Ecco il pullman, mi batte un po’ il cuore. Si apre la porta e saliamo. C’è l’autista, sorridente, che ci saluta; anche lui passa la giornata insieme ai bambini con molta disponibilità. Ai primi posti si vedono faccette vispe, con occhi attenti e spalancati, pieni di curiosità: sono quelle dei bambini con più esperienza, perciò più sicuri.
Raggiungo un sedile più arretrato. Un po’ casualmente e un po’ attratta mi siedo vicino ad una bambinetta di circa due anni con un caschetto giallo, sembra un pulcino; è un po’ spaurita, piagnucola, però piano piano la distraggo con le «bocche» dell’aria condizionata. In piedi sul sedile comincia a chiuderle e ad aprirle. Si sta divertendo. Le chiedo, anche se penso non mi risponda, dove andiamo e con mia grande sorpresa mi dice battendo le manine «andamo a giocae». Ad un certo momento inizia ad indicare ripetutamente un bel bambino più piccolo chiamandolo per nome; poco dopo capisco che indica il fratellino. Scopro così che parla molto; anzi, rispetto agli altri bambini tutti molto silenziosi, moltissimo.
Arrivati in un bellissimo parco comincia ad andare sullo scivolo, a giocare a vola-vola, a «corri che t’acchiappo», a correre insieme a me, e tutta soddisfatta ogni volta mi dice «ancoa, ancoa».
Poi per mano passeggiamo, le faccio vedere la rughetta dicendole «senti che bel profumo, si chiama rughetta» e lei subito ripete «ruetta»; allora corìtinuo con le parole nuove vedi la mar-ghe-ri-ta e lei «maggheita», poi scopriamo due bellissime tartarughe e lei «tattauga». E l’ora del pranzo, cerca il fratellino e si siede vicino; quando mangia la banana divide i vari pezzi in due e ogni volta ne dà uno al fratellino.
Tutta la giornata è sempre in movimento; ad un certo punto da sola si avventura lontano, io la guardo e la seguo a distanza; ogni tanto si gira per vedere se ci sono e rassicurata continua tranquilla le sue solitarie esplorazioni.
La giornata è finita, si risale sul pullman per tornare indietro; quasi subito si appoggia su di me e si addormenta: è veramente stanca. Ciao piccola, grazie di questa bellissima giornata.
Quando il pomeriggio si riparte, mi si stringe un po’ il cuore. Dopo tanto sole, aria, spazi aperti, i bambini tornano dalle loro mamme; questo li fa sicuramente contenti, ma non posso evitare di pensare agli spazi angusti in cui passeranno tutta la settimana, che immagino siano anche poco luminosi, con pochi contatti, pochi stimoli. Tutto questo mi sembra veramente ingiusto.
C’è, si’, l’affetto delle mamme e questo è sicuramente importante, ma non basta. Per crescere bene c’è bisogno anche di un ambiente confortevole, stimolante, colorato dove non ci siano solo muri e sbarre ma cieli azzurri e fiori profumati, animali simpatici, persone sorridenti. Qualcosa per loro deve cambiare. Questi sabati all’aperto mi sembrano gocce d’acqua in un deserto.
Brunella, 2002
Associazione “A Roma insieme”
L’Associazione “A Roma insieme” si occupa di bambini, costretti a vivere nel carcere fino a tre anni, affinché le mamme detenute possano prendersi cura di loro in un periodo così importante per la formazione e lo sviluppo della loro personalità.
L’Associazione, presidente Leda Colombini (nel 2002, N.d.R), vuole anche intervenire sulla legge relativa alla tutela dei minori per raggiungere soluzioni di vita più rispettose dei bisogni dei più piccoli, quali ad esempio gli arresti domiciliari per le madri come alternativa al carcere. Intanto, da otto anni opera con un significativo intervento nel carcere di Rebibbia a Roma. Ogni sabato i bambini, assistiti da volontari dell’Associazione, (in generale uno per bambino e i bambini sono da sei a dieci) escono per vivere una giornata all’aria aperta nei parchi o al mare, oppure accolti in centri sociali o in case di famiglie sensibili al problema, raggiungendo la destinazione con un pullman messo a disposizione dall’Acotral.
Possono così giocare liberamente, prendere contatto con una realtà per loro ricca di nuovi stimoli e avere l’opportunità di interagire con le persone che in quella giornata si prendono cura di loro con affetto, sensibilità e attenzione ai loro bisogni.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.79 - Il passo sicuro della speranza
Sommario
Editoriale
Abitare la speranza di M. Bertolini
Articoli
Ora la mia vita sta riprendendo forma e colore di Monica
Piccoli in carcere di Brunella
La mia vita come una gioiosa battaglia di A. Jollien
E poi? Cosa sarà di loro? Un amico di F.L.
La casa di Dario di C. Fornari
Il parco dei frutti dimenticati di E. De Rino
Semaforo rosso di P. André Roberti
Per portare frutto
Nuove tecnologie e disabilità
Rubriche
Libri
Onora il padre e la madre, M. Quilici
Cogliere u fiore e consegnarlo alla luce, M.T. Mosconi e E. C. Straluino
Dio mi ama così come sono, M.H. Mathieu