chiamato Santa Silvia di Filippo Ascenzi
Cercare di starci su questa barca - di Giulia Galeotti
Come risponderti, Alberto? - di G.
Alla fine medaglie per tutti - di V. C.
Mi trovo bene con tutti - di Giovanni Grossi
Abbiamo raccolto le olive - di Cristina Ventura
Vengo dopo la Messa - di Valentina
Fino all'ultimo respiro - di Vanna
Fede e Luce: un cammino verso la persona - di Antonella B.
I Bambini a Fede e Luce
I bambini a Fede e Luce - Un'esperienza che fa crescere - di Francesca R. Poleggi
Porto i miei figli a Fede e Luce perché... - di Alessandra Zezza
Dario, sei anni, ci parla di Fede e Luce - di V. e M. Giannulo
Rimango incantata - di Cristina Tersigni
Una scuola di vita, non sempre facile - di Huberta
I sacerdoti
La mia esperienza di prete a Fede e Luce - di P. E. Cattaneo
La strada che ci sta davanti - di don M. Bove
La missione del sacerdtote nella comunità Fede e Luce di fra C. Vecchiato
Come si fa Fede e Luce
Come si fa Fede e Luce - Il lavoro in équipe - da J. Vanier
Come far nascere una nuova comunità - di P. Klaus Sarbach
Nuove famiglie: istruzioni - di T. R.
“Responsabilità: Sì o No?
L'ecumenismo a fede e Luce
L'ecumenismo in Fede e Luce - Un dono - di Tony Hulten
Insieme verso una terra di unità - di J. Vanier
Segni di Fede e Luce nel Mondo
Segni di fede e Luce nel mondo - 1454 comunità di 77 paesi - di Lucia Casella
Le comunità Fede e Luce nell’Est Europeo - di Olga Gurevitch
Esperienze di Fede e Luce in Africa - di Maria J. Souto Neves
I deboli e la pace di J. Vanier
Incontri